Da Allegri a Bisoli, i rossoblù non entusiasmano
Cagliari, alla ricerca dell'identità perduta
Un-due-tre. Sembra il ritmo del walzer e invece era la filosofia di Allegri. O meglio, i tempi di gioco. Per il resto le parole profetiche erano semplicità, genio e divertimento. Perché il calcio è musica, diceva il suo maestro Galeone. Ma ci sta che ognuno la veda a modo suo, così il Cagliari non canta più come prima.
Il metodo del nuovo tecnico - Pierpaolo Bisoli ha portato regole di vecchio stampo, dove ciò che conta sono le goccioline di sudore e la conquista della pagnotta sera dopo sera. Giocatori tutti uguali, individualità limate al minimo per accentuare il concetto del gruppo. Insomma, sembra che da Hollywood i rossoblù siano passati ai lavori sui campi, che hanno il loro fascino per carità, ma hanno perso quel carisma che a tratti aveva esaltato al massimo giocatori come Conti, Cossu, Agostini,soprattutto Lazzari e persino Biondini. Quelli che ora si ritrovano a svolgere la semplice mansione assegnata, senza troppo spazio per le creazioni.
I rossoblù e l'identità smarrita - Un modo per far venire fuori il buon Nainggolan, ma allo stesso tempo per negare un'identità a una squadra intera. Ci vorrà tempo ancora per mettere in pratica il gioco di Bisoli. Che non fa un-due-tre ma ragiona molto, forse troppo, e raramente trova varchi verticali se non lanci lunghi che arrivano solo se i difensori avversari dormono un po'. Ma soprattutto ci vorrà tempo per assimilarlo. Perché a risentire del cambiamento c'è soprattutto la psicologia di questi giocatori. Vedi Lazzari, che si ritrova ad entrare dalla panchina ovviamente con la voglia di strafare (il tiro dai 40 metri contro l'Inter ne è una prova) e un interrogativo costante: “Perché?”. Biondini è spaesato, Matri arrabbiato (mai visto protestare con la foga di domenica per i falli di mano negati...), Cossu si sente solo e non può andare dove vuole come faceva prima, Conti e Agostini fanno quello che viene chiesto loro e stop. Acquafresca sta sperando che qualcuno gli dia la palla lì, dove la deve ricevere, ovvero a un metro dalla porta. Pisano con l'Inter aveva voglia di correre, per fortuna qualche accenno di gioco è nato da lui.
Condizione fisica - Bisoli vuole praticare un gioco dispendioso, con il rispetto rigoroso delle posizioni e un pressing continuo che però si esaurisce dopo un tempo. Se capita che va sotto, come con l'Inter, non ha più forza per reagire e costringere gli avversari sulla difensiva; oppure se la gara è in parità, rischia nel finale il gol come è capitato a Palermo, a Verona col Chievo e in casa con la Sampdoria.
Tatticismo esasperato - Se è vero che anche lo scorso anno gli attaccanti facevano i difensori, questa volta i rossoblù lo fanno in modo diverso, tenendo la squadra lunga: la difesa non si alza come dovrebbe, i reparti aumentano le distanze man mano che scorrono i minuti di gioco e così diventa impossibile attaccare in modo compatto gli avversari. Sarà questione di abitudine, ma di certo le conseguenze di tutto questo sono che sarà più la caccia del gatto al topo (dove il Cagliari fa il topo) che una gara ad armi pari contro chiunque. Tatticismo esasperato, di certo utile per questi sette punti in classifica. Resta da vedere se adattabile fino in fondo anche al Cagliari, che aveva fatto della “leggerezza” la sua forza.
Il finale dello scorso anno nella testa - Lo ha ricordato il presidente Cellino nel dopopartita contro l'Inter: «Il Cagliari ha ancora un po' di scorie dal finale del campionato scorso quando ha chiuso con una media da retrocessione». In effetti, probabilmente la squadra si trascina il rendimento in picchiata avuto nel lungo finale della scorsa stagione che, unito a quello di questa prima parte, porta i rossoblù ad aver vinto una sola volta nelle ultime 21 gare di serie A.
Virginia Saba