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Tino Carta: "La Sardità, che mi pervade è la mia dignità: resto bronzetto nuragico non sono un omuncolo"
il vpv lnd: "Il calcio sardo preso a schiaffi"

Tino Carta: "La Sardità, che mi pervade è la mia dignità: resto bronzetto nuragico non sono un omuncolo"

La mancata elezione di Andrea Delpin alla carica nazionale di Presidente della LND, lo sfumato incarico come massimo esponente del Settore Giovanile Scolastico Italiano. 

Riceviamo e pubblichiamo la lettera di Tino Carta vice Presidente vicario del Comitato Regionale Sardo

IL BANANO, I DUE SOMARI E I QUAQUARAQUÀ!

Certo che con un titolo del genere, chi legge forse si aspetta chissà che cosa, ma giuro: quello che sto per scrivere è tutto vero. Che Dio fulmini la regina se non dico la verità. Qualche giorno fa, nel giardino di casa all’ombra del mio banano nano, ero intento a leggere il verbale della precedente riunione che avrei dovuto approvare con i miei colleghi nel successivo Consiglio Direttivo.

Avete capito bene: banano nano, e non come quel nano che cantava il poeta cantautore Dè Andrè, che di certo tutto può essere stato, ma non un morto di sonno, quando bacchettando i nani cantava ” fino a dire che un nano è una carogna di sicuro perché ha il cuore troppo, troppo vicino al buco del culo”. Il mio banano, al contrario, mi offre tutti gli anni frutti squisiti, banane che io mangio come l’altro giorno molto volentieri, sbucciandole naturalmente, e non come fanno taluni che hanno la presunzione di mangiarle con la buccia e poi le odiano tutta la vita. Sarà questione di latitudine ma più si va al nord e meno si capiscano certe cose: è un dato di fatto! Degli amici tedeschi, ad esempio, volevano mangiare i fichi d’india con la buccia pensando fossero come i Wurstel e i crauti, senza spine. Idioti? No assolutamente no! La colpa non è loro ma delle basse temperature che subiscono per molti mesi all’anno: le arterie cerebrali “vaso costrette” rendono i “LOTAR”, i“FOTTEMBERG” e i “CRASFGRANDAR”dei perfetti aneuronici.

Mi chiedo allora se i miei connazionali che vivono da questa parte delle Alpi hanno lo stesso problema…..va beh non riuscirò mai a saperlo dal momento che non ho amici da quelle parti e quindi nessuno di cui ci si possa fidare veramente e che ti dice la verità. Mentre riflettevo su queste cose, complice il sole caldo che da noi si fa sentire anche ad ottobre, alla faccia di chi ci vuole male, mi sono assopito prima e addormentato dopo. Ho fatto un sogno contorto, come d'altronde sono tutti i sogni.

Ho sognato Biancaneve che chiamati a raccolta tutti i nani, perché dovete sapere che nel mio sogno i nani erano più di sette: Dòtto, Bròntolo, Pìsolo, Màmmolo, Gòngolo, Eolo, Cùcciolo, Tìnculo, Tòntolo e Tòzzolo quelli che ricordo (chissà perché risultano essere quasi tutti vocaboli proparossitoni), più un'altra ventina di cui mi sfuggono i nomi. Insomma, Biancaneve alla fine della giostra tenne con se tutti quelli che sappiamo, cacciò via dal suo regno il nano Tìnculo, scaltro ma non intelligente, un ragionierucolo presuntuoso e razzista sempre attorniato da adulatori e leccaculi della peggior feccia sottomessi da sempre al “potere magnum” del loro boss, il suo motto preferito è “con i nemici la legge si applica con gli amici si interpreta”; Tòntolo e Tòzzolo i quali, prima di essere cacciati, vennero trasformati come per incanto in due somari, a Tòntolo lo fece più bello dell’altro ma era solo apparenza: sembrava bello lì nel campo dove pascolava ma somaro era e somaro restava, mentre a Tòzzolo diede il dono della danza, riusciva in tutto: tango e valzer, mazurca e polka e nei latino americani più noti dalla rumba al chà chà chà, dalla salsa al mambo finendo col merengue, insomma un somaro ballerino, tuttavia anch’esso somaro era e tale restava.

Il mio sogno diventava un incubo: Tìnculo, come era solito fare, per assicurarsi pane e companatico organizzò il derby dei somari, e pensò di far gareggiare Tòntolo, che illuso di essere bello continuava a guardarsi allo specchio mentre ripeto ero solo bello lì nel campo dove pascolava (chissà poi perché, ma i sogni sono sogni) e Tòzzolo che credendosi Eddie Torres continuava a ballare non capendo che Tìnculo d’accordo con Tòntolo già truccava il “derby dei somari”, così denominato, come nel film “La stangata” con Paul Newman e Robert Redford.

Il resto dei nani, cacciati da Biancaneve, una ventina circa, sparsi in tutto il regno, avendo appreso che Tìnculo organizzava il “Derby dei Somari” iniziarono a scommettere su i due ciucci in gara.

Come scommettere? Tìnculo iniziò ad intorpidire le menti dando notizie fasulle su i due concorrenti. Uno dei tanti scommise per primo su quello che sembrava il meno somaro cioè Tòzzolo, altri su Tòntolo. Un altro quaquaraquà, Chiàcchero, sempre accompagnato da un vecchio supernano, urlava ai quattro venti il suo disaccordo: sembrava quel personaggio, quel Catozzo “porco il mondo che c’iò sotto i piedi” che interpretava il grande Faletti qualche anno fa in Drive In. Due in particolare, da sempre noti giocatori di cavalli quindi accaniti doppiogiochisti aspettavano sino all’ultimo prima di scommettere.

Il primo seguiva il motto “In Chiesa coi Santi, e in taverna co’ ghiottoni” (Inferno XXII, 14-15, come ammoniva Dante taluni che sapevano stare con uomini diversi a seconda delle situazioni.) Il secondo meno intelligente ma opportunista come una sanguisuga dovette vendersi per un piatto di lenticchie, come illustra un episodio biblico il significato dell’espressione vendere qualcosa o qualcuno (o vendere addirittura se stessi). Nella Genesi (XXV, 29-34), infatti, si racconta che Esaù, il primogenito di Isacco, un giorno tornò dalla caccia così stanco e affamato che non ci pensò due volte a cedere i propri diritti di primogenito quindi il diritto a regnare sul popolo d’Israele al fratello Giacobbe, in cambio di un tozzo di pane e un piatto di lenticchie.

Espressione massima del disprezzo, il gesto di Esaù rappresenta il baratto facile di alti valori morali a cambio di semplici beni materiali. Nella cucina ebrea di Roma,infatti, fin dal medioevo ad oggi si prepara la minestra di lenticchie di Esaù. Queste riflessioni non fanne parte del sogno ma danno l’idea della inaffidabilità dei due comparielli che pur di saltare sul carro del somaro vincente son disposti, come dire a vendersi anche quella parte del corpo dove non batte mai il sole, cioè la chiappa o la chiappetta che dir si voglia per arrivare a dama (dico così per fare apparire il culo più vezzoso, scusate la raffinatezza dell’eufemismo usato, ma culo è Italiano e si può dire). E’ risaputo ormai che se ci fosse come disciplina olimpica il salto sul carro del vincitore la maggior parte di italiani sarebbe sempre medaglia d’oro. E’ stato così nella storia antica ed è così ancora oggi. Certi essere abietti ed infami,spregevoli e ripugnanti, da sempre, hanno la capacità di schierarsi con il cavallo vincente per poi abbandonarlo improvvisamente nel momento della sconfitta, Schettino insegna. Sono incorreggibili sia in politica che nello sport. Tutti ricordiamo i mondiali del 2006 quando anche i secessionisti sia del Nord sia del sud, passarono in men che non si dica dai fischi all’inno nazionale al Poo po po po po poooo poo della vittoria mondiale. Gli italioti sono fatti così: criticano e sputano nel piatto in cui mangiano. Forse è anche per questo che la nostra storia è costellata di vittorie mutilate e mancate rivoluzioni.

Bene! Il sogno, contorto più che mai, continua.

Tìnculo chiama a se il somaro ballerino e gli spiega come funziona il mondo: caro Tòzzolo nella nostra organizzazione, il prossimo futuro, è nelle mie mani e quindi se non vuoi restare al palo, dammi retta, accontentati delle carote che ti offro e perdi la gara da buon somaro che sei. Tòzzolo accetta, ma iniziò a ragliare così forte ma così forte da sembrare ancora più somaro di quello che era stato e di quello che era: si! Era diventato un Somaro-Giuda. Si era venduto al nemico ed aveva venduto chi aveva scommesso su di lui senza darne spiegazione, d'altronde anche quel suo amico, altro essere abominevole, lo rinnegò 5 volte in 5 giorni e proprio 5 furono i calci che gli rifilò, dopo avergli promesso di cavalcarlo nel derby…..che gente: luride deiezioni! Robert De Niro gli avrebbe gridato siete solo chiacchiere e distintivo.

Mi sveglio di soprassalto, sudato e spaventato, ma capisco subito di aver fatto un brutto sogno. Mi rilasso e guardo l’ultima banana della stagione che mi attende nel mio banano nano. Mi alzo, la prendo, la sbuccio e la mangio: io son sardo di nazionalità italiana, quella effettiva, non un quaquaraquà! Dico così per spiegare che per molti l’italiana non è una nazionalità, ma una professione. Ripensando al sogno realizzo che Tòntolo è destinato a vincere il derby: si conferma così, anche nei sogni come nella realtà, il “Principio di Peter” e conseguentemente, senza ombra di dubbio si passerà a “l'effetto Dunning–Kruger”. Che schifo!

Sono contento di vivere in una terra dove, grazie al maestrale che soffia tutto l’anno, aria salubre e acqua di mare limpida ti permettono di tenere comportamenti consoni alle parole date e poi ho un’altra spiegazione e concludo: la Sardità, che mi pervade sino all’ultimo capello che ho in testa, tiene viva la mia dignità: è meglio restare bronzetti nuragici a vita che ominidi evoluti in omuncoli.

Diceva Winston Churchill : “Bizzarro popolo gli Italiani. Un giorno 45 milioni di fascisti. Il giorno successivo 45 milioni tra antifascisti e partigiani. Eppure 90 milioni di italiani non risultano dai censimenti”.  Tino Carta vice Presidente vicario del Comitato Regionale Sardo

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Stagione:
2014/2015