Il tecnico: Dopo 32 anni in panca potrei fermarmi
Mereu difende i ragazzi ma non la Villacidrese: «Salvi sul campo, retrocessi per colpa di una società inesistente»
Avere le physique du rôle non è da tutti. Chiunque può strappare un patentino da allenatore e accomodarsi su una panchina, chiunque può schierare un classico 4-4-2 o un più moderno 4-2-3-1. Nessuno, però, in Sardegna ha il suo carisma. Perché Bernardo Mereu, originario di Triei, terra di buon vino e non solo, ha nel suo Dna caratteristiche che a pochi altri appartengono. La lealtà, unità ad una schiettezza imbarazzante, non lascia dubbi sulla persona. Voce squillante, quasi trascendentale come se avesse appena trionfato sul campo, voce diretta di chi sa di poter offrire qualità senza inganno. I capelli brizzolati, a 51 anni, potrebbero mettere in ginocchio chiunque, quasi da far desistere la presenza alla prossima sfida. Per dirla in termini facebookiani, Bernardo Mereu ha stretto amicizia con la panchina da oltre trent’anni. Ma quella che verrà, per il tecnico ogliastrino sarà sempre la sfida più affascinante da affrontare, con l’entusiasmo di un giovane smaliziato. Eppure lui, dopo una tempesta abbattutasi a Villacidro, mantiene la sua linea di sempre, quella che tutti gli addetti ai lavori conoscono dai tempi de La Superga: mai voltarsi indietro, potrebbe essere pericoloso. Dalla prima alla quinta marcia in scioltezza, per arrivare sulla nuova panchina. Che non ha ancora un nome preciso. Presto, forse, lo avrà e allora cerchiamo di capire, attraverso quest’intervista, che estate si appresta a vivere l’allenatore sardo per eccellenza.
Mister Mereu, in questi ultimi giorni il suo nome è stato accostato alla panchina del Tavolara. Esiste una trattativa, oppure con Pitta è stato solo un pour parler?
«Confermo i contatti col presidente del Tavolara, ma ad oggi non esiste assolutamente una trattativa. Anzi, per dirla tutta, tra me e Giovanni Antonio Pitta c’è un’ampissima distanza sui programmi, motivo per cui ad oggi mi sento di escludere un futuro sulla panchina biancoverde»
La distanza riguarda solo i programmi o anche l’ingaggio?
«Il mio rifiuto alla proposta di Pitta non è assolutamente determinato dall’aspetto economico che, come mia abitudine da 32 anni, ho sempre valutato al termine di ogni trattativa. Ripeto, se oggi mi sento di escludere nell’immediato un’esperienza sulla panchina del Tavolara, è solo perché dalle parole del presidente non ho percepito quei presupposti che ritengo fondamentali per poter svolgere un’attività che possa portare ad un eccellente risultato»
Escludendo il Tavolara, ha avuto altri contatti in questo periodo?
«Si, ci sono state altre proposte, ma al momento ritengo sia più corretto non citare la provenienza»
Esiste anche la possibilità che lei resti senza panchina
«Al momento tutto è possibile, anche che dopo 32 anni consecutivi su una panchina possa fermarmi. Vorrà dire che sarà la mia prima estate rilassante in riva al mare (ride, ndr). Vediamo cosa succede, certo è che per poter accettare una nuova sfida, devo trovare i giusti presupposti. Non voglio lavorare nel buio più assoluto come accaduto lo scorso anno a Villacidro, per cui prima di firmare un accordo, valuterò con molta attenzione i programmi che mi verranno illustrati»
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Quali sono i programmi a cui ambisce Bernardo Mereu?
«Innanzitutto, è necessario che persistano le condizioni ideali per far sì che il giocatore possa rendere secondo le sue possibilità. Dal momento che ad esso viene a mancare anche una minima parte di quanto concordato, logicamente cala il suo rendimento durante la settimana e di conseguenza la domenica. L’uomo non è affatto un ammasso di muscoli, bensì una figura pensante che svolge un’attività agonistica sotto stress e perciò deve vivere in un determinato modo. Inoltre, ritengo sia fondamentale lavorare con uno staff qualificato e, fattore non meno importante, all’interno di strutture professionali dotate di tutti quei comfort che permettano di poter lavorare in totale serenità. Quando si intersecano tutti questi aspetti, è realistico pensare che sia possibile che accada anche ciò che sembra impossibile. Un concetto molto semplice da capire, ma altrettanto difficile da mettere in pratica»
A parte tre, quattro squadre, in Sardegna il mercato attraversa una fase stagnante. Solo colpa della crisi economica o ci sono anche altri fattori che non fanno decollare le trattative?
«Come tutto il Paese, anche la Sardegna attraversa una profonda crisi economica che di riflesso condiziona anche il mondo del calcio. Oggi ci sono poche persone disposte ad investire sul movimento dilettantistico, anche perché non c’è un ritorno economico come potrebbe esserci nelle serie più alte. Ma aldilà di quest’ultima considerazione, come ho già detto, la causa principale è il basso tasso di ricchezza»
E secondo lei, perché un imprenditore dovrebbe investire nel calcio dilettantistico?
«Il calcio significa prima di tutto disciplina sportiva, oltre che gioia e spettacolo. E poi, si tratta pur sempre di un atto di grande rilevanza sociale per il territorio. Ricordiamoci sempre che il settore giovanile di una squadra di calcio è fonte di educazione per i nostri ragazzi e quindi è un’attività che va sostenuta a prescindere. Investire nel calcio dilettantistico ha il suo piccolo ritorno d’immagine e chiaramente rispecchia uno stato di benessere, che probabilmente oggi manca nei vari territori dell’Isola»
Lei quest’anno ha allenato la Villacidrese che sta proprio attraversando un periodo economicamente complicato. Con la vostra retrocessione, dietro il Cagliari c’è il vuoto. Quali i rimedi da adottare per un calcio malato?
«Non è il calcio malato, bensì alcuni individui che vivono in questo mondo. Il calcio è uno sport bellissimo e come tale catalizza milioni di spettatori. Ne è una dimostrazione lampante, ad esempio, la finale di Champions League, seguita ogni anno in tutto il mondo. La passione della gente intorno a questo sport è viva e tutti noi, addetti ai lavori, la avvertiamo. Purtroppo, però, il dio denaro è la rovina di questo bel giocattolo. Ne girano tanti, anzi troppi direi; questo fattore, unito alla disonestà galoppante della persone, è una piaga dolorosa per l’ambiente calcistico. Una parte della società è gravemente malata ed il calcio non può essere esente»
Che esperienza è stata quest’anno a Villacidro?
«È stato un anno durissimo e senz’altro mi porterò dietro per un po’ di tempo una cattiva sensazione di amarezza per quello che poteva essere ed invece non è stato. In 34 anni di calcio non ho mai visto nulla di così particolare: col sudore conquistavamo i punti e subito dopo ce li toglievano per colpa di una società completamente inesistente che non adempiva ai propri doveri. Noi, come squadra, sul campo abbiamo ottenuto la salvezza, ma altri fattori, estranei al calcio giocato, hanno fatto sì che retrocedessimo in serie D. I giocatori, tra l’altro, sono stati esemplari, perché seguivano le mie indicazioni ed in campo davano tutto, ma inutilmente. Ripeto, è stato un anno davvero logorante»
Eppure Villacidro sembrava un’isola felice del calcio isolano
«La mia avventura a Villacidro si è articolata in due parentesi, ognuna durata quattro anni. La prima parte (1998/2002, ndr) è stata quella della costruzione, caratterizzata da una grandissima partecipazione generale supportata da una volontà immensa, nonostante non ci fossero tanti fondi disponibili. La seconda (2007/2011, ndr) è storia più recente, in cui, dal punto di vista sportivo, sono stati ottenuti i risultati migliori. In mezzo alle promozioni e alle salvezze, c’è stata la vittoria della Coppa Italia di serie D (avversario in finale fu il Sapri nell’aprile 2009, ndr), poi revocata (in seguito al ricorso della squadra campana avverso la posizione irregolare del calciatore Vittorio Cammarosano, che avrebbe dovuto scontare una squalifica risalente a tre anni prima, ndr). Però, appena feci ritorno a Villacidro, ebbi subito il sentore che qualcosa era cambiato rispetto alla precedente esperienza. Il pubblico si era ormai disinnamorato della squadra e così anche la società. Senza dubbio, però, è stata un’esperienza importantissima della mia carriera, anche se avrei voluta chiuderla diversamente»
Siro Marrocu unico responsabile di questo fallimento?
«Per quanto accaduto, qualcuno avrà le sue colpe. Ognuno deve avere la capacità di leggere nella propria coscienza. Io penso che le difficoltà economiche non possano affatto mutare i valori delle persone»
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Un pensiero per il suo ex presidente
«Mi farebbe piacere rivederlo come quattro anni fa. Non serbo alcun rancore per nessuno, bensì provo solo una profonda delusione per quello che la Villacidrese avrebbe potuto significare per tutto il movimento calcistico sardo»
Francesco Bombagi, suo giocatore quest’anno a Villacidro, a gennaio stava per compiere il grande salto in serie B. Oggi com’è la sua situazione?
«Bombagi ha già firmato per la Reggina lo scorso gennaio, quindi raggiungerà la Calabria e posso tranquillamente affermare che se lo merita»
Tornando alla sua posizione, con quali stimoli riparte dopo un anno logorante?
«Chiaro che resta l’amarezza per quanto accaduto a Villacidro, ma si ha l’obbligo di chiudere col passato e iniziare con un progetto futuro. Nascerà senz’altro dalla capacità di accettare una proposta concreta ed importante»
E se questa proposta arrivasse dalla Torres, sua ex squadra?
«Come ho già detto, l’unico contatto ufficiale è avvenuto con il presidente del Tavolara. Della Torres posso solo parlare al passato (nel club sassarese ha ricoperto sia l’incarico di allenatore che di direttore generale, ndr) e ancora oggi ricordo un’esperienza bellissima. Mi dispiace fortemente vedere la squadra relegata in Eccellenza, perché Sassari merita ben altra categoria»
Ci potrebbe essere anche l’opportunità Nuorese
«Un’altra mia ex squadra (dal ’90 al ’92) per la quale mi piange il cuore nel vederla in Eccellenza. Riguardo la possibilità di allenare in Barbagia, beh credo che ora abbiano ben altri pensieri che non bloccare un allenatore. Certo, a chi non piacerebbe allenare in una piazza come Nuoro, ma ripeto, per poter intavolare una trattativa è importante che ci siano le condizioni ottimali. In generale, non strizzo l’occhio a nessuno e non rifiuto una piazza a priori»
Abbiamo parlato della crisi economica che sta attanagliando il mondo del calcio. Anche nella sua Ogliastra ci sono diversi problemi
«Sì, tante squadre anche in Ogliastra soffrono questo momento di defaillance finanziaria. Purtroppo poi ci sono anche le annate storte in cui tutto gira male e paghi a caro prezzo scelte sbagliate in sede di programmazione. È probabilmente quanto accaduto al Tortolì, che dopo otto anni di Eccellenza è retrocesso in Promozione. Avrei voluto vedere la squadra che rappresenta l’Ogliastra in serie D, sarebbe stato un bel ritorno d’immagine anche sotto altri aspetti, come ad esempio quello turistico. Però, allo stesso tempo, vedo crescere bene una realtà altrettanto importante come Lanusei e anche altri centri, dove sono presenti dei buonissimi allenatori, supportati da alcuni dirigenti in gamba. Tuttavia, come ho già detto, per sviluppare un ottimo lavoro occorrono anche strutture appropriate»
Ultimamente sono stati fatti degli ingenti investimenti in questo senso
«Direi che negli ultimi anni le strutture sportive in Sardegna sono fortemente migliorate. Fino a poco tempo fa, la proporzione delle superfici di gioco era nettamente a favore della terra battuta, mentre ora si è abbassata notevolmente in virtù degli investimenti da parte delle amministrazioni comunali o di società private. Nei nostri paesi si svolge un’attività complessa, nel senso che tutte le categorie della stessa squadra utilizzano lo stesso impianto, motivo per cui occorre avere un ottimo manto sintetico che possa durare nel tempo senza che perda le caratteristiche originali. Bisogna assolutamente puntare sulla qualità di un prodotto che offra garanzie. Si prenda il caso del Novara, squadra appena promossa in serie A. Bene, delle 20 squadre della massima serie, è l’unica a poter usufruire del campo col tappeto sintetico intasato col geofill, un prodotto naturale che tra l’altro tutela l’ambiente ed è l’alternativa ecologica ai tradizionali sistemi in gomma. Basta osservare i campi di Triei, Barumini, Bosa, Abbasanta, Monserrato e della Ferrini Cagliari per capire di cosa parlo»
Mister, prima di chiudere, un suo ex allievo, Nicola Ruggeri, nei giorni scorsi ha speso parole dolcissime nei suoi confronti. Cosa ricorda di lui?
«Mi fa enorme piacere. Nicola è stato mio allievo a Villacidro. Nonostante avesse un altissimo furore agonistico, che talvolta lo portava a commettere qualche fallo di troppo, lo ricordo come un uomo di grandissima lealtà e di elevato spessore umano»
Roberto Secci