«A dicembre via in 9 e le tante assenze hanno pesato»
Barisardo in paradiso, Ciarolu: «Vittoria strameritata con sacrifici incredibili, non eravamo una corazzata»
Il Barisardo mette le mani sulla vittoria del girone B di Promozione, grazie ai tre punti pesantissimi e fondamentali conquistati negli ultimi 90' di campionato al termine del derby contro il Tortolì che, all'andata, fermarono sul 3-3 i cugini. Per i ragazzi allenati da Celestino Ciarolu è stata una stagione bella ed impegnativa, forse più del previsto, ma per quanto fatto vedere in campo da Muggianu e soci il successo è assolutamente meritato. Se la prima parte della stagione è stata caratterizzata dall'inseguimento delle lepre Arborea, avvicinata nello scontro diretto e poi agguantata a fine girone d'andata, nei ritorno i biancazzurri sono stati bravissimi a costruire un vantaggio importante nei confronti degli stessi gialloblù per poi tenere a bada l'Idolo, con gli arzanesi che sono rinvenuti forte (11 vittorie e 2 pareggi), non hanno mai mollato neppure di un centimetro aggiudicandosi anche lo scontro diretto di metà marzo per riaprire clamorosamente i giochi per il titolo. Ma la compagine del presidente Roberto Ibba, invece, pur abbassando i giri del proprio motore, con un digiuno dalle vittorie durato 4 giornate (3 punti conquistati) per via di tante assenze per infortuni e squalifiche, è riuscita a piazzare, nelle ultime tre giornate, altrettante vittore. In questi 270', da parte dei biancazzurri, sono arrivate le risposte che tutti si aspettavano: 8 gol all'Atletico Bono in pieno lotta salvezza, successo in trasferta sul campo dell'Arborea che inseguiva il secondo posto, sino all'acuto finale col 4-2 al Tortolì, mandato in play proprio domenica scorsa.
«L'ultima partita non è stata diversa, in realtà, dalle altre venticinque: abbiamo dovuto lottare sino all'ultimo, considerando che a noi non ci ha mai regalato niente nessuno, questo lo posso garantire».
Parole e musica di mister Celestino Ciarolu, che poi aggiunge: «Vale per gli ultimi della classe del Tonara, che ci hanno fatto la guerra nonostante fossero già retrocessi, come è giusto che sia nello sport. Discorso identico per la sfida di Paulilatino, e va benissimo così. Anche il Tortolì ha giocato la classica partita della vita: nei primi minuti del match il nostro portiere ha parato un calcio di rigore, ma le cose non si sono messe proprio benissimo per noi. C'è stato bisogno di tutta la nostra determinazione per ribaltare il risultato, e per fortuna è andato tutto nel verso giusto».
Il tecnico degli ogliastrini si toglie subito un sassolino dalla scarpa. «Ho sempre letto sui giornali che il Barisardo era una corazzata, ma sinceramente non riesco a capire il perché. Forse il discorso valeva per l'inizio della stagione, quando avevamo a disposizione 24 giocatori di livello per puntare a vincere il campionato di Promozione, ma a dicembre sono andati via in nove, e non per una scelta del club, ma per questioni personali. La società lavora con tanto entusiasmo, ma come è giusto che succeda tra i dilettanti c'era un tetto per gli stipendi. Il presidente Ibba si sa muovere, ha ottime conoscenze e riesce ad ingaggiare giocatori molto validi, ma dopo due o tre mesi le altre squadre mettono gli occhi sui ragazzi migliori e arrivano ad offrire anche il doppio rispetto a quello che prendono, l'ho visto con i miei occhi. Stiamo parlando di atleti molto giovani, che vivono di calcio, e dunque è normale che siano tentati nel cambiare aria. Dunque, sono andati via in nove e ne sono arrivati solo due, senza dimenticare che il capitano, Matheus, si è fratturato alla sesta giornata, ed è stata una perdita grossissima, considerando che avevamo costruito la squadra attorno a lui essendo una pedina fondamentale per il centrocampo e per gli equilibri tra i reparti».
Spesso bisogna fare buon viso a cattivo gioco, come si dice spesso.
«Da lì in poi è iniziata la nostra lotta, e non ci siamo mai risparmiati. Noi ci allenavamo tutti i giorni, che è una cosa importante, cui tengo rimarcare, dal martedì al sabato, tranne il lunedì. Dunque dal punto di vista atletico e tattico eravamo preparatissimi ed è proprio su questi due aspetti che abbiamo basato la nostra stagione».
Ciarolu offre un altro spunto per le analisi.
«Credo inoltre che la mia squadra fosse una di quelle con l'età media più bassa, che si aggira intorno ai 21 anni: il più grande aveva 26 anni, ma in rosa c'erano ragazzi di 21, 22, 23 anni, ma anche di 18 e addirittura 16. Sono arrivato a giocare con sette ragazzi giovanissimi in campo tutti assieme, di cui un 2007, due del 2006, uno del 2005».
Le difficoltà, insomma, non sono mancate.
«Nel corso della stagione devi sempre mettere in conto che possono arrivare momenti critici a causa delle squalifiche e degli infortuni: per le ultime sei partite, ad esempio, non ho potuto mandare in campo i due centrali difensivi brasiliani che erano un po' i nostri pilastri: se ti vengono a mancare contemporaneamente si fa tosta. Per questo ho dovuto adattare Moussa, in un ruolo non suo, come terzo difensore, per gran parte del campionato e, per le caratteristiche che ha, era sprecato: stiamo parlando di un ragazzo che riesce a farsi su e giù la fascia a 200 all'ora».
Proprio per tutti questi motivi, Ciarolu non può che essere estremamente soddisfatto.
«Parliamo di un vero e proprio miracolo sportivo, anzi di più. E il merito è tutto dei ragazzi. Da fuori, magari, certe cose non si percepiscono: stai in testa per tutto il girone di ritorno, i giornali parlano della squadra come se fosse una corazzata e uno si potrebbe fare un'idea sbagliata su come stanno le cose. La squadra ha fatto dei sacrifici incredibili, è giusto rimarcarlo».
Il tecnico sottolinea uno degli aspetti principali che ha caratterizzato la compagine ogliastrina.
«Quando hai a che fare con i giovani devi puntare forte sull'entusiasmo, ma poi in campo hai anche bisogno di quei due-tre elementi di esperienza che siano in grado di gestire le situazioni più complesse: i ragazzi tendono sempre a dare il massimo, ma ci sono dei momenti in cui devi tirare un attimo il freno a mano e controllare la gara».
Poi precisa: «I giocatori mi hanno sempre fornito le risposte che cercavo; in tutti questi anni che ho passato nel mondo del calcio, e parlo anche di quelli da giocatore ovviamente, non ho mai trovato una squadra che dal primo di settembre sino al 23 aprile riuscisse a lavorare così intensamente. In tutti questi mesi hanno sbagliato solo un allenamento, che ho sospeso perché mi hanno fatto arrabbiare, ma per il resto sono andati sempre a mille. Io faccio un'ora e mezzo di seduta e pretendo la massima concentrazione e la massima serietà: proprio per questo dico che quello che ho ricevuto da questa rosa è impagabile».
Ciarolu ha dovuto gestire una situazione complessa per diversi motivi.
«Il primo compito che mi sono trovato davanti è stato quello di amalgamare il gruppo, considerando che c'erano dei brasiliani, uno spagnolo, un marocchino. Con il tempo ci fai l'abitudine (ride), fai i tuoi discorsi più lentamente, perché devono capirti tutti, anche quando magari ti alteri».
Il Barisardo mancava dall'Eccellenza da circa vent'anni.
«Per questo parlo di impresa. Da fuori può sembrare una cosa normale, ma chi ha vissuto la nostra stagione dal di dentro sa bene di cosa parlo. I complimenti e gli elogi vanno ai ragazzi, che hanno dato l'anima per tutto l'anno. E poi non possiamo dimenticarci del presidente Ibba e del resto dei dirigenti, che ci hanno sempre creduto, ci hanno sostenuto e si sono sempre messi a disposizione, soprattutto nei momenti di difficoltà».
I periodi bui non sono mancati di certo.
«È una cosa che ci sta: durante la crisi di risultati ci siamo compattati e abbiamo capito che alla 23esima giornata finiva un campionato e per noi ne iniziava un altro, di tre partite. Il mio discorso è stato chiaro: cancelliamo il passato e non pensiamo più ai punti persi per strada, perché comunque ne abbiamo anche guadagnato, se consideriamo che nel girone di andata eravamo in ritardo di sette lunghezze e siamo arrivati ad averne nove di vantaggio. Proprio per questo dico che abbiamo fatto qualcosa di incredibile».
Nelle ultime tre gare, il Barisardo ha tolto fuori gli artigli.
«Siamo scesi in campo come se dovessimo affrontare tre finali: non avevamo altra scelta, dovevamo vincerle tutte, senza pensare agli altri e io non mi sono mai preoccupato dei nostri avversari a dire la verità ma solo della mia squadra. E le cose ci sono andate benissimo in questo senso. La testa è stata fondamentale: mi sono occupato più del piano mentale che di allenare le gambe; sono stato un motivatore, più un padre che un tecnico».
Arborea e Idolo non hanno mai mollato e hanno contribuito a rendere la vittoria ancora più gustosa.
«Quando abbiamo incontrato l'Arborea, all'andata, venivano da una striscia di 10 vittorie e 1 pareggio dopo 11 giornate. Parliamo di una squadra molto più esperta di noi e, proprio a questo proposito, ho avuto un leggero battibecco con Falco: lui mi disse che stavamo affrontando la partita con troppo agonismo, ma loro giocavano d'astuzia, considerando che cadevano continuamente in terra dal primo minuto. Il Barisardo è una squadra giovane che ha puntato tutto sulla corsa e la voglia. L'Arborea, comunque, è stato un avversario di primissimo livello, con almeno quattro-cinque giocatori di categoria superiore, tutta gente con le carte in regola per vincere un campionato. E, infatti, mi avevano fatto un'ottima impressione, ma noi sul piano fisico il giorno siamo stati devastanti, riuscendo a vincere per 2 a 0. Credo ancora, comunque, che l'Arborea fosse una delle squadre migliori in assoluto».
Anche l'Idolo è stato un osso duro.
«Sono venuti fuori alla distanza: all'andata, in casa loro, avevamo la squadra al completo e la differenza si è vista tutta, inutile negarlo. Dopo quello che ci è successo, effettivamente l'Idolo ha marciato a ritmi incredibili: noi abbiamo fatto il possibile per tenere la vetta sino all'ultimo, nonostante avessimo costantemente il fiato delle rivali sul collo. Non possiamo dimenticarci neppure della Terralba Francesco Bellu».
Ciarolu poi ammette: «Eravamo consapevoli che sarebbe stata una follia perdere questo campionato, nella maniera più assoluta, considerando che ci siamo sempre allenati al massimo e siamo sempre stati concentratissimi per raggiungere il nostro obiettivo. Non potevamo permetterci di fallire anche perché eravamo riusciti a stare in alto per gran parte dell'anno, nonostante i nostri contendenti fossero di primissimo livello».
In questi casi un pizzico di paura è fisiologico.
«Non posso negare che a volte la mia serenità è venuta un po' a mancare, nonostante io mi fidassi ciecamente dei ragazzi, tutti bravissimi ma anche molto giovani: tra questi, solo due, al massimo tre avevano avuto la possibilità di giocarsi la vittoria del campionato. La voglia non basta, anche se è importantissima, perché nel corso della stagione serve anche un pizzico di maturità. Negli spogliatoi ho sempre ripetuto ai miei che se avessimo abbassato il ritmo della nostra manovra gli avversari avrebbero preso il sopravvento».
L'allenatore ha fatto davvero un grandissimo lavoro sul piano tecnico e tattico.
«Abbiamo sempre cercato di giocare palla a terra, partendo dalle retrovie: se non sei abbastanza sicuro delle tue potenzialità e, dunque, di te stesso, qualche volta capita che puoi sbagliare. Per questo ho dovuto lavorare tantissimo sulla testa. A volte siamo stati criticati per la qualità della manovra, ma per il resto sapevamo bene di poter uscire alla distanza, perché fisicamente siamo sempre stati al top».
Ciarolu poi precisa: «Nessuno si ricorda, ma ho perso Muggianu per sei partite e Carlander per cinque turni; significa che per undici giornate mi sono mancati i due attaccanti; in una partita siamo arrivati a giocare con il secondo portiere schierato nel ruolo di centravanti, perché eravamo in undici uomini contati. Non sto cercando alibi, e non sto nemmeno cercando di ingigantire la nostra impresa, sto solo raccontando la verità, anche se poi nel calcio contano solo i risultati e le cose scritte. Anche Milone ha rimediato sei giornate di stop, un altro invece, sempre in difesa, ha avuto diversi problemi fisici; a tutto questo vanno aggiunte le squalifiche, come dicevo, che sono stati il problema più grosso per questa squadra, ed anche questo dipende dall'avere a che fare con un gruppo molto giovane».
Uno dei passaggi più importanti è stato l'1 a 2 in casa dell'Arborea, al ritorno.
«Quella sfida è stata determinante: credo fosse la più difficile, in assoluto, di tutto il campionato. Ci siamo preparati per tutta la settimana curando ogni più piccolo dettaglio; di fronte avevamo una squadra ostica: sapevo che non ci avrebbero regalato niente e difatti se la sono giocata alla grande, sino al 95', quando per l'ultima punizione sono scesi in massa in area di rigore per cercare il gol del pari. Noi abbiamo lottato e sudato: per questo dico che la vittoria del campionato è assolutamente meritata, se non di più. Dal primo giorno di preparazione — continua Ciarolu — ho sempre ripetuto ai ragazzi e ai dirigenti che saremo scesi in ogni campo, sia in casa che in trasferta, con il chiaro intento di vincere. Siamo l'unica squadra in Sardegna che non ha mai perso in trasferta, vuol dire tanto: magari ci è capitato di inciampare in casa a causa della troppa voglia di vincere, succede che continui a buttarti in avanti e che in contropiede rimedi il gol, come è successo. In trasferta invece abbiamo sempre fatto tantissima attenzione».
Il Barisardo può vantare il miglior attacco del girone.
«Un bel risultato, ma dobbiamo ricordarci che i due attaccanti che avevo sono rimasti fuori per undici giornate: cosa significa? Con il senno di poi è facile parlare, ma quando ti trovi a gestire questi problemi puoi solo rimboccarti le maniche. Abbiamo rimediato espulsioni incredibili, e tutte dirette, e tutte a causa di qualche parola di troppo. Carlander, ad esempio, a Siniscola ha rimediato due giornate di squalifica: il direttore di gara aveva dato un calcio di rigore per noi ma lui ha chiesto l'espulsione del difensore; ne è venuto fuori un battibecco con l'arbitro e a farne le spese è stato proprio il nostro giocatore. Tutto dettato, ancora, dall'inesperienza, di un ragazzo di 21 anni. Potevamo fare anche meglio, insomma, nonostante io sia soddisfattissimo per i 57 centri. Per il resto, quest'anno ci servirà da lezione: lavavo la testa ai miei giocatori ogni martedì; io, che son stato un attaccante, non posso accettare che succedano cose del genere: anche io ho rimediato squalifiche incredibili, ma mi capitava una volta all'anno. Un attaccante non può prendere sei giornate di squalifica. Credo che sia stata l'unica nota negativa, per il resto questi ragazzi sono stati fantastici, da cento-dieci e lode».
Ciarolu stila un primo bilancio a caldo della sua avventura sulla panchina del Barisardo.
«Ho accettato volentieri questa sfida, pur sapendo che raccoglievo un'eredità importante: prima di me infatti c'era Cavasin, una panchina d'oro in Serie A, e io avevo tutto da perdere. La situazione al mio arrivo non era facile, c'era sicuramente molto scetticismo, anche se non perdevamo mai, ma alcuni pareggi sono stati mal digeriti, benché derivati dalle situazioni che sappiamo. Da parte mia ho un carattere bello tosto, forgiato in questi 40 anni di calcio: proprio per questo posso dire di non aver mai avuto problemi di sudditanza psicologica, nella maniera più assoluta; sono sempre stato consapevole della forza di questo gruppo, di quello che si poteva fare; abbiamo sempre lavorato a testa bassa e anche quando mi arrivava alle orecchie qualche commento negativo non ho mai avuto indecisioni e ho continuato ad andare dritto per la mia strada; ho sempre creduto in me stesso e nei ragazzi».
La scelta del presidente Roberto Ibba, dunque, si è dimostrata vincente.
«È stato lui che venti anni fa mi ha voluto nel Tortolì: siamo saliti in Eccellenza e dal primo giorno in cui mi ha contattato ha continuato a dirmi che voleva vincere un altro campionato con me, ma questa volta come allenatore. Per me è stato un grandissimo stimolo. Ho messo in campo tutto quello che ho imparato nei miei trascorsi in Eccellenza e Serie D e con il passare del tempo le persone hanno imparato a conoscermi per quello che sono: non mi ritengo un allenatore, ma un ex giocatore e, soprattutto, un uomo vero. Mi interessa che alla fine di una stagione si dica che non sono un allenatore come tanti altri, ma un vero uomo: amo dire le cose in faccia, voglio chiarezza e cerco di essere sempre onesto; magari arrivo allo scontro, ma sempre parlando con il cuore in mano, e mai alle spalle. Questo atteggiamento mi permette di non avere problemi di nessun tipo. Quando hai una ventina di giocatori a disposizione, tutti dello stesso livello, che si allenano sempre a mille, non è facile fare delle scelte: devi basarti sui dettagli, ma non ho mai avuto nemmeno il più piccolo screzio con nessuno; ho sempre esternato le mie motivazioni anche con i classe 2006, non per dovere, ma perché mi sentivo di farlo. Mi farebbe piacere che io venissi ricordato come una persona corretta, un uomo vero: poi ci saranno anche allenatori più bravi e preparati di me, non lo metto in dubbio, ma per me l'aspetto tecnico passa in secondo piano».
Ciarolu non nasconde le ambizioni per il suo futuro prossimo.
«Al momento al Barisardo stanno arrivando forze nuove: sono in tanti che vogliono dare una mano a Roberto Ibba, che in soli due anni ha portato il Barisardo dall'anonimato ai vertici del calcio regionale. Si stanno gettando le basi per mettere in piedi una società solida, per disputare un campionato importante. La riconferma di un allenatore che ha appena vinto la Promozione potrebbe essere scontata, agli occhi di qualcuno, e loro mi stanno dando massima disponibilità in questo senso. Siamo rimasti d'accordo che ci prenderemo una pausa di una ventina di giorni, credo sia giusto così: godiamoci il momento, poi ci siederemo attorno ad un tavolo e cercheremo di capire cosa sia più giusto fare».
Si parte dal alcune certezze.
«Sono stato accolto e trattato benissimo; i dirigenti, seppur pochi, si sono rivelate veramente delle persone squisite: in Ogliastra trovi persone con un cuore davvero grande, è la realtà; ci mettono tanta passione in tutto quello che fanno».
Il dubbio, al momento, è solo uno.
«Lo svelo in anticipo: il problema più grande è la distanza. Facendo il conto che io sono di Santa Teresa di Gallura, e che vivo a Tempio, questo significa che mi devo fare tre ore di macchina all'andata e altre tre al ritorno; non è proprio il massimo. È l'unica cosa su cui devo riflettere, perché per il resto non ci sono problemi».
La chiacchierata si chiude con le dediche e i ringraziamenti.
«Vorrei dedicare la vittoria di questo campionato innanzitutto al mio presidente storico, Pietro Muntoni, che è stato a capo del Santa Teresa Calcio per anni; il mio presidente per una vita intera. Con lui ho vinto campionati di Eccellenza e fatto la Serie D per diverse stagioni: ero anche il capitano di quella squadra e per me è sempre stato un secondo padre, un grande amico. Certo, ormai aveva una certa età, considerando che era del '31, ma la sua morte è stata un colpo grosso per me. Da quel giorno ho sempre pensato a raggiungere il primo posto in classifica, perché sono sicurissimo che da lassù mi seguiva. Vorrei inoltre ringraziare la mia compagna, che mi ha supportato e sopportato: io sono uno che accumula tanta tensione all'interno, magari senza dimostrarlo; voglio sempre apparire un tipo tosto, ma poi alla fine i problemi emergono proprio con chi mi ha affianco (ride); riesco a capire quanto sia pesante avere a che fare con una persona agitata sei giorni su sette. Infine, dedico questo traguardo al presidente Ibba, alla squadra, ai tifosi e a tutto Barisardo».