L'allenatore-giocatore: Troppe bugie, misura colma
Fertilia, Lavecchia spiega l'addio: «L'onore e il rispetto della parola vengono sempre prima del risultato sportivo»
È cresciuto nella miglior società d'Italia, la Juventus, ha giocato in Nazionale U21 con Gilardino e Borriello, ha ottenuto due promozioni in serie A con Messina e Bologna e ha quasi 190 presenze nei professionisti ma Gigi Lavecchia è tutto tranne che un mercenario, uno che abbandona la nave sul più bello perché il Fertilia non gli avrebbe corrisposto due rimborsi spese. Ma, soprattutto, l'ex allenatore-giocatore dei giuliani è uno che dà tanto importanza ad alcuni valori che nella vita e, in particolare, nel calcio dilettantistico si stanno calpestando con troppa facilità: «Ne faccio una questione di sincerità e coerenza. Gli impegni presi vanno mantenuti ed ero un po' stufo di sentire le solite parole dal presidente Ferroni: “Venerdì vi paghiamo, venerdì vi paghiamo”. E quel venerdì non arrivava mai. Io dieci giorni fa ho chiesto per l'ultima volta che venissero pagati i giocatori e non Gigi Lavecchia, ciò non è avvenuto e allora ho preferito rassegnare le mie dimissioni dopo la gara contro il Tortolì».
Perché darle nel momento topico della stagione?
«Prima di qualsiasi risultato sportivo ci sono altri valori quali la parola, l'onore e il rispetto, valori persi nel calcio ma che sarebbe opportuno recuperare. Era da parecchio tempo che volevo prendere questa decisione, speravo sempre che la situazione si risolvesse, l'ho presa quando mi sono stufato delle parole non mantenute e quando la misura era ormai colma»
La questione delle due mensilità in arretrato?
«Non sono due, bensì di più. Non ho vinto la Champions ma, per fortuna, non muoio di fame però non è il numero dei rimborsi da percepire il nucleo del problema quanto il mantenere la parola data e il sapersi assumere le proprie responsabilità, sempre. Se sei in difficoltà allora decido di venirti incontro purché ci sia sincerità nel rapporto che, invece, è mancata. Di possibilità per aggiustare le cose ne ho date molte, non è corretto ed egoistico pensare solo di portare a casa il risultato sportivo, l'onore e la parola vengono prima»
Si è sempre parlato, anche da poco, di un Fertilia club modello
«Lo si è fatto in modo sbagliato, tra l'altro accostandolo al Latte Dolce che, in questo caso, è sì una società modello. Le realtà sane sono altrove non al Fertilia dove non ci sono strategie vincenti e non è vero che non fa mai il passo più lungo della gamba perché ci sono giocatori, allenatori, preparatori e medici che aspettano ancora i rimborsi dell'anno scorso. Se quest'anno ho accettato due briciole era per dare al presidente Ferroni la possibilità di pagare il debito dell'anno prima, come da lui richiesto. Invece non è stato pagato né l'uno né l'altro. Se ad inizio stagione mi si chiede di giocare gratis allora decido io se farlo o meno ma se prometti un qualcosa, anche se poco, bisogna mantenere le scadenze altrimenti preferisco andare via per il mio pudore»
Chi ha deluso di più Lavecchia tra società e squadra?
«Sapevo che non tutti avrebbero seguito il sottoscritto nella decisione, non ce l'ho con nessuno e non perdono nessuno, ho solo rafforzato il concetto che il calcio è uno sport più individualistico del tennis nel quale ognuno pensa solo a se stesso»
L'anno scorso siete arrivati ad un passo dalla serie D mascherando questi problemi economici
«L'anno scorso c'erano degli uomini, quest'anno non voglio colpevolizzare troppo i “grandi” e non assolvo i ragazzini che, a 17-18 anni, per me sono già cresciuti. Sapevo benissimo che questa avventura poteva finire non in modo bellissimo ma non trovo giusto quello che sta avvenendo, sta passando il messaggio sbagliato tra i media: non ho lasciato in un momento topico perché avevo voglia di stupire. Io facevo l'allenatore, il giocatore e il preparatore, ero completamente solo con la macchina trasformata in magazzino con tutto l'occorrente per fare gli allenamenti, le cure mediche non venivano nemmeno rimborsate; poi mi stanco di questa situazione, decido di andare via e risulto essere pure un mercenario? Uno vuole far valere le ragioni del gruppo e passa pure dalla parte del torto. Così non va bene si è troppo abusato della bontà della mia persona, nel calcio sono stato sempre un ingenuo ma ora basta»
Si soffre stando fuori dal calcio giocato?
«Se devo fare le cose cerco di farle per bene e senza lamentele, quando diventa un peso allora preferisco starmene in disparte. Ho fatto il girone B della C1, giocato in campi caldi come Gela, Nocera Inferiore, Castellammare, Catanzaro etc, un percorso molto formativo perché ne vedi di tutti colori e poi non hai più paura di niente»
Gli avversari hanno parlato spesso bene del Fertilia ma il tecnico come valuta il proprio lavoro?
«Preferisco che i giudizi siano gli altri a darli. L'anno prima utilizzavamo il 4-2-3-1, ho puntato sul 4-4-1-1 basato tanto sul possesso palla e sul gioco perché sapevo che in squadra di qualità tecniche ce n'erano. Come allenatore fai belle cose e altre meno belle. Dall'esterno sentivo spesso dire: “Sono una banda di ragazzini ma come fa?” Ciò che ho fatto al Fertilia lo devo ai ragazzi, un allenatore si deve prendere i meriti e i demeriti»
La gara più importante è stata quando avete vinto a Lanusei contro l'allora capolista imbattuta?
«Esatto. La frase che dicevo sempre ai miei ragazzi era: “Finché non vedo Fertilia-Real Madrid in calendario allora vi chiedo di giocare alla pari contro tutti". Vincemmo disputando un ottimo secondo tempo, non li abbiamo certo presi a pallonate ma la vittoria non fu casuale, poi contro di loro se giochiamo altre 9 volte magari le perdiamo tutte. Il mister degli ogliastrini Francesco Loi parlò di una nostra vittoria limpida, è bello quando incontri dei colleghi così sportivi nella sconfitta»
Il momento peggiore subito dopo con 5 sconfitte di fila e senza mai segnare
«Incontrammo, tra l'altro, il Muravera che ci diede una lezione di calcio e il Latte Dolce che è fortissimo ma in quel periodo pagammo più che in altri momenti la mancanza di un finalizzatore, la più grossa pecca che avevamo era proprio l'assenza di un bomber. A dicembre chiesi espressamente al presidente Ferroni di non intervenire sul mercato ma di pagare prima i ragazzi, compresi gli ex compagni dell'anno scorso che giocano in altre squadre, l'allenatore, i preparatori, i medici che ci hanno curato per fare una stagione terminata a metà giugno»
Si salverà il Fertilia?
«Io lo spero, ne va anche del mio lavoro, rimango sempre un tifoso del Fertilia, auguro al presidente Ferroni ogni bene ma, soprattutto, di mantenere gli impegni, Quando ho lasciato avevamo dieci punti di vantaggio sull'Alghero perciò ci trovavamo ad esser salvi senza dover disputare la gara di playout. Ora i punti sono 11, diventa decisiva la gara di domenica a Ghilarza»
Quale sorpresa maggiore è stata fatta, l'anno scorso nel primeggiare con Nuorese e Porto Corallo oppure quest'anno nell'essere vicini al traguardo-salvezza?
«Quest'anno decisamente. I miei compagni dello scorso anno erano al livello dei giocatori di Nuorese e Porto Corallo o comunque ci andavano molto vicini. Quest'anno era durissima, noi siamo partiti che ogni domenica avremmo dovuto prendere 4 o 5 gol in tutti i campi»
Invece avete stupito con una bella partenza in campionato e Coppa Italia
«In effetti siamo stati molto bravi all'inizio, traditi forse dai parecchi gol fatti in 3 giornate e nel primo turno di Coppa Italia. Pareva che l'attacco potesse andare bene così, invece 5 delle 8 vittorie che abbiamo fatto finora sono arrivate con un gol di scarto, 1-0 o 2-1, perché la fase difensiva è quasi sempre stata buona»
Perché sono bravi i giovani del Fertilia? E chi di loro potrebbe fare carriera?
«Perché tecnicamente sono bravi, una qualità che in Italia si sta perdendo, invece loro ce l'hanno. Credo che Luca Scognamillo, Alessio Fadda e Marco Carboni possano fare molto bene in futuro»
Lavecchia ha puntato sui giovani ricordando forse che in carriera qualche altro allenatore aveva fatto altrettanto con lui?
«No, no, la mia esperienza è stata proprio il contrario. Quand'ero alla Juve i giovani erano molto penalizzati, venivano mandati in serie C a giocare, non essendo un fenomeno per me era difficile giocare al posto di uno come Zambrotta e, infatti, fui mandato alla Torres. Ho voluto non ripetere questa mia esperienza negativa, se c'è qualità in un giovane bisogna dargli spazio»
Allenare è difficile, giocare contemporaneamente credo lo sia ancor di più
«Il doppio ruolo è difficilissimo, molto. Si è pensato di farlo anche per aiutare la società che non navigava in acque ottime. Per mia fortuna la condizione me la dava la gara della domenica, perché io non mi allenavo con la squadra in settimana ma facevo qualcosa da solo, a parte la partitella del giovedì. Per le sostituzioni non c'erano problemi, che le facessi dalla panchina o da dentro il campo la colpa o i meriti sono sempre dell'allenatore»
Quale allenatore ricordare con maggior piacere e perché?
«Francesco Rocca, che ebbi in Under 20. Un'ottima persona, lontana dagli schemi e dai cliché, non era simpaticissimo ai poteri forti ma sapeva far gruppo e ho imparato molto da lui. Poi ne ho avuti diversi, molto tattici, anche se poi i riferimenti sono altri allenatori che non ho avuto. Non seguo vie regresse del calcio o alcuni vecchi metodi ma credo si dovrebbe imparare la marcatura a uomo, ora troppo spesso c'è un rimpallare ad altri compagni proprie responsabilità»
Perché tornare in Sardegna cosa ti ha spinto a stare qui?
«Per questioni familiari, io ho interrotto la carriera a certi livelli a 27 anni per dei continui strappi muscolari, ero a Bologna nell'età migliore e nel pieno delle forze fisiche e della maturità. In Sardegna c'era mia figlia e certi legami che ho creato dopo l'esperienza fatta alla Torres»
Lavecchia vuole fare carriera in panchina?
«Non lo so, preferisco vivere alla giornata ma tra allenare un settore giovanile al Bologna e farlo nell'Eccellenza sarda ho preferito quest'ultima via. Io ci tengo al calcio dilettantistico dove si gioca bene ma vorrei che non si rovinasse questo mondo, la differenza dal calcio professionistico è negli spiccioli, devono essere pochi ma buoni»
Cos'è stato il calcio professionistico per Lavecchia e cosa è il calcio attuale?
«Non so un riccone, è stata una passione in entrambi i casi, lo faccio per quello, mi piace l'idea di stare coi ragazzi, sono prima un educatore che un allenatore. Ma occorre farlo in realtà sane, perciò esprimo solidarietà ai ragazzi e all'allenatore del Porto Torres, è triste andare a giocare in quelle condizioni»
Il Sanluri è saltato, il Porto Torres è al collasso, è un campionato falsato?
«Direi di sì, rispecchia la crisi economica che c'è in Italia e in particolare in Sardegna. Mi sembrava già parecchio drammatica dall'anno scorso solo che affinché sia più vera e spettacolare l'Eccellenza va riportata a 16 squadre. L'Italia era il paese con più squadre professionistiche, è stata tolta la serie C2 per migliorare anche il calcio dilettantistico, che è bello e che deve restare pulito ma che va fatto da chi può realmente permetterselo altrimenti è meglio dire che non ce la si fa e si resta fuori»