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Ignazio Cocco presenta Nicola Desogus, un altro talento per l'Halley Assemini
"Mi piace essere il tutor della mia squadra"

Ignazio Cocco presenta Nicola Desogus, un altro talento per l'Halley Assemini

Il campionato che inizierà fra meno di sette giorni potrebbe essere quello della svolta per l'Halley Assemini del Presidente Ignazio Cocco e del Presidente onorario Salvatore Girau; le premesse in questo senso sembrano esserci tutte: in primis si riparte da un gruppo giovane e affiatato che rispetto al torneo scorso avrà un anno di esperienza in più sulle spalle; si riparte poi con la consapevolezza di aver lavorato bene durante la preparazione e di aver mostrato, sul campo nelle ultime amichevoli, che la squadra sta assimilando al meglio le indicazioni del mister Giuseppe Panarello; si riparte, aspetto assolutamente non trascurabile, dall'ottimo terzo posto ottenuto nella scorsa stagione, con un bottino di 59 punti; si riparte infine con una rosa che è stata praticamente confermata in blocco, a cui sono stati aggiunti Davide Murtas e, ultimo in ordine di tempo, il promettentissimo Nicola Desogus.

 

Signor Cocco, io partirei dalle novità di mercato che riguardano l'Halley Assemini: sul vostro sito ufficiale è apparso un comunicato che annuncia un nuovo arrivo.
«La novità più importante al momento è l'ingaggio di Nicola Desogus, un centrocampista classe '93 che abbiamo prelevato dal Quartu Sant'Elena.
L'altro colpo messo a segno è quello di Davide Murtas, che io amo definire la nostra 'chioccia': è un giocatore di assoluta esperienza che ha militato nell'Assemini 80 alcuni anni fa, ed è reduce dall'importante stagione disputata con la Kosmoto Monastir, con cui lo scorso anno ha vinto il campionato; a lui spetterà il compito di sostituire, dentro e fuori dal campo, Fabrizio Puddu.»

 

Arriva quindi un altro giovane in squadra, in linea con la filosofia che Lei e la Sua società avete sposato già da diversi anni. Può presentarci meglio Nicola Desogus?
«Nicola è un giocatore molto promettente, qui all'Halley Assemini ritrova il fratello, Mauro Desogus, un esterno alto di fascia, prelevato l'anno scorso dall'Asseminese.
Negli scorsi mesi ha manifestato la voglia di cambiare squadra; siamo riusciti quindi a trovare un accordo e ad inserirlo nel nostro organico.»

 Halley Assemini

Mi viene spontaneo chiederle, considerando l'età media bassissima della rosa dell'Halley, cosa ne pensa della regola sui fuori quota: alcuni la considerano una valida tutela per i giovani talenti e per i settori giovanili, altri ritengono che non sia poi così tanto utile ma anzi deleteria.
Lei da che parte sta?

«Io penso che la questione sia molto semplice: se un giovane merita di giocare, deve farlo a prescindere dalle varie regole.
Le società che hanno dovuto fare i conti con il problema legato alle 'quote giovani', chiamiamole pure così, sono state quelle che non sono riuscite a trovare, per vari motivi, i giovani da ingaggiare.
Qui ad Assemini, ad esempio, la questione non sussiste, non ho mai incontrato particolari difficoltà nemmeno durante l'esperienza con l'Asseminese; ma ci sono realtà, come ad esempio quella dei miei amici a Mandas dove, per motivi puramente demografici, non si può fare totalmente affidamento sui ragazzi locali e si è quindi costretti ad ingaggiare i fuori quota dall'esterno, pagando i cartellini e i premi preparazione ad esempio alla Sigma, l'esempio più lampante qui da noi, o ad altre società, con un ovvio danno per le risorse economiche del club.
Puntare sui giovani fa parte della nostra filofofia, ma a prescindere da questo lavorare con i giovani conviene e ha i suoi vantaggi, soprattutto in un momento delicato e difficile come quello che stiamo attraversando: ingaggiare un giocatore già formato costa parecchio, è ormai un lusso che non tutti si possono permettere.
Noi stiamo in un certo senso giocando d'anticipo: se dovessimo salire in Prima Categoria di fuori quota ne avremmo a bizzeffe; abbiamo un organico composto per buona parte da atleti nati nel '94 e nel '95, in più stiamo gradualmente inserendo in squadra anche alcuni Allievi; non è un'utopia insomma lavorare bene con il settore giovanile, il problema è che in alcune realtà il settore giovanile non esiste proprio per limiti oggettivi legati alle nascite.
Gran parte delle squadre che sono sparite e che non parteciperanno ai prossimi campionati si trovavano nelle zone interne della Sardegna, quelle insomma più colpite dal fenomeno dello spopolamento; chi sopravvive è costretto a rivolgersi a coloro che sulla formazione dei giovani atleti hanno costruito un vero e proprio business, agendo sempre e comunque nel pieno rispetto delle regole, sia chiaro.
Diventa in definitiva una questione di mercato: un giovane per disputare un campionato di Prima Categoria si trova anche; diverso il discorso per una squadra che deve affrontare magari la Promozione e deve tenere conto di certi standard qualitativi.
Puntare sui giovani può essere conveniente: io ho avuto l'esperienza fortunata, sempre ai tempi dell'Asseminese, con Stefano Guberti: l'avevo visto giocare nel Villamassargia, ho quindi pagato il premio di preparazione alla società e sono riuscito ad ingaggiarlo; era comunque un giocatore su cui si poteva fare affidamento, oltre che essere tecnicamente molto bravo, dava ampie garanzie sotto l'aspetto della professionalità; si capiva da subito che avrebbe potuto fare cose importanti.
Per il momento, per quanto riguarda l'Halley, la questione non ci riguarda; speriamo di potercene occupare in futuro (ride), magari già dall'anno prossimo.»

 

A proposito degli obbiettivi stagionale: si sarà fatto un'idea, anche alla luce del precampionato disputato dall'Halley, delle potenzialità della sua squadra; dove pensa possano arrivare questi ragazzi?
«Io non mi pronuncio mai, preferisco far parlare il campo.
Ci sono un sacco di variabili che entrano in gioco: le vittorie decisive, specie nel finale di stagione, spesso sono frutto dell'esperienza, che è un po' l'elemento che ci è mancato nello scorso torneo.
Noi siamo riusciti ad arrivare terzi, un piazzamento di tutto rispetto, nonostante in qualche occasione abbiamo peccato, secondo me, di poca convinzione; ci vuole tuttavia molta pazienza, è ovvio.
In molti pensavano che facendo la fusione fra due società storiche, come è accaduto per l'Halley Assemini, si puntasse subito a raggiungere traguardi importanti, ma serve del tempo.
Quest'anno non abbiamo presentato la domanda di ripescaggio ma con il piazzamento raggiunto lo scorso anno potevamo tranquillamente essere inseriti nel campionato di Prima Categoria, così come successo al Club San Paolo.
I giovani hanno bisogno di crescere con serietà e serenità, hanno bisogno di maturare le loro esperienze: i risultati arrivano con il tempo; ovviamente servono calciatori di qualità per poter vincere, con i brocchi non si va da nessuna parte ma con atleti capaci, affidabili e adatti al progetto tecnico dell'allenatore ci si può togliere delle belle soddisfazioni»

 Ignazio Cocco

Signor Cocco, secondo Lei quanto è importante per un gruppo giovane come il vostro la presenza costante del Presidente?
«(ride) Questo dovrebbe chiederlo agli atleti.
Il calcio per me è una passione, e la mia passione comprende anche stare vicino ai ragazzi e quindi essere sempre presente; mi piace risolvere i problemi o quantomeno contribuire a risolvere i problemi, l'ho sempre fatto e continuerò su questa strada.
E' importantissimo che il presidente stia costantemente a fianco dell'allenatore e dei calciatori: il mio ruolo è simile a quello di un tutor, di un garante che entra in gioco quando sorgono alcuni fatti spiacevoli in partita o anche semplicemente in allenamento; rappresenta la società ed in un certo senso è il punto di riferimento.
Mi piace seguire tutte le attività della squadra da vicino e quando posso dico la mia: nonostante da giocatore fossi una schiappa (ride) posso magari dare qualche consiglio.»

 

Mi tolga un'ultima curiosità: c'è qualcosa che non le piace nel calcio dilettantistico? C'è qualcosa che vorrebbe cambiare?
«Una delle più grandi pecche del calcio dilettantistico secondo me è rappresentata dalla regola dello svincolo dei calciatori al raggiungimento del venticinquesimo anno d'età: una società investe delle risorse sulla formazione e la crescita di un'atleta e quando questo arriva nel periodo più interessante per la sua carriera può tranquillamente decidere di andare ad accasarsi altrove, magari cedendo alle proposte di quei presidenti che hanno una grossa disponibilità economica.
Io avrei mantenuto il limite per lo svincolo fissato a 29 anni come era appunto in un primo momento; è giusto che un calciatore abbia la possibilità di svincolarsi, considerando che un periodo esistevano i cosiddetti 'padri-padroni' che detenevano i cartellini e da cui era difficilissimo separarsi; quello che manca è un calmiere, una soluzione che riesca allo stesso tempo a tutelare il singolo giocatore e la società.
Si potrebbe ad esempio introdurre un premio di preparazione o una soluzione analoga a quella adottata nel mondo professionistico: è ingiusto che si faccia crescere un calciatore e lo si faccia arrivare magari sino alla Serie D e che poi questo possa lasciare la squadra senza portare nessun beneficio alla società in cui si è formato.
Con la cessione di Guberti, ad esempio, l'Asseminese era riuscita a ottenere 18 mila euro; al Villamassargia era spettato il premio alla carriera.
Per quanto riguarda la seconda parte della domanda sono abbastanza sereno, rispetto le regole e contrariamente a quanto succede spesso rispetto gli arbitri, perchè mi rendo conto che anche loro possono sbagliare e un accanimento nei loro confronti è assolutamente controproducente.»

 

Cosa le piace invece del mondo del calcio dilettantistico?
«Sono semplicemente appassionato per il calcio; probabilmente, se mi fossi interessato ad un altro sport, avrei fatto il presidente in un altro ambito.
Non mi piace perdermi in polemiche sterili e controproduttive, sono concentrato e lavoro soltanto per mantenere alto il nome della mia società.»

In questo articolo
Campionato:
Stagione:
2012/2013
Tags:
Girone A