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Il tecnico cagliaritano: "Accettare la proposta dell'Andorra vorrebbe dire lasciare definitivamente il lavoro. A malincuore ho detto no"
Davide Marfella e quel sogno chiamato Spagna

Il tecnico cagliaritano: "Accettare la proposta dell'Andorra vorrebbe dire lasciare definitivamente il lavoro. A malincuore ho detto no"

È come se Ettore Messina venisse promosso a primo allenatore dei Lakers. O quasi. Perché se è vero che la chiamata ricevuta da Davide Marfella proviene dall'Andorra, e dunque dalla seconda divisione (la nostra A2), lo è anche che la lega spagnola può essere considerata una vera e propria NBA del calcio a 5. Almeno in Europa.

Purtroppo però, va detto, la storia non è a lieto fine. Dopo 12 mesi di aspettativa dal lavoro (Marfella è impiegato alla Saras: analizza statisticamente i numeri della produzione, forse come fossero gli scout di una partita), non c'è modo di prolungare la pausa. "Accettare la proposta dell'Andorra vorrebbe dire lasciare definitivamente il mio posto a tempo indeterminato. L'offerta della società è allettante, ma è solo per un anno. E dopo?".

Rimane però la grande soddisfazione per aver ricevuto la chiamata, per il solo fatto che il presidente dell'Andorra abbia deciso di offrirgli il posto di De la Rosa, l'allenatore di cui Davide era stato il secondo nella stagione scorsa. "Il livello della seconda divisione iberica è molto alto, forse paragonabile alla nostra A1. Ma non credo che gli allenatori sardi - i più preparati, almeno - siano inferiori. Semmai è vero che i tecnici iberici fanno un po' "lobby", che non è facile all'inizio essere accettati dall'ambiente". LEGGI LA STAMPA ANDORRANA SU MARFELLA

Resta invece il fatto, incontrovertibile, che il movimento spagnolo sia decisamente più avanti del nostro. Con una nazionale quasi invincibile, società professionistiche, partite trasmesse in tv e ampio risalto sui giornali. "Pur non essendoci alcuna regola che ne limita il numero, i giocatori stranieri non oscurano i locali nè ne limitano lo sviluppo, come purtroppo avviene in Italia. Questo perché il calcio a 5 si pratica fin da piccoli, a diciotto anni un giocatore sa come muoversi, non è un calciatore mancato che si cimenta in un nuovo sport". Questione di mentalità, forse. Ma c'è un'altra spiegazione, secondo Marfella: "La Lega in Spagna è autonoma. Non è una sezione della federazione calcistica, come in Italia. Ha tutto l'interesse a creare un prodotto spettacolare e promuoverlo con tutte le sue forze. E ci riesce bene: vendendo i diritti alle televisioni e dividendo i proventi tra le società, facendo sì che lo spettacolo riempia i palazzetti e attirando l'interesse dei giornali. E degli sponsor. Certo, il calcio rimane di un altro pianeta. Ma il calcio a 5 in Spagna ha qualcosa che qui non ha. Forse la parola giusta è dignità".

In questo articolo
Stagione:
2012/2013
Tags:
Serie A2