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Marco Cabeccia, difensore, Latte Dolce
«La salute è la prima cosa, mi auguro si risolva tutto»

Latte Dolce, la quarantena di Cabeccia: famiglia, rapporti coi social, video chat coi compagni e la voglia di riprendere

Altre tre settimane di restrizioni, poche attività riaprono, e anche il calcio si adegua ai ritmi lenti di questa pandemia che attanaglia l'Italia e il mondo. In attesa di sapere cosa decideranno i vertici federali il Latte Dolce, come tutte le squadre dilettantistiche, resta in stand-by e il suo difensore e capitano Marco Cabeccia (classe 1987) racconta la quarantena personale:  «Mi auguro si risolva tutto. La salute è la prima cosa, e ovviamente un pensiero va alle persone che stanno soffrendo per davvero, che hanno perso dei cari, che sono sul campo per curarci, aiutarci e proteggerci».

 

La mia giornata. «Diciamo che tutte le attenzioni sono rivolte ai familiari. Il bambino è al centro dell'attenzione, come tutti i bambini del resto: cerchiamo di dargli quante più occasioni di svago, di farlo giocare o comunque di tenerlo impegnato. Non c’è un momento della pausa o del riposo, i ragazzi sono sempre a mille. Ha i compiti da fare, lo seguiamo nelle attività scolastiche a distanza. Gran parte della giornata è dedicata lui. Ma in realtà è un bene, per me e per mia moglie, essere sempre impegnati.

 

La nuova comunicazione. «Sui social non sono mai stato molto attivo ma mio figlio si diverte molto con i challenge, vuole partecipare e vedere quanti like si riescono a prendere. Io lo faccio volentieri con lui, anche perché a volte postare video e dirette servono anche a dare messaggi importanti e sostenere scopi benefici, oltre che far passare il tempo. I più giovani sono talmente avanti che la spiegano loro a noi adulti, assorbono tutto e sanno benissimo cosa sta accadendo: nostro figlio ha accettato la situazione ma non vede l’ora che finisca. Ogni volta spostiamo il traguardo da raggiungere. Lo facciamo vivere nella consapevolezza che si tratta di una situazione transitoria, e torneremo finalmente alla normalità. Per quanto mi riguarda poi, mi dedico ai libri, sto preparando un esame all’Università e passo da una partita a pallone o alla playstation tutta in famiglia ai libri di anatomia.

 

Il tele-allenamento. «Sono sempre in contatto con il mondo biancoceleste: staff, società, squadra. Con il mister e i compagni mi sento quasi quotidianamente. Abbiamo fatto anche qualche video chat insieme, per scambiare qualche parola tra noi e sorridere assieme. Fronte allenamenti ho la fortuna di avere attrezzi e spazi per potermi allenare, il clima ci assiste e oltre ai momenti di gioco ritaglio del tempo per me lavorando su componenti specifiche come forza, coordinazione o parte alta del corpo. C’è sempre da fare, fortunatamente. Vivo il momento come tanti, come tutti. Ogni tanto penso che sto per sbroccare, ma passa dopo un attimo: nel bambino, in mia moglie, nei miei affetti, nei miei amici e in me stesso trovo comprensione e vicinanza che scacciano ogni cedimento.

 

L'importanza del calcio. «Preservare e tutelare la salute delle persone è l’obiettivo che tutti noi vogliamo raggiungere il prima possibile, non ci sono dubbi. Ma per tanti di noi il calcio è un lavoro, e in tal senso vale quello che vale per tanti altri settori della nostra economia: per ogni persona il suo lavoro è una questione fondamentale. Il calcio è un lavoro, spesso si vive di calcio ed è quindi molto importante. Spero si possa ricominciare a giocare al più presto, posto che se così non fosse mi auguro che tutte le componenti che dovranno decidere in materia tengano conto di ogni aspetto, delle esigenze e delle più svariate situazioni, di tutti i giocatori, di tutte le società e a tutti i livelli. Non si dovrà danneggiare nessuno né avvantaggiare altri, a livello contrattuale ed economico. Attorno al calcio ruotano interessi diversi, c'è tanta passione e ci sono tante figure che non aspettano altro che tornare a lavorare in campo, dietro le scrivanie, sugli spalti e nello spogliatoio. Aspettiamo, e intanto rispettiamo le regole e restiamo a casa.  Come società e come squadra siamo vicini anche a distanza a chiunque sia coinvolto in questa emergenza, immaginando un futuro in cui si possa tornare alla normalità.

 

La prima cosa che farò. «Andare al mare con tutta la famiglia. Correre, giocare, fare qualsiasi cosa sulla spiaggia. Respirare, stando a contatto con ciò che spesso si dà per scontato: godere delle cose belle della vita. Non è una banalità, è quello che ci manca e che tutti vogliamo. Il tutto, ovviamente, con un pallone al fianco».

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2019/2020