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Enrico Castellacci
Per il Comitato tecnico-scientifico anche la squadra in quarantena

Il nodo del protocollo è nel trattamento del positivo, Castellacci: «Si prenda spunto dai tedeschi, se il resto del gruppo è negativo si continua»

Ci si è aggrovigliati nel fine settimana sulle ordinanze dei governatori delle Regioni, alcuni dei quali avevano concesso per primi la possibilità agli atleti degli sport di squadra di effettuare sedute di allenamento individuali nei centri sportivi a porte chiuse e con distanziamento sociale. Poi, per non creare disparità tra squadre di calcio appartenenti a regioni diverse e con ordinanze che ricalcavano i divieti del Dpcm del 26 aprile, ecco la circolare del Viminale ai prefetti che ha esteso questa possibilità in tutte le regioni anche perché diventava contrastante vedere i cittadini andare a correre nei parchi e magari qualche idolo a cui chiedere autografi creando anche assembramenti.

 

Ma se non tutti i 20 club della serie A hanno annunciato che i propri calciatori si sarebbero presentati ai centri sportivi (il Sassuolo è stato il primo ad allenarsi), questo vuol dire che il problema ruota attorno ai protocolli medico-sanitari che dovrebbero permettere la ripartenza del campionato disciplinando il percorso dei gruppi squadra da negativizzare. Ma il documento predisposto dalla Commissione medica della Figc è stato ritenuto insufficiente dal Comitato tecnico-scientifico del governo e, come detto nei giorni scorsi dal ministro della Sport Spadafora, le due parti dovevano interloquire per le correzioni auspicate dagli scienziati del Cts, oltre al parere della FMSI (Federazione Medici Sportivi Italiani) non contemplato nel protocollo fornito dalla federazione.

Il punto che non porta ad annunciare l'accordo è relativo a come va trattato il membro del gruppo squadra che risultasse positivo. Per il Comitato tecnico-scientifico si procede come per tutti i cittadini, cioè con le due settimane di quarantena non solo per il calciatore o il membro del «gruppo squadra» ma anche di tutti coloro che sono stati dei contatti diretti dell'infetto. Che vorrebbe anche dire la squadra avversaria. La commissione medica della Figc, invece, punta al modello adottato in Germania che prevede un isolamento di una settimana e tamponi al resto del gruppo a distanza di 24 ore più test sierologici per poter ripartire altrimenti il campionato verrebbe bloccato e renderebbe inutile la ripartenza.

 

«Il protocollo della Commissione Figc non ha soddisfatto il Comitato tecnico-scientifico - rivela il professore Enrico Castellacci, storico medico della Nazionale - Noi medici del calcio non siamo stati invitati al tavolo, nonostante fossimo un punto importante in questo progetto. Avremmo gradito portare le nostre idee. In alcune categorie, come Serie B e Lega Pro, si vivono momenti diversi. L'applicazione dei protocolli in Serie C è fuori dalla realtà, perché ci sono più carenze rispetto alla massima serie. Noi l'avevamo detto subito, sostenendo dal principio che questi protocolli escludono molte categorie, oltre al fatto che sono difficili anche da applicare in A. I punti oscuri dei protocolli - continua - vanno chiariti. La Figc ha detto che li avrebbe ripresi. Nel protocollo si dice che, qualora si dovesse trovare un giocatore positivo al Covid-19, l'atleta sarebbe messo in quarantena, gli altri invece sono limitati a semplici accertamenti, senza quarantena. Questo contrasterebbe col Dpcm governativo. Bisogna chiarire questo punto, prendendo spunto dal protocollo tedesco: in Germania si mette il giocatore in quarantena e si fanno più tamponi agli altri. Se sono tutti negativi si continua. Capisco le cautele, perfettamente giustificate. Quand'ero in Cina ho vissuto una situazione analoga. Gridavo alla prudenza, ma capisco che un Governo possa essere cauto nella ripresa».
   

 

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Campionato:
Stagione:
2019/2020