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Serie D
«Rimborsi in ritardo, non volevamo più pazientare»

Lo sfogo di Giunta e Di Prisco: «A Budoni la squadra era unita poi ognuno ha pensato per sé»

L'avventura col Budoni si è chiusa anticipatamente ma Maurizio Giunta e Luca Di Prisco non vogliono passare per dei sobillatori fatti fuori dalla società perché minavano la tranquillità del gruppo. Mercoledì scorso la squadra aveva fatto sciopero, il giovedì si era allenata in tutti i suoi elementi tranne i due centrocampisti ex Porto Corallo che, il giorno dopo, avevano già fatto le valigie lasciando la Sardegna. 

 

La ricostruzione dei fatti dei due giocatori è dettagliata. «Da capitano sono andato parecchie volte dal presidente Fois e non ho mai ricevuto rassicurazioni sui pagamenti - dice Maurizio Giunta - perché dipendeva dai soldi che erogava il Comune. Mercoledì scorso abbiamo parlato col mister Cerbone del ritardo e, tutti insieme, abbiamo deciso di non fare l'allenamento. Giovedì aspettavamo chiarimenti dalla dirigenza che, presentandosi negli spogliatoi, ci ha chiesto che volevamo fare. Io ho risposto che se non c'erano i soldi non mi sarei allenato. Così ha detto Di Prisco e pure Moretto». Il resto della squadra ha invece svolto l'allenamento, Moretto compreso, perché a detta del presidente Filippo Fois non tutti i giocatori erano decisi a fare sciopero (leggi l'intervista). «Ho agito sempre da capitano, perché i miei compagni, fuoriquota compresi, mi dicevano che avevano bisogno dei soldi. D'accordo a non allenarci eravamo tutti, da Villa, Manis per finire a Fontanella. Perché quando si è uniti la protesta è più forte». Ma invece la squadra si è allenata. «È chiaro che i miei compagni si sono tirati indietro. Ci sono rimasto male? Sì, un po' sì, perché la scelta poi è diventata del singolo. E la capisco, spero ora che i miei ex compagni possano prendere i soldi per tutta la stagione però se avessi intuito che ognuno avrebbe ragionato per proprio conto, anche io avrei agito personalmente e non come capitano. In tanti dicevano: "Se va via uno, andiamo via tutti". La realtà è che poi nessuno ha fatto niente per trattanerci». Per il centrocampista di Biella c'è una spiegazione: «Secondo me in società non aspettavano altro che mandarci via ma non saprei proprio cosa avrei sbagliato. Faccio sempre il mio dovere dovunque sono stato. A Sora abbiamo fatto un bel risultato, senza subire gol, la squadra era unita mercoledì sul fare lo sciopero». Poi il giovedì è arrivata la rottura definitiva. «Io sono andato a Budoni - ribadisce Giunta - perché dovevo prendere i soldi mese per mese, per una necessità, viste le ultime traumatiche esperienze coi mancati pagamenti delle scorse stagioni quando ero col Casale e Porto Corallo. Ci hanno detto che dovevamo ancora aspettare, io non volevo più pazientare, ho firmato la rescissione, mi hanno dato tutti i soldi che ho maturato e sono andato via. Il presidente Fois ha sbagliato a dire che io e Di Prisco eravamo gli unici a voler lo sciopero. Ora sono in famiglia, sto bene e sono contento della scelta fatta». Domenica il Budoni ha vinto dopo 8 giornate rifilando un 5-2 al Selargius. «Da alcuni compagni ho ricevuto dei messaggi ma nessuna chiamata, mi dispiace perché qualcuno lo conoscevo già da prima di agosto».

 

Luca Di Prisco è tornato nella sua Venezia. E fa sapere: «Io non giocherò più per una squadra sarda, le mie esperienze sono state tutte negative. Col Selargius sono in causa da tre anni e mezzo per un assegno non pagato. Ad Arzachena ho fatto bene segnando 3-4 gol ma a dicembre sono stato mandato via. Al Porto Corallo sono arrivato a dicembre, ho preso un anticipo e poi più nulla e mi devono 7mila euro. A Budoni avevo chiesto la puntualità nei pagamenti, non altro, e avevo ricevuto le rassicurazioni». Così non è stato: «In tre mesi abbiamo ricevuto una mensilità più l'anticipo che avevo chiesto. Io arrivo da Venezia, sono mille chilometri lontano dagli affetti familiari e ritengo che se faccio il mio dovere devo essere pagato regolarmente. Possono dire tutto quello che vogliono a Budoni, che è stato esagerato scioperare ma non mi interessa perché se già all'inizio della stagione fai ritardi vuol dire che andrà sempre peggio. Poi mi sbaglierò e lo spero per i miei ex compagni, ma dopo tutte le vicissitudini passate, le promesse mai mantenute che ho sentito in questi anni, ho deciso che non era il caso di continuare». Anche per il mancino classe 1985, la società aveva già deciso il taglio. «Non aspettavano altro per mandarci via ma mi fa imbestialire il fatto che abbiano detto che guardavamo solo ai soldi. Io lavoro e tu mi devi pagare, se non puoi farlo allora non devi fare il presidente di calcio». Di Prisco avrebbe voluto si arrivasse all'addio in altro modo: «Mi hanno pagato ciò che ho maturato ma mi dispiace essere andato via così, in anticipo rispetto al mercato di dicembre, credo che ho solo arrestato un'emorragia. Penso di aver dato sempre il massimo anche quando il mister Cerbone mi ha fatto giocare esterno sinistro nelle ultime due gare».

In questo articolo
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2014/2015
Tags:
Sardegna
10 Andata
Girone G