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Giuseppe Silvetti, difensore, Atletico Uri
«Finale di Coppa Italia ma fuori dai playoff, potevamo fare di più»

Atletico Uri, Silvetti in campo 4 mesi dopo l'operazione al ginocchio: «È stato un incubo ma ora sono felice. Ringrazio la società e i tifosi che mi sono stati vicino»

Come Alessandro Florenzi è tornato in campo 4 mesi dopo l'operazione al legamento crociato anteriore del ginocchio ma, al contrario di quanto capitato al centrocampista della Roma, Giuseppe Silvetti non vuole rischiare pericolose ricadute. «Ci vediamo la prossima stagione - dice il difensore dell'Atletico Uri - avrò altri 4 mesi per tornare più in forma di prima. Ricordo ancora il triplo crac del 13 novembre scorso a Valledoria, ho capito subito che mi ero rotto menischi e legamento». Il centrale classe 1985 ha giocato gli ultimi 10' della gara contro il Budoni a 4 mesi esatti dall'operazione fatta all'Istituto Clinico Città di Brescia su consiglio del papà Mario, ex allenatore di Castelsardo e Ghilarza e nel calcio femminile di Torres, Atletico Oristano e Caprera: «Sono felicissimo di aver rimesso piede in campo, ho ricevuto il pass per giocare quindici giorni prima del tempo programmato perché avevo recuperato altri centimetri del quadricipite. Mi è stato detto che avrei potuto fare al massimo 5' o 10' di gara, non di più, sennò rischiavo ciò che è successo a Florenzi. Anche se a me è stato ricostruito il legamento con il tendine rotuleo che è più resistente del muscolo semitendinoso e gracile utilizzato per il giocatore della Roma. La mia operazione è andata bene sin dall'inizio, il tono muscolare c'era e ho l'ossatura forte che regge bene le viti. Mi stavo allenando con la squadra da circa un mese, senza fare contrasti o movimenti particolare. Domenica è andata alla grande, ho visto anche che la società e il pubblico erano contenti per il mio rientro. Io vorrei rimanere all'Atletico Uri per sdebitarmi anche se nel calcio mai dire mai».

 

Che emozione si prova nel rimettere piede in campo dopo un infortunio del genere?

«Tantissima. Mi è mancata molto la tensione e la concentrazione del pre-partita, le emozioni che vivi nello spogliatoio e che solo il calcio ti può dare, lo stare insieme con i compagni per andare in campo a vincere. È stato un incubo non poter giocare e aiutare la squadra nel momento della stagione dove potevamo esplodere. Io con Sini formavamo una grande coppia, con risultati positivi e meccanismi collaudati. Il mister Cirinà ci teneva molto a me, la società non è intervenuta sul mercato per sostituirmi e si sono adottate soluzioni interne come l'utilizzo di Fadda, Daniele Delogu o El Kamch»

Quando si esce dall'incubo di un lungo infortunio chi va ringraziato?

«Per quanto riguarda l'operazione l'equipe dell'Istituto Clinico di Brescia con il dottor Tommaso Vetrugno, specialista in interventi all'anca e al ginocchio, e la dottoressa Delia Livella. Per la riabilitazione il centro FisioMed di Sassari del dottor Gianluca Delrio e i fisioterapisti Simone Pischedda, Giacomo Porcu e Federico Chighine. Poi la dirigenza dell'Atletico Uri che mi è stata sempre vicina trasmettendomi grande forza. Ci tengo a sottolineare che la società ha continuato a pagarmi nonostante fossi infortunato, non so se da altre parti accada la stessa cosa, è più facile essere svincolati o che ti venga decurtato il rimborso spese. Ringrazio i tantissimi tifosi di Uri che ho potuto salutare domenica al rientro in campo e ci tengo anche a ricordare i tanti messaggi di affetto e di stima che ho ricevuto da mezzo paese di Gavoi» 

Parliamo della stagione dell'Atletico Uri arrivato in finale di Coppa Italia ma staccato dalla zona playoff 

«Quest'anno sono cambiate tante cose, siamo passati da un mister come Giovanni Muroni, un zemaniano che pensava ad attaccare più che a difendere, a Ivan Cirià che lavora sulla ricerca degli equilibri tra la fase difensiva e quella offensiva. Ci sono stati tanti infortuni oltre al mio che hanno privato la squadra di elementi come Tedde, Daniele Delogu, Chelo, poi la società ha puntato molto sui giovani per non fare il passo più lungo della gamba, c'è stata la soddisfazione di essere arrivati a contendere la Coppa Italia al Tortolì mentre l'anno scorso avevamo fatto la finale playoff, in definitiva è stata una stagione non positiva ma neanche negativa, potevamo senz'altro dare di più per il potenziale che avevamo»

Vi conforta la crescita dei giovani

«Assolutamente sì. Abbiamo un Enrico Delogu, classe 1999, che è stato coperto nei ruoli offensivi da giocatori importanti, ha avuto difficoltà a trovare spazio ma molte volte è stato decisivo con gli assist, ha fatto bene in Nazionale ed è un talento, poi ascolta i consigli. L'altro '99, Andrea Milia, è un esterno sinistro che ha fatto un grandissimo campionato, dopo essere partito in sordina è riuscito a prendere il posto di Pulina. Come l'anno scorso con Walter Frau abbiamo giocato sempre col portiere giovane e devo fare i complimenti ad Emanuele Sotgia, del '97, che è anche una bravissima persona ed è cresciuto tanto sotto la guida di Francesco Galluccio. Fabio Mura è un '96 all'ultimo anno di fuoriquota ma non sarà tra quei giovani che poi sono costretti a scendere di categoria, è un ottimo giocatore»

Come vedi la corsa playoff?

«Ho sempre sperato di poter vedere l'Atletico nel gruppetto. Intanto il Budoni ha fatto un grande girone di ritorno e si è assicurata la finale, tra Calangianus e Castaidas vedo due ottime società, coi galluresi doppiamente favoriti in semifinale perché giocano in casa e passerebbero in caso di pareggio ai supplementari, hanno un mister giovanissimo come Sassu che anche l'anno scorso ha fatto molto bene costruendo un bel gruppo che ha poi rinforzato meritando di chiudere al terzo posto, mentre i sarrabesi hanno un tecnico esperto e valido come Scotto che sta quadrando il cerchio in questa fase finale della stagione e la sua squadra non molla mai. Faranno una gara d'attacco ma il fattore campo conterà molto»

E in finale che accadrà?

«Se il Budoni incontrerà il Castiadas avrà meno possibilità di spuntarla rispetto ad una finale contro il Calangianus, poi in una sfida secca tutto può accadere»

Il Tortolì ha vinto meritatamente?

«Assolutamente sì, parlano i numeri. È una squadra compatta, con giocatori fisicamente prestanti oltre che molto bravi tecnicamente, avevano pochi rivali in campionato. Noi contro di loro all'andata abbiamo perso 4-0 ma è stato un risultato bugiardo e condizionato dal fatto che siamo rimasti con l'uomo in meno già dopo 15'. In finale di Coppa Italia, ero in tribuna e dico che abbiamo espresso il gioco migliore, avevamo l'occasione di passare in vantaggio 2-1 con il rigore ma l'abbiamo sbagliato, poi loro sono stati più cinici e maggiormente freddi facend valere la maggior esperienza»

Per la salvezza un caos fino all'ultima giornata 

«Questo testimonia il grande equilibrio che c'è in campionato, se non avessimo vinto a Bosa due domeniche fa saremmo stati ancora a penare. Spero che si salvino Taloro, Valledoria e Orrolese, la Ferrini ha una classifica bugiarda e doveva essere già salvo, così come il Monastir. l'Ilva a Tonara può vincere, in questo caso rischia il La Palma ma, vista la stagione di entrambe, tra le due la chance dei playout la merita chi è stato sempre davanti all'altra»

L'anno prossimo che farà l'Atletico Uri?

«Non so le ambizioni della società ma non penso che faccia cadere il progetto tutto d'un colpo. Dico però che se dovessimo avere il campo rifatto a Uri sarebbe un'arma vincente per puntare alto, quando la squadra giocava in terra battuta nell'impianto del paese era seguitissimo, più di quanto non l'abbia fatto a Usini o Ossi. Sarebbe fondamentale giocare le gare in casa a Uri»

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2016/2017
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