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Le vittorie a Cesena e gli errori a Cagliari

Bisoli, l'aziendalista con l'ossessione della difesa meno battuta

«Sono tornato a casa». Con questo slogan Pierpaolo Bisoli prestava la propria immagine nella campagna abbonamenti del Cagliari. Il 23 giugno scorso, il giorno della sua presentazione, a 13 anni di distanza dal suo addio "forzato" da calciatore rossoblù, il nuovo tecnico diceva: «Tornare a Cagliari è un sogno che si avvera. Ho un legame forte con questa città e i suoi tifosi, per me allenare il Cagliari è un punto d'arrivo, perché il Cagliari per me è come il Real Madrid». Non erano le solite frasi fatte. Bisoli ha voluto fortemente il Cagliari e Cellino ha voluto fortemente Bisoli per cancellare un finale di stagione disastroso culminato con l’esonero di Allegri e ripartire per inseguire l'Europa. Al punto da aspettare che il tecnico di Porretta Terme terminasse la stagione in serie B bloccando, nel contempo, il passaggio al Milan del Conte Max.

 

Bisoli vincente più di Allegri - Cellino aveva portato nell’Isola un allenatore vincente, più dello stesso Allegri, visto che aveva condotto il Cesena dalla serie C alla A mentre Max arrivò in rossoblù con un doppio salto dopo aver vinto col Sassuolo in serie C. L’entusiasmo di Bisoli per quest’avventura è stato contagioso, il suo faccione accompagnava i pullman del Ctm in giro per la città. Qualcuno ricordava che così Cellino fece anche con Trapattoni. Stesse premesse (stagione importante alla ricerca dell'Uefa) e stessa fine brusca dopo pochi mesi. Il buon Pierpaolo promise: «Qui ho giocato per tanti anni e ho dei bellissimi ricordi. Ci sono nati i miei figli, e ora da allenatore non voglio rovinare il ricordo che ho lasciato ai tifosi. Amo il calcio in modo viscerale, vivo 24 ore su 24 per la squadra e state certi che il Cagliari darà sempre il massimo in campo cercando di vincere tutte le partite». Probabilmente non ha rovinato il ricordo, benché i fischi del Sant’Elia al termine della gara col Genoa siano indice di una sonora bocciatura, di sicuro il Cagliari in campo non sempre ha cercato di vincere le partite. Anzi, la sensazione che ha dato più volte è stata quella di preoccuparsi più della pericolosità dell’avversario e meno di come mettere in difficoltà l’avversario stesso. Perché il tecnico era alla ricerca ossessiva del suo marchio di fabbrica: chiudere la stagione con la miglior difesa del campionato, così come accadde a Foligno e Cesena.

 

Cesena e Cagliari quante differenze - Il progetto tecnico di Bisoli a Cesena ha avuto il tempo necessario perché arrivasse a compimento, quello avuto al Cagliari non è stato sufficiente. Piazze diverse (il Cagliari ha vinto uno scudetto e in A ha giocato 32 volte contro le 11 del Cesena), categorie diverse (la massima serie non ammette ritardi) e giocatori diversi (Marchetti, Cossu, Biondini, Lazzari e Astori hanno vestito la maglia azzurra, con tutto il rispetto per Giaccherini e lo stesso Biasi che il tecnico ha voluto portare con sé). E dire che Cellino di tempo gliene ha concesso più di quanto non reclamasse l’intervento drastico il suo istinto da mangiallenatori. Perché Bisoli paga sì per la crisi che sta attraversando il Cagliari con il doppio ko casalingo contro Napoli e Genoa ma non è la prima della stagione. Il tecnico romagnolo è uscito indenne dalla precedente, quella del punto conquistato in quattro gare tra fine settembre (4-2 con la Juve) e fine ottobre (2-1 con la Lazio), con in mezzo un caso deflagrante come quello che ha coinvolto Conti e Agostini.

 

Tutti i perché del fallimento.

Troppo aziendalista in tre circostanze: 1) Ha subìto le conseguenze del braccio di ferro tra Marchetti e il presidente Cellino; aver accettato che il portiere azzurro dei Mondiali fosse lasciato ai margini del gruppo e venisse dopo Agazzi (primo anno in A da titolare) e Pelizzoli (chiamato all’ultimo giorno di calciomercato) ha tolto serenità alla squadra e si è privato di un importante punto di forza. 2) Ha subito l’acquisto di Acquafresca, un’altra punta centrale oltre a Matri e Nenè (Larrivey ormai era dato partente), nel momento in cui provava un modulo alternativo, il 4-3-2-1, con i due trequartisti Cossu e Pinardi in campo e avendo ancora Jeda in rosa (poi ceduto) che offriva un validissimo cambio. 3) Non ha assecondato i voleri del gruppo nel convincere Cellino a retrocedere sulla decisione di pensionare in modo forzato il capitano Diego Lopez, portandosi altresì da Cesena un giocatore come Biasi mai utilizzato in campionato e mai coinvolto dal nucleo storico rossoblù.

Gerarchie annullate: Per Bisoli tutti partono alla pari, dal capitano Daniele Conti all’ultimo arrivato Biasi. Il tecnico ha azzerato il passato di ciascun calciatore per offrire uguali opportunità a tutti. Dalla sua ha sì la valorizzazione di Nainggolan ma così facendo si è messo contro lo zoccolo duro della squadra fino a che non è esploso il caso Conti-Agostini. Anche se le avvisaglie c’erano state in precedenza con Lazzari, insofferente ai continui richiami dalla panchina, e con Cossu ingabbiato negli schemi, che rimpiangeva il gioco d’attacco con Allegri.

Il gioco mai decollato: Bisoli arrivava con la fama di allenatore-camaleonte, quello capace di far cambiare alla squadra modulo di gioco da una partita all’altra e anche nel corso della stessa gara, il tutto accompagnando la prestazione con un pressing asfissiante. Però, una squadra che con il 4-3-1-2 ha dato spesso spettacolo in due anni e mezzo, prima con Ballardini e poi con Allegri, coi cambi di sistema di gioco è stata privata di certezze e consegnata ad essa più confusione che arricchimento. Questo è certo un limite dei giocatori ma l’errore del tecnico è stato far vivere i cambiamenti come una forzatura. Il rigore tattico nella fase difensiva ha tolto forza fisica e mentale ad una squadra abituata ad accompagnare l’azione con gli interni di centrocampo e gli esterni di difesa. È mancata la gioia nella ricerca del gol e della giocata spettacolare. La vittoria con la Roma è stata solo illusoria, così come quelle contro Piacenza (Coppa Italia) e Bologna. Le partite con Napoli e Genoa hanno mandato a Cellino i segnali di una pericolosa involuzione nel gioco, al pari di un aumento dell'ansia da prestazione, che rischiava di peggiorare, benché Bisoli possa appellarsi alla mancanza della controprova.

 

Ora tocca a Donadoni - Non si sa ora con l'arrivo di Roberto Donadoni quanti di questi problemi possano essere risolti. Il nuovo tecnico non ha mai abituato tifosi e stampa a grandi sorrisi o secchiate di allegria ma neanche Ballardini a dire il vero ha regalato fuori dal campo quell'entusiasmo che invece la squadra dimostrava in partita. Ecco, se magari anche i tifosi tornassero a sorridere anziché fischiare vorrebbe dire che Donadoni è riuscito laddove ha fallito Bisoli: vincere. Con il vantaggio che il suo predecessore, tolta la capolista Milan, ha già incontrato le prime 11 squadre del campionato. Come dire, sono in arrivo tanti scontri-salvezza ad iniziare da quello di domenica a Brescia.

Fabio Salis

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2010/2011
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12 Andata