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Castiadas, a Mereu brucia la retrocessione: «Non cerco colpevoli ma provo a capire cosa avrei potuto fare di più, si è data troppa rilevanza alla rimonta e non all'effettivo valore dell'organico»
«L'obiettivo svanito d'un soffio mi ferisce tanto»

Castiadas, a Mereu brucia la retrocessione: «Non cerco colpevoli ma provo a capire cosa avrei potuto fare di più, si è data troppa rilevanza alla rimonta e non all'effettivo valore dell'organico»

Più passano i giorni e più cresce il dispiacere e l'amarezza per una retrocessione, evitabile ma preventivabile, che nulla toglie al valore del tecnico e non cancella i tanti successi ottenuti in trent'anni di carriera. Bernardo Mereu è un allenatore sconfitto sul campo ma non come uomo e professionista, anche nell'avventura al Castiadas ha dato tutto se stesso, senza mai risparmiarsi ma non riuscendo a portare a termine la missione come in tante altre circostanze gli è capitato. «Vittorie e sconfitte sono due facce della stessa medaglia - dice con trasporto il tecnico di origine ogliastrine - si può essere vincenti anche nelle sconfitte ma solo se si cerca di analizzare la situazione capendo cosa si sarebbe potuto fare di più in condizioni analoghe». Possono essere tanti i motivi che hanno riportato in Eccellenza i sarrabesi, capaci con un grande strappo nei primi due mesi del 2016 di arrivare fino ad un punto dalla salvezza diretta per poi non trovare più la vittoria fino al playout giocato e perso in casa del Lanusei.

Bernardo Mereu ha guidato il Castiadas dalla nona giornataA caldo mister Mereu, chiamato dal presidente Pierpaolo Piu dopo 8 giornate con la squadra all'ultimo posto con 1 punto, ha dato una sua spiegazione del ko nello spareggio (leggi l'intervista) e del perché la squadra non abbia saputo completare un'opera che stava venendo su molto bene. E ha provato a darla anche il presidente Piu (leggi l'intervista) che ha visto una squadra fermarsi negli ultimi tre mesi, cioè dopo la vittoria con l'Astrea, e senza quel coraggio e quella voglia di vincere che si deve avere in uno spareggio quando si ha a disposizione un solo risultato. Bernardo Mereu ripercorre il film della stagione, andando nel profondo della conduzione del Castiadas e rispondendo anche alle accuse mosse dal presidente sulla gestione della rosa e delle partite da fine febbraio in poi: «Non sono depositario della verità ma da persona leale ho sempre cercato di lavorare con grande impegno e faccio delle riflessioni per dare una risposta ad eventuali mancanze. Passo ogni minuto della giornata per capire cosa potevo fare di più ma non cerco colpevoli, ognuno sa nella propria coscienza cosa ha dato e io guardo nella mia. È facile parlare dalla tribuna e sul sentito dire, ed è facile parlare col fegato anziché col cervello, bisogna invece assemblare tutte le cose, eliminare la rabbia ed essere più riflessivi nel dare una spiegazione logica del tutto. L'allenatore è sempre un uomo solo, che fa le scelte da solo, capisco che l'amarezza di tutti è tanta ma non si deve buttare anche il bambino con l'acqua sporca».

 

Cosa rimproverarsi o chi rimproverare per un obiettivo non raggiunto?

«Io non sono stato mai abituato a rimproverare nessuno, leggo sempre dentro me stesso e sempre ho avuto grande spirito autocritico per cercare di trovare una risposta ai motivi che portano a non ottenere un obiettivo. Di motivi ce ne possono essere tanti, a partire dal fatto di aver iniziato con una squadra che aveva 1 punto in 8 partite, ma dico che è stata fatta una scelta non facile ma consapevole e portando avanti un dialogo franco coi vertici societari nel tentativo di trovare le soluzioni per risanare una classifica fortemente deficitaria. Ho indirizzato il mio lavoro in quel senso, nonostante il corso a Coverciano in qualche modo disturbava la continuità della mia attività di allenatore al Castiadas, ma è stata un scelta condivisa visto che la società aveva il piacere della mia collaborazione e ho accettato anche per la mia conoscenza verso Cenzo Zaccheddu, la simpatia verso il presidente Piu e la conoscenza diretta di qualche giocatore come Porcu, Usai e poi anche Rais e Melis. Mi sono immolato per la causa, con tanto impegno fisico e tanta concentrazione nel dare tutto me stesso, se poi questo sia equivalente a indovinare tutto non credo e si può sbagliare anche in buona fede ma rimane il forte attaccamento e l'impegno in quello che si fa»

Nel giudicare la stagione del Castiadas quale errore si è commesso o si sta commettendo?

«L'errore è quello di aver dato una rilevanza enorme all'inizio della rimonta e si è ecceduto nel giudizio, quando una valutazione attenta sull'effettivo e reale valore dell'organico avrebbe dovuto portare a dire che nel girone di ritorno la squadra poteva fare nel complesso 22-23 punti, come poi ha fatto, e che nella proiezione di un campionato intero avrebbe portato ad avere i punti di Ostia o Flaminia. Per salvarci direttamente dovevamo avere il passo del Grosseto, che ha fatto 34 punti nel 2016, ma noi non avevamo quell'organico. Certo, fa rabbia perché 17 dei 22 punti sono arrivati nelle prime 9 giornate del ritorno e solo 5 nelle ultime 7 ma se i punti fossero stati diluiti nell'arco delle 17-18 gare sarebbe stato chiaro a tutti il valore complessivo della rosa. Perciò non credo che la squadra abbia fatto meno punti delle sue potenzialità, magari con un po' più di determinazione e cattiveria qualcos'altro poteva conquistare ma nella prima parte, quella delle vittorie, non ha mai battuto gli avversari determinando una superiorità, segnava in maniera pregevole su palla inattiva, soffriva e mostrava un grande spirito di gruppo che ha mascherato delle carenze congenite emerse poi in modo evidente nella seconda parte del girone di ritorno quando abbiamo avuto un calo fisico e mentale ma anche sfortuna e in certe circostanze pure piccoli torti. Nella gara persa 1-0 col Flaminia c'erano due rigori grandi come una casa, col Trastevere eravamo avanti poi abbiamo subito un rigore e subito dopo l'espulsione di Oliveira; il rammarico è nella gara col San Cesareo, ci voleva maggiore determinazione visto che eravamo passati pure in vantaggio. Per noi mai una gara facile e mai trovato una squadra tranquilla, ogni volta era uno spareggio, queste non sono giustificazioni ma dati di fatto»

Come spiegare il fatto che la squadra, da marzo in poi, non abbia più vinto proprio nel momento in cui era arrivata ad un punto dalla salvezza diretta?

«C'è grande amarezza per una retrocessione che si poteva evitare soprattutto dopo esser riusciti in modo forte, nei mesi di dicembre, gennaio e febbario, a fare tanti punti che facevano pensare di poter raggiugere l'obiettivo senza dover disputare i playout. Poi c'e stato un calo di concentrazione in alcuni elementi che probabilmente avevano una forte convinzione di aver già fatto il massimo, una calo mentale e di attenzione importante e, quando succedono queste cose, è poi difficile rientrare in corsa con la giusta cattiveria. Se la rimonta da un lato ha dato tanto, dall'altro ha tolto qualcosa in alcuni giocatori che pensavano di aver raggiunto l'obiettivo, il fatto di pensare di avercela fatta ha portato a perdere quella forte carica che aveva caratterizzato la prima parte, a quel punto sono emerse le difficoltà tattiche e si sono evidenziate maggiormente le nostre difficoltà realizzative per modificare questo trend»

È mancato il tanto agognato bomber da doppia cifra

«Ma io mai avrei voluto un centravanti da 40mila euro però, di fatto, avevamo in attacco dei giovani che hanno dato quello che potevano dare, nel momento di un loro appannamento un attaccante di esperienza poteva coprire questa mancanza che nella prima parte del girone di ritorno era stata compensata con un grande spirito agonistico; ma calando la condizione generale e la non completezza dell'organico in determinati ruoli ci ha frenato. Come attaccante di ruolo avevo Porru, che arrivava dalla Sigma e probabilmente avrà un grande futuro ma è un ragazzo del '98 che fa fatica in serie D, fino a quando a marzo non ha avuto un infortunio alla spalla la punta centrale la faceva Anedda, un '96 che non poteva reggere il reparto da solo, Rossetti ha fatto il suo con l'esperienza di un ragazzo del '97, quando è venuta meno l'entusiasmo ha sentito il carico psicologico»

Si è anche pensato: "Ora c'è Mereu e porterà giocatori importanti"

«Io in quella fase non ero in grado reperire giocatori utili alla causa, avevo chiesto a Caboni di venire a darci una mano, ero riuscito quasi ad avere una risposta positiva ma poi ha optato per l'Olbia e lo capisco. Non sono mai entrato nel merito del mercato, nessun giocatore è stato acquistato da me ma dalla società prima e, dopo, completato dal direttore Multineddu però questo non perché non volessi farlo io ma in quel momento non ero in grado di costruire la squadra. C'era una difficoltà obiettiva e capisco le scelte fatte ma gli attaccanti erano quei tre, arrivavano da un'attività giovanile ed erano alla prima esperienza assoluta in serie D, in termini di esperienza siamo mancati ed è fuor di dubbio, per fare quest'analisi non bisogna essere laureati ad Oxford. Come sono mancati gli interni di corsa che sapessero interpretare con la competenza dovuta il 4-3-3 ed è difficile l'assemblaggio di giocatori con le stesse caratteristiche»

Ma la rosa è stata utilizzata in tutto il suo potenziale?

«Io ho utilizzato tutti nei limiti del dovuto e a seconda della partita che andavamo a giocare. Se parliamo di Migoni dico che è stato molto tempo infortunato, quando ha ripreso l'ho inserito in qualche spezzone di gara ma era comunque un'alternativa a Oliveira e Caraccio sui quali si riponevano le nostre speranze per poter realizzare. Finizio è un '97 che era anche lui un'alternativa agli esterni. Usare Frau significava giocare con un atteggiamento più difensivo se messo come esterno alto, sennò poteva giocare basso al posto di Tuniz, anche lui '95, ma che ha avuto un rendimento costante. Il nostro centrocampo aveva tanti giocatori ma alcuni erano doppioni, ne mancavano altri con diverse caratteristiche per completare il reparto e renderlo più omogeneo. Giulio Pinna, Rais e D'Adamo sono tre mediani e non degli interni di centrocampo per poter sviluppare in modo efficace il 4-3-3 che utilizzavamo visto che i migliori giocatori, Oliveira e Caraccio, li avevamo sugli esterni e con una propensione offensiva. A quel punto giocare col 4-4-2 voleva dire snaturare le caratteristiche del brasiliano e del gaucho che non avevano corsa e capacità per fare la fascia e mantenere poi lucidità offensiva. Come interno ha fatto bene e ci ha messo grande passione Emmanuele Piras, sennò si cercava di abbinare due centrocampisti centrali con un limite tattico enorme quando per una parte ho potuto utilizzare Melis per fare il 4-2-3-1, poi Emiliano è andato incontro a degli infortuni e non è stato più possibile esercitare questa soluzione tattica»

Per la gara di Lanusei il presidente ha parlato di un atteggiamento sbagliato della squadra che invece avrebbe dovuto giocare con coraggio e maggior pressing

«Sull'atteggiamento da tenere ci abbiamo lavorato tutta la settimana. La cosa importante era quella di non subire gol per tenere viva la gara e trovare una chiara soluzione per realizzare una rete, la carenza realizzativa su palla in movimento l'abbiamo mostrata anche quando avevamo fatto bene da dicembre a febbraio, l'80% dei gol era arrivato infatti su palla inattiva, frutto di schemi o punizioni dirette preparate in allenamento dall'allenatore. In movimento abbiamo avuto tante palle-gol ma per la mancanza di opportunismo non siamo mai stati bravi a concludere a rete. A Lanusei il concetto si è ripetuto, per fare la partita non avevano gli uomini, se ci fossimo buttati scriteriatamente in avanti sarebbe finita al primo tempo, la scelta di giocare una gara molto attenta e accorta era quella di poter comunque avere delle opportunità nel corso di tutti i 90' minuti. All'inizio abbiamo avuto delle occasioni importanti con Caraccio che ha dato una bella palla dietro la linea di difesa avversaria, in un'altra ha crossato troppo lungo per Porru e in un'altra ancora è scivolato dentro l'area. Pure su un angolo battuto bene c'è stata la deviazione aerea di Oliveira con palla uscita fuori di pochissimo quando in altre occasioni è stato più preciso, vedi Arzachena. E poi è chiaro che ha giocato in molti di loro la grande emozione e non sono riusciti ad esprimersi al massimo, se avessimo avuto il conforto di quei 100-200 tifosi che non sono potuti arrivare a Lanusei per il divieto del Prefetto di Nuoro questo avrebbe aiutato a vincere queste emozioni. Sul piano della volontà, però, hanno dato quello che avevano, il rendimento di alcuni invece è stato più limitato per quella emozione o mancanza di esperienza»

Quell'esperienza che aveva Rais che però è rimasto in panchina, perché questa decisione?

«Avevamo due giocatori sul vertice basso, con D'Adamo che poteva giocare 60'-65' e Rais che era l'alternativa fresca da utilizzare dopo il 70' e anche dopo visto che la gara poteva andare nei supplementari. Come interno Giulio Pinna poteva dare un piccola spinta in più e accompagnare l'azione insieme con Emmanuele Piras, che doveva giocare come fuoriquota. Abbiamo subito il gol su calcio d'angolo, stavo per far entrare Emiliano Melis che arrivava da dieci giorni di terapie di recupero più che di allenamenti e c'e stata l'espulsione di Porcu, tutto quello che era stato pensato non si è avverato. C'è stata però una reazione, ci siamo sbilanciati e rischiato di subire il 2-0 ma nei minuti finali abbiamo avuto tre chiare occasioni per il pareggio con Rossetti, tra colpi di testa fuori misura, scivolate e ciccate»

Che responsabilità ha il tecnico sull'obiettivo mancato

«Nel momento in cui ho accettato di allenare il Castiadas, pur capendone le difficolta, mi sono assunto in prima persona le responsabilità delle cose positive e negative fatte, continuo ad avere rispetto assoluto per tutti coloro che hanno lavorato nel Castiadas, dalla dirigenza ai tifosi. Assumere la conduzione tecnica non significa non avere il dovere di fare delle riflessioni, in modo leale e sincero ho fatto dei discorsi con la proprietà e a dicembre ho accettato di continuare perché ritenevo che col sacrificio, con la grinta e con la determinazione di tutti si potesse fare il miracolo a prescindere da cosa mancasse. Ogni allenamento, ogni minuto della giornata e ogni dialogo è stato fatto per arrivare all'obiettivo prefissato, non ricerco colpe in altri e invece cerco di capire e riflettere su cosa avrei potuto fare di più rispetto a quello fatto. Da quando l'arbitro ha fischiato la fine della gara a Lanusei mi domando quotidianamente cos'altro si poteva fare per evitare la retrocessione, che fa male perché avvenuta con uno spareggio ma è stato fatto tanto per arrivare là, veder sfumare l'obiettivo fa tanta rabbia. Muravera, Lanusei e Cynthia, che si sono salvate, se avessero avuto 1 punto dopo 8 partite sarebbero retrocesse loro, Astrea e San Cesareo erano davanti a noi e poi sono retrocesse mentre il Castiadas ha continuato a giocare e lottare fino alla fine»

Dopo tanti successi in carriera arriva anche il sapore amaro di una retrocessione

«Una cosa che mi ferisce tantissimo e mi ferisce oltremodo. Per carattere mi affeziono ai giocatori, alla proprietà e ai dirigenti, in questo caso un sentimento ancor più elevato perché con tutto il cuore avrei voluto regalare a delle persone eccezionali la felicità di una salvezza. E l'avrei voluto per i miei collaboratori, da Pierpaolo Mura ad Alberto Maccioni passando per il preparatore atletico Emanuel Taberlet, quello dei portieri Mauro Toffolon, il massaggiatore Mario Masci e il medico sociale, tutti si sono adoperati raddoppiando lo sforzo, in termine di tempo e impegno. Io stesso ho vissuto in questa stagione più fuori che a casa mia, dal lunedi al sabato ero al campo, con allenamenti doppi al mercoledì, ho dato tutto me stesso per la causa e mai ho illuso nessuno, alla proprietà ho sempre detto il reale pensiero ma se c'erano degli errori perché non parlarne prima? Speravo che la stagione si completasse con una gioia da dedicare a tutti invece l'obiettivo è sfuggito per un soffio»

Questa avventura andava fatta comunque?

«Io resto contento di tutti i giocatori e della società del Castiadas nonostante il risultato finale non sia quello che desideravo. Ho conosciuto ottime persone nella dirigenza e tra i tifosi, con loro ho collaborato e sono soddisfatto di tutti, sotto l'aspetto dei valori umani che sono alla base di ogni rapporto non sono mai venuto meno. Conservo gelosamente questa esperienza nel cuore, se dovessi cancellare una persona dalla mente faccio fatica a trovarla. Abbiamo vissuto emozioni importanti sino alla fine, nella prima parte fino a dicembre magari no, nella seconda parte siamo stati capaci di creare emozioni giocando gare molto bene come contro la Viterbese, dove abbiamo colto la traversa del 3-2 e sarebbe stato un successo clamoroso contro un organico stratosferico, qualcosa di positivo è stato costruito ma purtroppo senza completare l'opera. Se mi dovesse ricapitare, anche con una situazione più difficile, non mi tirerei indietro e l'affronterei ugualmente, quando ami questo sport e questo mestiere lo fai e non ti penti mai»

In questo articolo
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2015/2016
Tags:
Sardegna
Girone G