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Deliperi, addio al Ghilarza e Castiadas all'orizzonte: «Proposta stimolante, una stagione positiva con due trofei vinti ma passare per mercenario non lo accetto, alla Torres mancano dirigenti credibili»
Il portiere: «Ringrazio la Figc, bell'esperienza»

Deliperi, addio al Ghilarza e Castiadas all'orizzonte: «Proposta stimolante, una stagione positiva con due trofei vinti ma passare per mercenario non lo accetto, alla Torres mancano dirigenti credibili»

Altre due Coppe in bacheca, l'addio al Ghilarza e la possibilità di un'avventura nel Sarrabus. Simone Deliperi è l'obiettivo numero uno del Castiadas di Graziano Mannu, il portiere di Valledoria non resta in giallorosso e valuta la proposta del club del presidente Pierpaolo Piu e del vice Mauro Vargiolu che stanno costruendo una grande squadra scegliendo giocatori vincenti tra cui l'esperto estremo difensore ex Torres, Nuorese e San Teodoro. «A oggi il Castiadas è l'unica squadra che mi ha cercato, né il Lanusei e né Valledoria, come è stato scritto, mi hanno mai contattato. È una buona proposta, la sto valutando e mi stimola molto, loro vogliono vincere il campionato ma è una scelta che va fatta in sintonia con la famiglia. Se fossi da solo avrei deciso con più spensieratezza, tra l'altro ho chiesto a qualche amico ed ex compagno di squadra come Pierluigi Porcu, Antonio Usai e lo stesso mister Mereu, tutti mi hanno parlato benissimo della società e della realtà di Castiadas, perciò la sto valutando attentamente». Come valuterà attentamente il mercato che faranno i biancoverdi: «Ho l'esperienza per vedere e capire cosa si deve avere per vincere, vedremo che tipo di squadra verrà fuori, di sicuro non bisogna prendere chi ha la pancia piena, il Latte Dolce ha fatto la differenza lo scorso anno con le motivazioni e il gruppo, oltre ovviamente all'allenatore e alla società».

 

 

Simone Deliperi, l'ex Ghilarza corteggiato dal CastiadasTornando all'esperienza col Ghilarza due storici trofei ma la sensazione che potevate centrare i playoff

«Vincere Coppa Italia e Supercoppa regionale in una realtà dove non hanno mai vissuto queste soddisfazioni è stata una bella cosa, per me la squadra era all'altezza per prendersi questi due trofei e non è stata una sorpresa. Vero è che in Coppa Italia il percorso è di 4 gare e la Supercoppa è una sfida secca, sono entrambe particolari e ci vuole anche una buona dose di fortuna per vincere mentre il campionato è un lavoro di un anno, che si fa di settimana in settimana, con varie tappe. Per esperienza dico che si poteva fare di più e raggiungere gli spareggi, avere contemporaneamente gli impegni della Coppa Italia ti può portar via energie ma siamo usciti al primo turno, a metà febbraio, e in quel momento non eravamo così distanti dalla zona playoff»

Cosa è mancato allora per giocarvi almeno una semifinale playoff?

«La differenza in questi casi la fanno i giocatori e la società, che dev'essere presente nel pretendere il piazzamento. C'è stata, invece, la sensazione che all'ambiente andava bene così, che si era contenti della stagione fatta ma se fai passare questa sensazione alla squadra è un segnale negativo che dai e qualche giocatore ha tirato i remi in barca. All'interno dello spogliatoio, fino all'ultimo, da elemento esperto del gruppo ho sempre cercato di stimolare tutti per agguantare quell'obiettivo, il San Teodoro dimostra che puoi prenderti soddisfazioni e addirittura fare il salto in serie D»

Anche il mercato di dicembre è stato un segnale di come si sarebbe affrontata la seconda parte della stagione?

«Sono estimatore di Mattia Caddeo, era tra i giocatori più forti che avevamo in rosa. Non ha magari reso quanto avrebbe voluto ma ha dimostrato il suo valore andando a Monastir e segnando 11 gol nel girone di ritorno. È arrivato Giorgio Ferraro, un grande attaccante che la categoria la fa a occhi chiusi se sta bene fisicamente, purtroppo per problemi di lavoro era a mezzo servizio. A centrocampo avevamo Angelo Marci, giocatore di qualità con caratteristiche diverse da quelle dei compagni che avevamo in gruppo. Siamo usciti un po' ridimensionati dal mercato, considerando che avremmo poi fatto la finale di Coppa Italia a gennaio e, in caso di vittoria come poi è stato, almeno un turno della fase nazionale. Nel confronto col Cassino si è visto come fosse ridotta la nostra rosa ma da parte della società può essere anche giusto fare scelte di questo genere per far quadrare i conti economici e prendere quello che sarebbe arrivato in termini di risultati con tranquillità, ma mi sarebbe piaciuto fosse stato esplicitato in modo chiaro»

Perché non restare a Ghilarza?

«Quando sono stato chiamato l'estate scorsa ho parlato con il presidente Tore Fadda e il dirigente Lello Cardia che mi hanno prospettato un progetto biennale, primo anno raggiungere i playoff e poi puntare a vincere. Quando sento dire progetti io vado sempre sull'essenziale ma non capisco perché fare annate così, con due successi e una squadra da vertice, e poi ridimensionarsi totalmente. Ad ogni modo non mi è piaciuto il finale della mia esperienza a Ghilarza, nel complesso sono stato molto bene a livello dirigenziale, coi tifosi e col paese, sarei rimasto ma nell'ultimo mese alcuni dirigenti non si sono messi a disposizione come speravo e sono state dette cose non vere sul mio conto»

Del tipo?

«Uno è professionista non per la categoria che fa ma nella testa. Per 7 mesi su 8 la società è stata puntualissima nei rimborsi, ogni 20 del mese ricevevo l'importo puntuale e non ho avuto niente da dire. L'ultimo mese, vedendo che non potevano essere puntuali come nel resto della stagione, ho chiesto garanzie per il pagamento perché vivo di calcio, ho famiglia e due bambini e a casa porto uno stipendio. Per tutta risposta mi si dice che sono un mercenario, allora rimango sbalordito. Ma soprattutto ricordo che quando mi sono messo d'accordo sui rimborsi col Ghilarza c'era la promessa che prendessero un giocatore del Sassarese per dividere le spese viaggio, negli accordi personali presi col presidente lui garantiva che avrebbe contribuito per la metà della spesa, quella metà è passata in cavalleria. Allora dico, non tenere Deliperi ci sta ma farlo passare come mercenario e come uno che non avrebbe voluto giocare la Supercoppa non l'ho accetto perché non corrisponde al vero; venivo da un infortunio e mi sono curato, nei 20 giorni tra la fine del campionato e la gara col Bosa andavo a Ghilarza in treno, la Supercoppa l'ho giocata, credo anche bene, e ho dato il mio contributo a vincerla. Ci si può lasciare in tanti modi ma gli accordi vanno rispettati, in Sardegna bruciare è ormai una consuetudine, se però chiedi lumi alla società sulle tue spettanze, premettendo che vai incontro a spese enormi per rimettere in sesto la macchina usata tutto l'anno per fare Sassari-Ghilarza-Sassari vieni bollato come mercenario; se c'è un rapporto umano si va incontro da ambo le parti, invece ora è tutto un pretendere da parte della società. Comunque conservo bei ricordi con la piazza e la dirigenza, eravamo un bel gruppo e ho trovato in Andrea Carta, portiere del '97, un ragazzo eccezionale che può dire la sua in Eccellenza, da poco è stato operato alla mano, spero che il Ghilarza stia vicino a lui e che non si disperda il lavoro fatto quest'anno»

Da ex rossoblù la Torres è una fede e un sogno ma, vedendo le ultime gestioni societarie, anche una realtà incerta

«Io faccio parte della Fondazione Torres composta anche da avvocati che è un organismo che nasce per tutelare chi prende la società, sono anni che alla Torres si affacciano persone che hanno altri scopi che non quelli di fare calcio. Una grossa colpa è al livello politico e di istituzioni che non fanno da garanti, la Torres non è una società qualsiasi, è la più antica della Sardegna e non esiste che arrivi chiunque e la gestisca in questo modo. Fanno calcio in modo dignitoso e oculato realtà come Muravera, Lanusei, Arzachena, lo stesso Latte Dolce, perché non non può farlo la Torres? A oggi la società è prediposta a fallire, ci sono debiti per 700mila ma chi li ripiana? Un piano triennale di rientro, ma dove? Se non sei di Sassari e soprattutto credibile come fai a coinvolgere sponsor o altri imprenditori? La soluzione migliore per la Torres è darsi una bella ridimensionata, tornare a categorie inferiori ripartendo da gente conosciuta e credibile, fosse anche con delle vecchie glorie come hanno fatto a Olbia, poi una volta trovato chi poteva portare avanti un progetto serio e di crescito verso il professionismo si sono messi da parte. Parlo coi tifosi sassaresi e sono molto confusi, non si riesce a capire come programmare calcio seriamente alla Torres»

Classe 1980, fai stage per portieri e alleni quelli delle Rappresentative per conto della Federazione, coi guantoni fino a quando?

«Fino a quando mi sentirò all'altezza delle categorie in cui gioco. Non per presunzione ma in serie D posso starci bene come ho dimostrato alla Nuorese. Per quanto riguarda l'esperienza fatta in Figc, la chiamata che mi fece il presidente federale Andrea Delpin mi rese felice, soprattutto le sue parole: disse che guardava molto l'uomo e come interpretavo il ruolo. Mi è stato affidato un incarico con una responsabilità di non poco conto, ossia scegliere e valutare dei ragazzi che vanno a giocarsi un qualcosa di importante. Io vinsi il Torneo delle Regioni con Andrea Cossu che poi passò al Verona e con Pinna Nossai che fu preso dal Venezia. In tutt'e tre le Rappresentative sarde c'erano portieri all'altezza, scelti con delle analisi fatte coi tecnici che magari cercavano quello più alto per le uscite o quello che sapesse giocare coi piedi per impostare l'azione. Si è chiuso il cerchio con alcuni ma chi se l'è giocata fino alla fine era comunque all'altezza di partecipare. Per me è stata una bella e importante esperienza, c'è la volontà di continuare, in Federazione sono molti contenti, uscendo al girone eliminatorio ti metti poco in luce ma il ruolo del portiere è stato apprezzato dai nostri tecnici e dagli avversari, vado fiero dei complimenti ricevuti. Nelle tre categorie c'erano coppie di portieri affiatate, molto vicini l'uno all'altro, erano due leader con gli occhi della tigre, quello che avevo chiesto perché mi piaceva rivedermi in loro»

E poi si giocava in Calabria

«Ho trascorso lì due anni della mia carriera, una giornata intera l'ho passata proprio a Lamezia dove feci due anni di serie C nel 2004. Sono state bellissime emozioni, ho rivisto ex compagni, amici, preparatori dei portieri, segretario della squadra di allora, mi ha fatto veramente piacere fare un tuffo nel passato»

Le Rappresentative si ricollegano al tema dei fuoriquota: ogni fine anno si dice che 4 in campo obbligatoriamente sono troppi ma la regola non cambia

«Bisogna diminuire il numero e far arrivare in prima squadra chi ha la voglia di crescere e la professionalitià ma se le società non fanno riunioni o quando le fanno si presentano in pochi quando potranno mai rivedere il numero dei fuoriquota? Ma che vadano in blocco i presidenti a discutere del tema e chiedano di fare un passo indietro, perché non si fa il male del ragazzo, anzi aumenta la bellezza e la competitività del campionato, così se poi si chiedono 10 euro ai tifosi per il biglietto sono forse spesi bene, tanto il giovane bravo gioca lo stesso. Al Tdr abbiamo giocato contro Friuli ed Emilia, da loro la regola è di 2 fuoriquota, così facendo non hanno perso la categoria Juniores come da noi, fanno ancora campionati competitivi e se la giocano arrivando nelle finali nazionali. Noi che ne mettiamo 4 in campo in Eccellenza e Promozione dovremmo vincere a mani basse e invece scopriamo che i ragazzi non sono pronti, perché non gioca sempre chi merita. La categoria Juniores non ha più senso e gli stessi tecnici delle giovanili dicono di preferire gli Allievi perché da lì si pescano i giocatori per la prima squadra. Quando fu deciso di innalzare il numero dei giovani c'era la motivazione del risparmio per le società, forse il primo anno era così mentre ora i giovani ti chiedono rimborsi alti per il loro reale valore e idem per i prestiti per chi non ha un settore giovanile sviluppato. Quasi tutti i presidenti che presero quella decisione anni fa non sono più nel mondo del calcio, ma quell'effetto lo subiamo tutti noi. Però non devono essere i Deliperi, i Zani, i Corsi o i Borrotzu ogni volta a risollevare il problema, devono decidere le società che si lamentano tutto l'anno e poi manco si incontrano o partecipano alle riunioni. Tanto i cosiddetti "senior" si sono già ridimensionati, si accontentano di quello che c'è e nessun presidente ha mai chiuso un accordo con un giocatore con la pistola sulla tempia. Ma mi rendo anche conto che mancano dirigenti capaci di gestire le società e che capiscono poco di calcio, nel gruppo degli Juniores ho allenato Marco Aramu un ragazzo del '97 che mi è piaciuto moltissimo, il fatto che giocasse in Promozione era una bestemmia quando può stare benissimo in un club di serie D»

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2015/2016
Tags:
Sardegna