Il dirigente storico che portò Riva a Cagliari
L'addio del presidente Andrea Arrica una vita di sport e lealtà
Busto eretto, passo deciso, occhi vispi, l'uomo tutto d'un pezzo era lui. Nella tasca della giacca l'agenda più fitta del mondo, quella coi numeri importanti, quella che qui non ha nessuno. Se ci passeggiavi ad ogni metro sentivi “buongiorno presidente”, accompagnato da un mezzo inchino. Lui rispondeva con un deciso cenno del capo mentre ti parlava di futuro e progetti. Quelli che Andrea Arrica aveva in mente per il suo Golf club Is Molas di cui era presidente, ora, ad 84 anni, priorità lavorativa della sua vita perché non si fermava mai. In cart, mentre presentava orgoglioso le nuove nove buche, ti rendevi conto che era un romantico nel presente. Romantico come gli eroi, perché la sua stretta di mano valeva davvero e gli occhi cerulei gli brillavano di lealtà. Passionale perché ti parlava di vita ancora con tanta fame. «Sogna e godi delle belle persone che la vita ti regala, viaggia e mangia bene». Lui adorava le polpettine in brodo di tata Mara, tra i ricordi più belli della sua infanzia a Santulussurgiu, paese dove è nato, misteriosa ricetta finita in un notissimo ristorante di New York.
Intuito, già da allora, quando iniziava a scoprire le bellezze della vita. Vedi un certo Gigi Riva. Perché quando aveva davanti una persona non si sbagliava mai. Lui ne ha conosciute tante. Le conquistava con quegli occhioni di cristallo, con l'onestà e la simpatia che facevano da contorno a un'insolita furbizia. Ne sapeva qualcosa Angelo Moratti, suo carissimo amico dei bei tempi del calcio. Sapeva che quell'uomo era in grado di superare chiunque per intuito e intelligenza. E oggi, suo figlio Massimo, onora le doti dell'uomo che suo papà stimava. “Un amico. Senso dell'avventura, intelligenza, istinto e simpatia. Andrea Arrica è stato così”, recita il sito. E oggi, nel calcio stupidamente serioso e noioso, si ricorda lui, tra tutto anche allegro e burlone. «Boniperti, quando faceva il dirigente della Juve mi aveva chiesto una domestica – aveva raccontato un giorno il presidente Arrica - Allora le domestiche sarde andavano quasi di moda. Io gli feci uno scherzetto, gli mandai una ragazza di Maracalagonis esageratamente bella e molto provocante. Quando aprì la porta e se la trovò davanti scoppiò un macello, la moglie era gelosissima, un putiferio».
Andrea Arrica ha reso grande il Cagliari, Cagliari e la Sardegna. E ha reso grande Gigi Riva portandolo via prima di tutti da quel campetto di Leggiuno e dall'officina dove aveva iniziato a lavorare. Vinceva contro i giganti e le sue gesta sportive restano insuperabili. A raccontarle non era uno qualunque, ma Gianni Brera, di cui forse, in quella storica agenda, c'è ancora il recapito telefonico. Costruì la squadra per lo scudetto facendo affari su affari. Dalla C il sogno. Cagliari dilettante con lui è diventata con pochi soldi la squadra dei talenti che hanno fatto la storia. Da Nenè preso per due soldi alla Juventus alla cessione di Rizzo per Albertosi-Brugnera poi Boninsegna all'Inter per Poli, Domenghini e Gori. «Se qualcosa mi manca, ora, sono i viaggi, come quelli che facevo in Sudamerica alla ricerca dei talenti del calcio», aveva detto qualche mese fa. Lui che dopo la sua attività nel campo del petrolio, aveva pure guidato il Coni ed era stato a capo dell'organizzazione di Italia 90 in Sardegna.
Il presidente di sempre. Con la sua Mini volava nell'oasi di Is Molas per immergersi di silenzio in scorci di paesaggi pittoreschi. «Qui mi rilasso, sto bene e si incontra tanta bella gente». Angoli romantici come lui, che amava Mina e canticchiava gli stornelli romani. Poi la domenica allo stadio per vedere il suo Cagliari, passione sfrenata in un calcio che oggi non è bello come quello di allora. Perché i valori dello sport, quelli che nascono dai rapporti umani si sono svuotati. Perché le belle storie come quelle che sapeva raccontarti lui sono sempre meno. E le strette di mano sono ormai pure convenzioni e promesse non mantenute. «Ma Massimo è bravo», diceva Andrea Arrica di Cellino. Non sapendo che, il presidente, in fondo, sarebbe rimasto per sempre lui. Quest'uomo di altri tempi che sognava ancora e che guardava il futuro. Che si è spento in silenzio l'11-1-11, data da numeri uno. Come era e resterà sempre Andrea Arrica.
Virginia Saba