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Giuseppe Zizi, 50 anni di passione: "Il calcio è solo questione di Cuore"
il tecnico della rappresentativa compie gli anni

Giuseppe Zizi, 50 anni di passione: "Il calcio è solo questione di Cuore"

Giuseppe Zizi, ex portiere nella Nuorese degli anni ottanta, ora tecnico della rappresentativa, ha compiuto 50 anni il 19 settembre scorso. Mezzo secolo di campo, una laurea in economia e commercio, attualmente lavora come dirigente della C.n.a di Nuoro, è una grande conoscitore del calcio isolano. Passione nata quando coi chiodi in mano, da quattordicenne apprendista falegname, cedeva al fascino delle partite rionali: "Cherjo abba" chiedeva alla madre, la signora Francesca, convinta che Peppe tornasse da lavoro assetato. Quell'acqua serviva invece a lui e ai suoi compagni per riempire la borraccia poggiata sul palo. Compagni cresciuti come lui "masticando" un pallone, con l'entusiasmo che trova ancora nei ragazzini di oggi. Sono stati tantissimi i calciatori cresciuti attraverso i suoi dettami, a volte autorevoli, mai autoritari. Un'autorevolezza riconosciuta, fatta di comportamenti adeguati, competenza e capacità di comunicare efficacemente il suo credo calcistico e comportamentale. Uno stile di vita che i giovani calciatori hanno sempre riconosciuto nell'uomo, magari scontrandosi anche con la sua equità nell'esigere, ma sempre sgombra di aggressività. "Mister buonasera, lo sa che sto giocando a Mantova in Eccellenza. Volevo ringraziarla". Al telefono Andrea Pinna (centrale difensivo del '95, scuola Olbia), suo giocatore della rappresentativa allievi nell'ultimo Trofeo delle regioni giocato dalla Sardegna in Basilicata, a marzo scorso.

Madeddu, Pinna, Bussu, Sanna e Gambella durante il tdr

Un suo alleato nella gestione operativa del gruppo degli allievi. Uno dei tanti che è stato valorizzato dal tecnico che è stato capace di mantenere alta la sua motivazione. Sempre. Come quando partendo dalla panchina dall'Atletico Nuoro, passando per Ovodda, Bolotana, Supramonte, Taloro Gavoi e quella dell'Attilia di Nuoro, nella serie A di calcio femminile, Giuseppe Zizi plasmava, strigliava, amava quei giocatori, anche difficili, infondendo loro la voglia di misurarsi col mondo, giocando a calcio.

E' sempre un'emozione forte, Giuseppe, ricevere attestati di stima da un giocatore?

"Son le cose che mi riempiono il cuore. Vuol dire che ho fatto bene, che ho lavorato nell'anima del giocatore, non solo nella sua testa."

Quest'anno parecchi tuoi giocatori vestono maglie d'Eccellenza. Che effetto fa?

"Leggere del Fertilia, del Latte Dolce, del Porto Corallo, del Pula, dell'Olbia e accorgersi che in campo ci sono Saba, Marras, Gambella, Dore, Demartino, Farris o Capuano mi inorgoglisce, mi sto dimenticando qualcuno ma non me ne vorranno. Ma il merito non è mio. E' solo loro. Hanno preso l'attimo."


Non è da tutti saperlo prendere.

"Ci vuole disciplina e tanta abnegazione. Corrispondere un amore vuol dire sacrificarsi per lui. Il calcio è una passione che va coltivata, rispettata. Allora da i suoi frutti."

Come l'amore verso una donna che va corteggiata, e quando trovi corrispondenza la relazione diventa bilaterale?

"Esatto. Un po' come succede anche tra presidenti e allenatori."

Ma quando il telefono squilla, e sul display compare un numero sconosciuto.

"Quando arriva la chiamata è un emozione unica. In un primo momento non riesci nemmeno a capire, …sono il presidente della… L’unica cosa che ti viene in mente è che finalmente hai di nuovo una squadra da allenare. Fino a quel momento si è anche molto presuntuosi."

In che enso?

"Ci si aspetta una squadra che militi almeno in una certa categoria. A campionati iniziati, ed alcune domeniche trascorse a guardare (molti direbbero gufare) gli altri, ogni telefonata è solo benedetta. Purché si possa disputare un campionato, ogni squadra va benissimo. Il nuovo presidente ti chiede la disponibilità".

Cosa passa per la testa?

"Il nostro pensiero (noi tecnici siamo tutti così) è già rivolto all’emozione che si potrà ritrovare la domenica col rientro in panchina. Passato il primo momento e trovato l’accordo con la società, inizia il lavoro vero. Un grande aiuto lo danno i giornali, si inizia col leggere le formazioni schierate sino a quel momento dal tuo predecessore."

Qual'è il segreto nell'approccio al nuovo ambiente?

"Si cerca di capire con quale modulo giocava la squadra. Entrare in uno spogliatoio e spaccare non è mai produttivo. Tutti gli allenatori hanno una serie di blocchi di appunti che al momento opportuno valgono quanto la cartina stradale in una città che non si conosce. Ripassare le proprie certezze riempie di autostima, porta ad affrontare il nuovo spogliatoio convinti che l’impresa che si ha davanti sia un obbiettivo raggiungibile".

La difficoltà maggiore?

"Il primo impatto con lo spogliatoio e con la squadra sarà determinante, s’incontrano le aspettative dei giocatori, della società e poi la nostra. Dagli sguardi e negli atteggiamenti dei giocatori si cerca di capire chi di questi, farà al caso nostro. Chi pensiamo ci seguirà e sarà propositivo. Chi non toglierà mai la gamba e sarà disposto alla lotta. Portare con convinzione le nostre teorie serve ad infondere coraggio in un gruppo sbandato dall’esonero del precedente condottiero".

Tutti questi sono pensieri, idee, valutazioni del momento, poi sarà il campo da vero gentil uomo a dire sempre la verità.

"Anconetani, storico presidente del Pisa, usava dire: “Se l’allenatore che subentra non vince con almeno tre reti di scarto, non è cambiato nulla”. Il tecnico generalmente si affida ad un altro detto: “allenatore che cambia, squadra non perde”.

Hai mai ereditato una panchina in corso di campionato?

"Nella mia esperienza non conosco il subentro, ma l’ho immaginato in questa maniera, probabilmente in un modo romanzato. Ma in un calcio che non aspetta nessuno, dove i programmi societari si modificano dopo soli 90 minuti, alla fine c’è spazio per tutti".

Sempre che gli spalti non vogliano altro.

"Il pubblico sarà immediatamente il nostro giudice supremo. Un timido applauso, quando, per la prima volta ci dirigiamo verso la nostra nuova panchina. A questo rispondiamo con un gesto della mano, mantenendo la testa china. La tensione della gara che sta per iniziare, speranze miste ad un bisogno di fortuna."

Quanto conta il fattore C...?

"In panchina ogni allenatore che si rispetti ha i suoi gesti scaramantici, e nel momento che ritornano in mente, per un attimo ti abbandoni ai ricordi precedenti. Pensi: "Mamma quanti ne avevo" ma devo concentrarmi sulla gara. Poi alla fine ci deve essere una vittoria. Da morale alla squadra, rasserena l'ambiente, fa esultare il presidente che non si capisce se è più contento per la vittoria, o perchè può vantarsi di aver centrato il cambio di allenatore. Fattore C, ma ci di Cuore"

Auguri mister Zizi, a chent'annos! Antonello Lai

In questo articolo
Stagione:
2012/2013