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“Hallo, my good friend in Italy”
la lettera di Alessandro a prince

“Hallo, my good friend in Italy”

Riceviamo e pubblichiamo integralmente la lettera di Alessandro Berlucchi, giocatore del Pula (Eccellenza)

Vorrei raccontarvi la storia di Prince, che più o meno due anni fa è scappato dalla fame di Lagos (Nigeria) e lungo il suo itinerario ha fatto tappa a Pula, dove per qualche tempo si è allenato con noi. Mi piace parlarne soprattutto per chi è estraneo al calcio, un mondo che sotto una corteccia banalmente ma forse giustamente ricondotta esclusivamente a denaro e interessi nasconde storie, incontri, situazioni sempre diverse e non banali. Questa e' la storia di un ragazzo nostro coetaneo, tra i venticinque e i trent'anni di età, che dalla Nigeria ha iniziato un percorso in cerca di fortuna che l'ha portato inizialmente in Libia. Un posto di lavoro da saldatore, per pochi soldi, dal quale è stato costretto a licenziarsi dopo nemmeno un anno perchè rischiava la cecità. Quindi, quasi per caso, la possibilità di arrivare in Italia, investendo tutto ciò che possedeva in una traversata clandestina che gli avrebbe aperto le porte del nostro paese con l'illusione di una vita normale.


Mille euro tondi per duecento persone, pronte a mettere a rischio la propria vita su un barcone scassato. Ed è forse sul concetto di vita normale che non siamo attenti, quando nella nostra quotidianità sentiamo annunciare una nuova strage del mare. Uno sguardo disinteressato alla tv, magari una una vaga espressione di rammarico da parte da chi riesce ancora ad effettuare una sottile distinzione fra catastrofe umana e opportunità politica. E via pronti per sentire la prossima notizia e a pensare a cose più “importanti”, più “vicine” ai nostri interessi.

Per Prince le due ore di allenamento a Pula con noi hanno rappresentato una normalità finalmente conquistata. Dimenticarsi improvvisamente chi sei, da dove vieni, il tuo passato, dov'è la tua famiglia, se mangerai, se i tuoi fratelli sopravviveranno a un nuovo giorno, a un bombardamento, a una guerra civile.

In quelle due ore le paure, le speranze, le gioie sono le stesse di chi, come noi, la vita normale l'ha sempre avuta. Sbagliare uno stop, un tiro, piacere al mister, essere titolare, fare gol, salvarne uno,vincere la partitella. Quello che racchiude questa storia è la forza del calcio, ciò che lo rende lo sport più bello del mondo. Saper abbattere le differenze e unire le storie in un'unica prospettiva. Che sia nell' Inter con Eto'o, Obi, Nagatomo, Cambiasso, Muntari o nel Pula con Manrico, Mirko, Oscar, Michele, Prince.

E' la meraviglia di questo sport, il motivo principale per cui la gente dovrebbe ritenerci dei privilegiati. L'umanità che c'è dietro il ritrovarsi al pomeriggio in un prato verde a giocare. A trent'anni come a otto. A prescindere dal numero di zeri sul tuo contratto. Per la cronaca, Prince mi ha raccontato che solo una parte di quel barcone partito dalla Libia pote' constatare che il CPA di Lampedusa non corrispondeva esattamente all'aspettativa di cambiamento con cui erano partiti. Ma era comunque l'Italia. Un posto che sembra andare a rotoli ma dove ci sono ancora persone che fanno in modo che Prince da Lampedusa arrivi a Villa San Pietro.

A darci un messaggio sul quale ogni tanto vale la pena soffermarci. Da qualche giorno non lo vedo più al campo. L'altra sera, mentre ero a cena con amici ho ricevuto una sua telefonata. C'era frastuono ed era un inglese di cui si capiva poco, ma mi è sembrato di intuire che mi ringraziasse e mi salutasse definendomi “my good friend in Italy”. Credo stesse partendo per una nuova tappa del suo percorso.

Non sono riuscito a dirgli nulla di eccezionale se non ringraziarlo, ma in certe situazioni, con certi interlocutori, le parole sono superflue.

Good luck Prince! Grazie di averci fatto compagnia!

Alessandro

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2011/2012