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L'Olbia secondo Scotto: «Aggressiva e affamata, sarò un martello e sogno la serie C»
Il neotecnico: «Al Latte Dolce sei anni stupendi»

L'Olbia secondo Scotto: «Aggressiva e affamata, sarò un martello e sogno la serie C»

Da una parte il cuore e dall'altra la crescita professionale. Pierluigi Scotto ha lasciato il Latte Dolce dopo sei bellissime stagioni per dire sì all'Olbia, un club con 110 anni di storia e che vuole essere protagonista in serie D dopo il quarto posto, da matricola, nell'ultima stagione. Chiuso il rapporto con Oberdan Biagioni, la società gallurese si è fatta avanti con il tecnico sassarese trovando subito l'accordo. «È quello che volevo e a cui ambivo - dice Scotto - sono contento e motivato, cercherò di far valere le mie idee anche in una piazza storica e importante come Olbia». Andrà a vivere nel capoluogo gallurese tutto l'anno («Per fortuna Sassari non è così distante») ed è pronto a sfatare il tabù di un tecnico sassarese che va ad allenare a Olbia: «C'è stato un dirigente che mi ha chiesto se fossi preoccupato dal fatto che un sassarese verace come me stesse firmando per l'Olbia. Non lo sono affatto perché uno deve poter fare calcio in qualsiasi piazza, aggiungo anche che ho ricevuto tanti attestati di stima da parte di sassaresi per questa mia scelta e proprio stamattina ho preso un caffè con alcuni ultras della Torres chi mi hanno fatto un "in bocca al lupo"».

 

Che Olbia vedremo con Scotto al suo timone?

«Voglio una squadra maschia, aggressiva, cattiva, capace di togliere tempi e spazi agli avversari. Darò la mia impronta, mi piace che le mie squadre sappiano fare possesso palla ma se poi ci sarà la neve sapremo indossare gli sci e se ci sarà il fango allora indosseremo gli scarponi. Sarò un martello coi giocatori, io ho la fame di arrivare sempre più in alto e anche loro dovranno averne altrettanto anche perché a Olbia faranno i professionisti»

E ci riuscirà ad imporre il suo credo?

«Se voglio dieci giocatori dietro la linea della palla quando ci difendiamo, che sappiano leggere i diversi momenti della partita cercando i fraseggi orizzontali se stiamo vincendo o le verticalizzazioni rapide se stiamo perdendo, se voglio aggressività sulle prime palle, specie sui centrocampisti avversari, e di essere propositivi in qualsiasi campo e contro qualsiasi avversario non dico niente di nuovo da ciò che potrebbero dire altri miei colleghi. Non ho il vangelo con me in tasca ma questo mio modo di fare ha sempre funzionato perché dipende da come l'allenatore riesce a trasmettere il proprio messaggio»

Vorrà dare un'impronta organizzativa come quella data al Latte Dolce?

«Saranno i dirigenti dell'Olbia a scoprirmi imparando a conoscermi così come è stato quando ho incontrato tutti loro prima di trovare l'accordo. Siamo sulla stessa lunghezza d'onda, io volevo allenare in una società come l'Olbia e loro volevano un allenatore come me»

Quanti giocatori arriveranno dal Latte Dolce?

«Non necessariamente dovrà arrivare qualcuno dei miei ex giocatori, posso essere interessato a 3/4 di loro che però fanno parte di una lista di 30 nomi che ho in testa e che potranno essere utili per la causa dell'Olbia. Di sicuro preferisco che siano giocatori sardi ma non ho paura di confrontarmi con nessun nuovo giocatore; se ci sarà l'occasione di avere qualcuno che già mi conosce bene, altrimenti ne arriveranno degli altri. La squadra la costruisco io ma anche in base ai giocatori che la società intende riconfermare»

Fra questi c'è Molino che non arrivò al Latte Dolce nel dicembre scorso?

«Daniele lo conosco bene e l'avrei voluto con me sei mesi fa, era fatta per il suo arrivo ma poi non se ne fece più nulla. È rimasto a Olbia ed è tra i riconfermati ma con lui sono stato chiaro: "Se rimani, devi dare il massimo per crescere ancora e arrivare a giocare in serie B, sennò vai via". È un giocatore di qualità che avrà la giusta responsabilità ma dovrà metterci umiltà e saper lavorare sporco giocando senza palla. Ma tutti dovranno i giocatori dell'Olbia dovranno essere così»

Cosa le ha chiesto la società?

«Di fare molto bene ma non necessariamente di vincere il campionato. Sono io però che voglio vincere ogni partita, l'Olbia non può pensare di affrontare gli avversari senza credere di poter ottenere il massimo di punti. Se alla guida del Latte Dolce abbiamo creduto di poter battere, riuscendovi, una squadra come la Lupa Roma, che poi è finita in serie C, a maggior ragione lo deve fare l'Olbia. Poi come sempre sarà il campo a dire quale dimensione più giusta potremo assumere ma la mia sfida personale e il mio sogno è quello di portare l'Olbia in serie C»

Sul discorso fuoriquota come siete messi?

«Anche lì dipende da chi verrà riconfermato. Dico però che non bisogna sbagliare il '96 e qualcuno in mente ce l'ho già che può essermi molto utile»

All'Olbia e a Scotto avrebbe fatto comodo poter tenere un 96' come Aloia o avere Masala

«Certo che sì ma è giusto che ragazzi sardi così giovani e di qualità possano giocarsi le proprie carte in club professionistici. Aloia lo farà a Pescara e Masala col Genoa»

Aver lanciato Masala nel calcio che conta sarà sempre un vanto per il Latte Dolce e il suo allenatore

«Su Alessandro ci ho lavorato tantissimo e l'ho modellato a mio piacimento, riconoscendo in lui qualità importantissime. Aveva tantissime richieste da tutta Italia, il Latina era disposto ad offrire un cifra importante al Latte Dolce e aggregare il ragazzo in prima squadra per la preparazione estiva. Noi abbiamo fatto scegliere a lui la destinazione, ha voluto il Genoa e ne siamo contenti perché conosco il club e i responsabili del settore giovanile dai tempi in cui c'era mio figlio Gigi. Sono certo che saprà imporsi perché registi di quelle qualità ne ho visto pochi in giro»

Tornando indietro di un mese, la retrocessione è stata una mazzata...

«Sono stato male per una settimana perché l'abbiamo vissuta come una profonda ingiustizia, abbiamo dato l'anima per una stagione intera conquistando 43 punti ma non sono bastati perché poi si è salvato il Selargius che ne ha fatto 8 in meno di noi. Allora dico che il calcio è crudele ma che probabilmente non siamo stati bravi a fare 46 punti, anche se poi nessuno può dirci che non abbiamo dato il massimo delle nostre possibilità. Ora bisogna comunque ripartire, io lo faccio alla guida dell'Olbia, un club blasonato e ambizioso»

Cosa rimane dell'esperienza col Latte Dolce?

«Mi porterò sempre nel cuore questi sei anni in cui abbiamo fatto una cavalcata meravigliosa che neanche la retrocessione può cancellare. Per me il Latte Dolce è un fiore che ho coltivato con cura ed è cresciuto tantissimo facendosi ogni anno sempre più bello. Lì sono stato un allenatore in un certo modo, ora lo farò in un altro perché sarò in un contesto diverso, ma i concetti resteranno gli stessi. Ho fatto l'artigiano del calcio, so come gestire un gruppo e, di certo, non ho la puzza sotto il naso»

In società non avranno preso bene l'addio ma i rapporti umani restano a prescindere

«Sicuramente sono dispiaciuti come lo sono io. Alessio Marras è stato il presidente e il dirigente di riferimento del Latte Dolce in tutti questi anni ed è contento di questa opportunità che mi si è prospettata, l'attuale presidente Roberto Fresu si è dato un gran daffare in questo difficile campionato di serie D, col direttore sportivo Adriano Fantoni abbiamo condiviso tante operazioni di mercato. Ringrazio loro, tutti gli altri dirigenti e i collaboratori coi quali ho avuto a che fare in questi sei interminabili anni»

Qual è stata la gara simbolo di questi anni?

«Ne citerei due. Pula-Latte Dolce, finale di Coppa Italia del 2010. Perdemmo 1-0 contro la corazzata del girone A di Promozione per un'autogol ma facemmo un'ottima figura. Quella gara l'avrò guardata 100 volte, lì ho capito che avremmo potuto fare bene in Sardegna e che non saremmo stati inferiori a nessuno. Infatti, con molti di quei giocatori siamo arrivati fino alla serie D. Poi citerei la gara di Fregene nel primo turno degli spareggi nazionali di Eccellenza dello scorso anno, ci confrontavamo per la prima volta con un'avversaria fuori dall'Isola. Finì 2-2 con rete di Delizos in rovesciata all'ultimo secondo, eravamo pronti per reggere il confronto in un campionato nazionale»

Delizos, il capitano, è lui il giocatore simbolo del Latte Dolce di Scotto?

«Sì Omar di sicuro ma anche Giacomo Cocco, due leader diversi dello spogliatoio cresciuti tantissimo con me e la società in questi sei anni. Hanno vissuto in modo viscerale la retrocessione e saranno i cardini del gruppo che vorrà prontamente risalire in serie D. Ma mi piace ricordare anche i quattro acquisti che facemmo per vincere il campionato di Promozione: Nieddu, Derudas, Mura e Usai, uomini veri e grandi giocatori. Andrea Usai ha segnato quasi 60 gol in tre anni»

La più bella vittoria da conservare?

«L'aver portato 500 spettatori in ogni gara casalinga, non ne vedevo così tante dall'anno in cui vincemmo nel 1995 il campionato di Prima categoria e io ero giocatore del Latte Dolce»

Chi potrà sostituire al meglio Pierluigi Scotto al Latte Dolce?

«Ci sono tanti colleghi che possono fare bene e la società saprà scegliere per il meglio»

In questo articolo
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2013/2014