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Giuseppe Silvetti, difensore, Li Punti
«Ora si riprende a vivere e a giocare a calcio»

Giuseppe Silvetti, Covid battuto dopo 38 giorni: «Una brutta avventura, Il virus è un nemico invisibile, bisogna rispettare le regole di prevenzione»

«Una brutta avventura, per l'ennesima volta la vita mi ha messo alla prova. Sono stato comunque fortunato a non aver vissuto il contagio del Covid-19 come altri in modo peggiore, ma anche questa esperienza mi ha insegnato tanto». Parole di Giuseppe Silvetti, difensore del Li Punti, positivo al Coronavirus per 38 giorni e ora guarito completamente e di nuovo a disposizione della squadra sassarese anche in vista della trasferta di domenica a Monastir. Il 35enne originario di Sassari ripercorre le tappe: «Il 23 agosto inizio ad avvertire i primi sintomi riconducibili al Covid relativi a olfatto e gusto. Quella domenica, quando stavo cenando, non sentivo il sapore della pizza e l'odore della birra. Il 24 ho fatto il tampone e il 26 è arrivato l'esito scontato della positività. Sono andato subito in quarantena al termine della quale ho fatto il tampone ed era ancora positivo, è passata un'altra settimana rifaccio il tampone, il primo è stato negativo e il secondo positivo. Altra settimana chiuso in casa fino al doppio tampone negativo e negativo che mi permette di riprendere la mia vita e di notare i tanti errori che facciamo».

 

Quali errori?

«Nei comportamenti delle persone. Dalle precauzioni minime che non si prendono, come l'uso della mascherina o il distanziamento che non osserviamo per non parlare di ciò che si legge quando addirittura il positivo esce di casa per andare al bar»

Cosa ti ha insegnato?

«Che realmente ciò che si sente ripetere in tv dai medici e dal ministro della Salute non sono delle banalità. Bisogna rispettare le regole, usare la mascherina, lavarsi bene le mani ogni volta che si toccano degli oggetti e stare a distanza. Basta un attimo, che sfiori la bocca con le mani o ti sfreghi gli occhi e sei contagiato. Il Covid è un nemico invisibile, io stesso avevo tantissima attenzione ma non ho chiara la situazione in cui l'avrei preso. Sono stato in Costa Smeralda ad agosto, così come in altri locali quando passi una serata con gli amici, ci siamo abbracciati e salutati come si fa quando non ci si vede da tanto tempo. La vita di prima era questa, ora non più fino a quando ci sarà un vaccino»

Come stavi durante le giornate a casa e come trascorrevi le lunghe ore?

«In linea di massima stavo bene. A volte sentivo un po' spossatezza a fine mattinata, quasi come quando hai la febbre che ti porta ad addormentarti. Poi dopo qualche ora mi svegliavo e iniziavo a bere o a mangiare qualche frutto ma ciò che è proprio strano è perdere il gusto e olfatto; ho iniziato a sentire un po' di odori dopo una settimana, il gusto dopo due, prima non senti proprio nulla. Ho letto dei libri, guardato netflix e partecipavo a Warzone, il gioco alla playstation più bello del mondo col quale mi tenevo in contatto con diversi amici. Ma mi sono anche documentato molto sul Covid, ho visto un po' tutte le posizioni, anche quelle di chi nega che esista il virus e avevo molti pensieri perché essendo una nuova pandemia non si conoscono nemmeno gli effetti a lungo termine del SARS-CoV-2 sulle persone che lo hanno contratto»

La carica virale com'era?

«La mi molto alta. E infatti la preoccupazione era per le persone con le quali sono stato a strettissimo contatto. Ho convissuto con mio fratello asmatico e mia madre che, per età, rientra fra i soggetti a rischio. Anche loro sono andati in quarantena al termine della quale sono risultati fortunatamente negativi e sono andati via da casa lasciandomi terminare in sicurezza la mia di quarantena avendo tutti i supporti necessari. Neanche la mia ragazza è risultata positivi e pure i miei compagni, con loro avevo svolto qualche giorno di allenamenti. In quel caso le precauzioni prese dalla società sono state decisive anche se devo dire che il calcio dilettantistico doveva fare un pre-campionato più accurato attraverso un controllo di tutti i tesserati prima di iniziare la preparazione perché poi quando il virus entra in un gruppo di 30 e passa persone diventa complicato gestire il tracciamento dei contatti di ogni singolo giocatore»

Perché la scelta, sin dal primo giorno, di dare notizia della positività? 

«L'ho ritenuto un atto doveroso verso chi mi era stato vicino nei giorni precedenti. Conosco tantissime persone e in diversi settori, dal calcio a quello lavorativo, ho prestato servizio nei locali come addetto alla sicurezza. E devo dire che la maggior parte delle persone ha apprezzato questo gesto, in molti mi hanno chiamato complimentandosi della scelta di divulgare la notizia anche perché era il primo caso tra i calciatori dilettanti. Poi ci sono state anche altre persone che mi hanno trattato da "untore" o da irresponsabile, Ma sul Covid c'è ancora tanta ignoranza»

Ora rincomincia l'avventura al Li Punti, parte due

«Mi hanno accolto a braccia aperte ed è stato bello tornare in squadra. Non nego che in tutto questo tempo mi hanno chiamato diverse squadre come Valledoria, Luogosanto, Bonorva ma resto al Li Punti perché la società mi ha aspettato e io voglio rispettare gli impegni presi in estate; poi ho un rapporto ottimo col presidente Virdis e col mister Salis, oltre che esserci in ballo una promessa lavorativa che, se è vero che non interferisce sulla scelta, ha anche il suo peso. A 35 anni è più importante lavorare che fare il calcio, se però si riesce a fare l'uno e l'altro è meglio»

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2020/2021