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Lo sviluppo dei settori giovanili: il dibattito è aperto
Giuste le regole sugli under?

Lo sviluppo dei settori giovanili: il dibattito è aperto

Campionato fermo. La Delfino attende di giocarsi la promozione in B, dalla C2, nell'arena dei playoff, si suda per guadagnare un posto nel prossimo campionato (Sestu e Mara ci son già riuscite). E intanto si discute. 

L'argomento più caldo riguarda i giovani e le regole che vogliono favorirne la crescita ed il fiorire nel mondo del calcio a 5. Regole utili ed efficaci o solo severe e penalizzanti?

 

Diario Sportivo ha sentito i protagonisti del massimo campionato regionale, presidenti, dirigenti, allenatori, giocatori per condurre una tavola rotonda sul tema. La discussione - è doveroso premetterlo - è ancora aperta. Ne riportiamo qui un primo riassunto, impegnandoci a tenere i nostri lettori aggiornati sulle evoluzioni. In attesa che sia la Federazione (magari giovandosi anche del nostro reportage) a decidere le regole per la prossima stagione.

 

Partiamo dagli scettici, coloro che in maniera più netta hanno criticato il regolamento attuale che, lo ricordiamo, prevede l'obbligatorietà di iscrivere una squadra in almeno un campionato giovanile (preferibilmente under 18, ma sono ammessi anche under 16, under 14 ed under 21), pena una severa sanzione pecuniaria, nonchè l'obbligo di avere un under 23 sempre in campo e un under 18 in lista-gara.

In prima linea tra i critici allo status quo, senz'altro il player manager del PmLab, Marco Perra. La sua squadra è una delle quattro della C1 che non ha partecipato ad alcun campionato giovanile, e dovrà dunque pagare la sanzione prevista (2500 euro): "Avere obbligatoriamente un giovane in campo non ne agevola la crescita. Anzi, questi giovani si permettono spesso assenze e atteggiamenti supponenti perchè pienamente consapevoli di essere indispensabili alla causa. Una regola che imponga un certo numero di under 23 (ma non under 18) in panchina sarebbe molto piu costruttiva". Perra poi rincara la dose, precisando che non si tratta di un pensiero pro domo sua, ma al contrario di una questione di principio: "Ma la questione deve essere spersonalizzata per essere affrontata correttamente. La fissazione di limiti di età e di obblighi di presenze crea un mondo artificiale del calcio a 5 ed in generale dello sport. Da quando esiste, lo sport seleziona i migliori e non crea categorie protette. Fare il contrario, ovviamente, snatura il senso stesso della competizione, trasformando lo sport in un rifugio di atleti incapaci ma giovani, che vengono invogliati al ricatto e alla menzogna. Dirigenti e allenatori vengono messi sotto scacco da persone senza voglia di allenarsi, che, in virtù del posto fisso hanno pretese e nessuna umiltà. In sostanza l'obbligatorietà degli under in campo ha per eterogenesi dei fini, proprio l'esito inverso di quello previsto: la diseducazione al sacrificio e alla modestia e alla dedizione. Si allevano, come in tutta la società moderna, dei giovani che non lottano per conquistarsi un posto e che, di conseguenza, neppure migliorano".

 

Va a sedersi accanto a Marco Perra Daniele Gamberini, dirigente della Delfino, che mette sotto la lente, la regola che impone di avere un under 18 in lista: "È la regola più ipocrita possibile. Non gioca mai nessuno tranne quei pochi che davvero possono farcela e che giocherebbero a prescindere dalla loro età. È una regola assurda e, ripeto, ipocrita perché con la scusa di favorire l'utilizzo dei giovani si tiene un diciottenne tutto il campionato a scaldare la panchina".

 

Stefano Versace, anche lui schierato tra i critici, pone l'accento sul problema dei costi dell'allestire una squadra giovanile: "Società come la nostra o il PmLab non si possono permettere di fare una squadra under, di aver un settore giovanile e nemmeno di poter dare un rimborso ad un allenatore. Ci auto-quotiamo per far fronte a spese di iscrizione, campo, etc., solo per passione! Detto questo, penso che il posto in squadra o in campo vada conquistato settimanalmente, non regalato a causa dell'età".

 

Non del tutto convinti della regola, anche Mauro Naitza e Riccardo Todde (Bingia Matta) e Luca Catta (Santadi), tutti con considerazioni più o meno critiche soprattutto sull'efficacia dei provvedimenti.

 

Fra coloro invece generalmente concordi con le regole in atto, o comunque con la necessità di stimolare lo sviluppo del movimento giovanile tramite delle regole ad hoc, Claudia De Agostini, presidentessa del Domus Chia: "Personalmente a Domus non ho nessun problema ad accettare eventuali limiti di età. Posso capire le difficoltà di alcune squadre ed anche la necessità di responsabilizzare i nostri giovani. Dovremmo trovare un mix ideale per favorire la crescita dei settori giovanili senza penalizzare troppo le società che a questi livelli devono tenere conto delle tante difficoltà collegate al contesto in cui operiamo. Io avrò sicuramente problemi i prossimi anni a creare un settore giovanile: siamo 1700 persone e ci sono annate con 1 o 2 bambini. Perciò opterei per regole che magari possano essere le più accettabili da tutti. Ci si siede a tavolino e se ne discute".

 

Significativo anche l'intervento di Maurizio Fois, "esterno" al campionato di C1, ma più che coinvolto nella questione, come tecnico della rappresentativa Allievi: "Mi permetto di dire che in alcuni interventi che ho ascoltato ognuno guarda al suo "giardino" ma non all'insieme delle cose. È ora che anche le società di calcio a 5 inizino a strutturasi seriamente. Questo campionato rappresenta l'eccellenza regionale del calcio a 5, e nel calcio a 11 chi fa il campionato di Eccellenza è obbligato ad avere una settore giovanile, altrimenti NON può partecipare al campionato.  È ora di iniziare a crescere come società e strutturarsi di conseguenza, perchè è incredibile che su 14 società di C1 pochissime abbiamo la Juniores e solo 2 i settori piu sotto. Questo, e mi ripeto, è il massimo campionato regionale, e non un banale torneo. Se uno non è in grado di strutturarsi, secondo me è meglio che partecipi ad un altro dei tanti tornei che ci sono in giro.Tante squadre di C1 preferiscono buttare via 2500 euro di multa pur di non fare un settore giovanile. Perdonate, ma questa cosa la trovo assurda.  Quindi fosse per me, toglieri l'obbligo dell'under 23, che è una età nella quale un ragazzo gioca perchè è bravo, ed aumenterei gli under 18 in lista, in modo da far crescere i ragazzi giovani, che da noi sono praticamente assenti".

 

Ancor più netto il parere di Cesara Acca, presidente del Santadi: "La regola dell'under 18 in lista va mantenuta. Anche perchè può esser vista sotto forma di premio per i ragazzi più giovani, che sicuramente non sono pronti alla C1, ma possono assaporare la gara, il pre-partita, le trasferte lunghe: stare a contatto con i compagni più grandi e magari più bravi. Tutto questo può far crescere i ragazzi. Certo poi c'è il rovescio della medaglia, allorquando il ragazzo, ancora non pronto, se non paziente e rispettoso dei suoi compagni e del livello di gioco, scalda costantemente la panchina. Infatti per questo dico che l'under 18 e 21 devono fare il loro campionato, per dimostrare quanto valgono. Ma se non si fanno i passi giusti ed i sacrifici, che sono tanti, e non si crede nei giovani, allora meglio lasciar perdere. Sono d'accordo che il tutto abbia dei costi, sopratutto se investi in tecnici che devono essere anche bravissimi educatori. Eppoi avere dirigenti impegnati, atrezzatura, viaggi, palazzetti, luce, gas e acqua da pagare: è un doppio costo rispetto alla C1. Ma bisogna avere il coraggio di discutere bene le regole e poi rispettarle. Non mi piace il fatto che si possa pagare la multa".

 

Sulla stessa linea Nicola Barbieri della San Paolo, Gianni Scanu dell'Athena, Matteo Depperu dell'Ichnos e Ivan Paderi del Cagliari 2000, tutte società retrocesse ma ben lungi dall'imputare il proprio risultato sportivo all'imposizione sui giovani. Paderi: "Noi da anni andiamo, come tanti altri, a prendere i ragazzi negli oratori, nei campetti e nelle scuole, dando loro un opportunità o meglio un alternativa allo stare buttati in mezzo alla strada. Se vediamo il solo fine di fare giocatori professionisti che ci facciano fare il salto di categoria, abbiamo sbagliato tutto e otteniamo solo dispersione nella pratica. Noi abbiamo l'obbligo di instradare nel sociale e poi eventualmente avere le prestazioni di giocatori che, diventati forti, andranno sicuramente in categorie superiori.    

Personalmente, cosa non condivisibile da tutti, noi i ragazzi che prendiamo, forti o meno, andiamo a cercarli proprio dove magari le opportunità di rivalsa sociale sono minori, garantendo loro il proseguo degli studi o investendo sul loro futuro, comunque non caricandoli di responsabilità esclusivamente sportive. Saremo, ma non credo, una mosca bianca nel panorama regionale, ma comunque possiamo affermare tranquillamente che negli anni siamo riusciti attraverso annate buone o meno buone ad ottenere dei giocatori che ci garantiscono un ricambio generazionale. Concludo dicendo che se ad un ragazzo che sta tutto il giorno in strada a bivaccare o ad aspettare che tutto gli cada in testa, noi come alternativa proponiamo di stare in panchina e girarsi la Sardegna per venti euro e non diamo lui un opportunità di rivalsa, sportiva in questo caso, secondo me, oltre a fallire come sport siamo destinati a fallire come società in genere".

 

Queste alcune voci. Come detto, il dibattito va avanti.....

 

 

In questo articolo
Stagione:
2013/2014
Tags:
Serie C1
Massimo Campionato Regionale
Regole Under 23
Under 18
Under 21