«Aspetto la proposta giusta per ripartire»
Nativi e il suo presente da spettatore: «Tifo il Tempio ed è la più attrezzata per il salto, il Guspini andrà in Eccellenza senza problemi»
Dopo una stagione decisamente impegnativa, trascorsa sulla panchina del Tempio, con cui ha lottato sino all'ultimo minuto per aggiudicarsi la vittoria finale del girone B di Promozione, nel testa a testa a dir poco entusiasmante con il Calangianus, Carlo Nativi si prende un periodo di pausa, nonostante le tante richieste ricevute nel corso dell'estate, e si gode lo spettacolo offerto dall'universo del calcio isolano, questa volta da spettatore e non da protagonista.
La prima giornata del campionato di Promozione, intanto, ha regalato già i primi spunti interessanti e le prime indicazioni sulle principali candidate nella corsa verso l'Eccellenza: il tecnico scatta un'istantanea delle forze in campo e ci regala i suoi pronostici: «Il campo mi manca, credo sia una cosa normale. A dire la verità nel corso dell'estate ho ricevuto diverse richieste, ma preferisco aspettare e, soprattutto, riposare un po' (ride) e godermi i miei figli».
Nativi continua a seguire con grande interesse i campionati dilettantistici sardi, con un occhio di riguardo per i tre gironi della Promozione.
«Si incominciano già a intravedere quali sono le squadre costruite per vincere il campionato; il Girone C è quello che riesco a seguire con più attenzione e mi sembra il più competitivo, con Usinese, Tempio, Macomerese, Buddusò, Luogosanto e Lanteri in lizza per il salto. Credo comunque che, almeno sulla carta, il Tempio abbia qualcosa in più rispetto alle altre, è la compagine più attrezzata e dunque è la favorita, possono contare su una struttura societaria solida e un buon bacino di pubblico, un lusso per questa categoria».
Gli azzurri, però, hanno incominciato la corsa all'Eccellenza con un pari interno, contro l'Ozierese.
«Non si possono tirare le somme dopo i primi 90' di campionato; hanno giocato una grande partita, sfornando una prestazione molto buona e creando tantissime occasioni da gol che, per un pizzico di imprecisione, non sono riusciti a concretizzare; c'è anche da aggiungere che il portiere dell'Ozierese ha salvato il risultato con una serie di interventi a dir poco prodigiosi. Non è il caso di lasciarsi andare a giudizi affrettati, il valore della squadra non si discute e i ragazzi allenati da Cantara hanno tutte le carte in regola per chiudere al primo posto della classifica».
Nativi continua con la sua analisi. «Il Girone B riesco a seguirlo poco, ma mi sembra molto più livellato del Girone C, discorso che vale anche per il Girone A. Barisardo e Tortolì giocano sicuramente per vincere, ma potrebbero esserci delle sorprese nel corso della stagione. Nel Girone A, invece, il Guspini è la favorita assoluta: credo che potrebbe aggiudicarsi il titolo senza troppi problemi; possono contare su un allenatore molto bravo come Manunza e un direttore sportivo giovane ma validissimo come Zanda, che ha lasciato il Monastir ed è riuscito ad allestire un organico di prim'ordine proprio a Guspini».
Il Comitato Regionale ha optato, anche per quest'anno, per la soluzione a tre gironi, adottata per la prima volta nella passata stagione con l'intento di limitare al minimo i disagi provocati dalla pandemia legata al Covid.
«Non entro nel merito delle decisioni prese dalla Federazione: ho molto rispetto del loro lavoro, anche se penso che il format a due gironi renderebbe i giochi più entusiasmanti, e belli da seguire, con i campionati che risulterebbero più competitivi. Avranno sicuramente i loro buoni motivi per continuare su questa strada: probabilmente stanno già pensando al futuro del calcio sull'isola».
Nativi sposta l'attenzione su un'altra questione.
«Il problema più grande, a mio avviso, è che stanno venendo fuori pochi giocatori giovani; i talenti in erba fanno un'enorme fatica ad emergere, basti pensare al fatto che in Promozione trovano ancora spazio giocatori come Siazzu, che riesce ad essere decisivo, nonostante l'età, e merita sicuramente i nostri complimenti, ma ad essere sincero non vedo grossi ricambi validi. Io rivedrei le regole sui fuoriquota: anziché obbligare le società a schierare uno o due ragazzi a partita, punterei l'attenzione sui settori giovanili».
L'ex tecnico dei galletti scende nel dettaglio. «Sarebbe meglio, magari, se ogni club fosse spinto a portare in prima squadra, ogni anno, cinque-sei ragazzi dal proprio vivaio: chi è più forte scende in campo e gioca, gli altri invece avrebbero la possibilità di continuare a crescere, assieme ai più grandi; solo in questo modo incentivi, sul serio, le società a curare gli interessi dei propri giovani. Credo sia una follia costringere un allenatore a schierare un 2002, un 2003 o un 2004 a tutti i costi: così facendo c'è il rischio di bruciare i ragazzi, perchè spesso e volentieri si ritrovano a ricoprire un ruolo che non è il loro. I giovani invece dovrebbero giocare soltanto quando sono pronti».
L'allenatore ritorna sulla passata stagione trascorsa in sella al Tempio e chiusa al secondo posto, a tre punti soltanto dal Calangianus.
«Non ho rammarichi, a dire la verità, anzi, sono contentissimo per come sono andate le cose. Per quanto mi riguarda è stata una bellissima esperienza: siamo riusciti a dare una bella iniezione di entusiasmo all'ambiente, al Tempio e a Tempio». Poi precisa: «Abbiamo iniziato a costruire la squadra il 20 agosto; il 23 agosto è partita la preparazione e a disposizione avevo appena tredici giocatori, tutti giovanissimi. Poi, è vero, ci sono stati gli innesti di giocatori esperti e di spessore come Silvetti, un elemento di grande carisma, Valenti, Aloia, Saragato, Ferraro; in sostanza la rosa era decisamente competitiva, anche se forse non eravamo pronti per vincere subito. È chiaro — ammette — mi sarebbe piaciuto chiudere la stagione con il primo posto in tasca, ma alla fine a spuntarla è sempre e solo una squadra. Ci siamo piazzati a tre lunghezze di distanza dal Calangianus, pagando a carissimo prezzo i due ko rimediati negli scontri diretti. Forse siamo stati sfortunati in occasione di alcuni episodi decisivi: gli errori arbitrali ci stanno, ma le cose avrebbero preso sicuramente una piega diversa con una lettura diversa di un fuorigioco, magari, o con l'assegnazione di quel gol che, invece, non ci hanno convalidato proprio nel derby. Se avessimo ottenuto due pareggi contro di loro, l'epilogo della stagione sarebbe stato ben diverso».
Nativi ne approfitta per tributare i giusti meriti ai giallorossi.
«Magari noi siamo stati poco fortunati, ma c'è da dire che loro sono stati bravissimi e si sono meritati assolutamente la vittoria del campionato, tanto di cappello. Io mi consolo, per così dire, per aver dato il mio contributo a rivitalizzare, a livello sportivo, un ambiente che negli ultimi anni stava soffrendo parecchio: non dimentichiamoci che allo stadio arrivavano 1000 persone ogni domenica, gli ultrà ci hanno seguito in tutte le trasferte, non posso che essere contento della risposta che abbiamo ricevuto dal pubblico».
Il buon lavoro fatto da Nativi non è passato sicuramente inosservato.
«Durante l'estate ho ricevuto parecchie richieste, anche da compagini che corrono in Eccellenza, ma per ora preferisco aspettare, in attesa, magari, che arrivi la proposta giusta».
Il ruolo dell'allenatore, soprattutto in una dimensione complessa come quella sarda, non è sicuramente dei più facili.
«Allenare una squadra è sempre una bella responsabilità, a prescindere dalla zona in cui i trovi. Un tecnico deve gestire, da solo, tante teste: quelle dei giocatori, dei dirigenti, dei tifosi. Tutti pretendono e si aspettano di vincere, ma per farlo serve tanta pazienza; costruire una squadra forte richiede del tempo: prima vanno gettate delle basi solide e la fretta, in questo senso, non aiuta di certo. Le risorse economiche vanno investite nel modo migliore, senza frenesia o scelte irresponsabili. Come se non bastasse, diventano tutti esperti di calcio, partendo dai tifosi e arrivando ai giornalisti in tribuna; spesso parlano senza sapere come stanno realmente le cose, ma solo il tecnico, che segue la squadra per tutta la settimana, può avere un'idea precisa della situazione ed è consapevole delle scelte che sta facendo e dei motivi che lo animano».
Vista da questa prospettiva, non si tratta sicuramente di un lavoro semplice.
«Nonostante tutto, a me piace molto: un allenatore bravo è quello che riesce ad entrare dentro alla testa del giocatore, che riesce a tirare fuori il meglio da ciascuno; ci sono atleti che se non vengono spronati nella maniera giusta non riescono a dare il 100%; per questo un tecnico, a prescindere dallo sport, è sempre più simile ad uno psicologo e non si limita soltanto a fare le scelte della formazione».
Nativi auspica un futuro migliore per le compagini sarde.
«Sarebbe bello avere molte più squadre isolane nel campionato di Serie C, ma a conti fatti, per come stanno le cose oggi, è un traguardo molto difficile da raggiungere. Bisognerebbe ripartire dalle basi, dalla cura e dall'attenzione verso i settori giovanili; c'è bisogno di persone competenti. In più, credo che si dovrebbe smettere di cercare alibi e scuse quando, magari, non ottieni i risultati sperati: l'unica cosa che conta è cercare di ottenere il massimo con l'organico a tua disposizione, magari cercando di migliorare nel corso della stagione; molti invece preferiscono passare il tempo a lamentarsi per gli errori degli arbitri, che possono sbagliare, è chiaro, come capita a noi allenatori e ai giocatori. Dico tutto questo da allenatore, da ex-giocatore, da dirigente; questo è il modo in cui intendo il calcio e non è detto che le mie idee siano quelle giuste, ma sicuramente sono quelle che porto avanti e che continuerò a portare avanti in futuro. Nel frattempo, continuerò a fare il tifo per il Tempio, ovviamente: naturalmente ho il cuore azzurro e spero di rivederlo presto in Serie C».