La squadra non lo perdona. I tifosi: Addio Mario
Il mea culpa non basta, Balotelli cacciato dal ritiro nerazzurro
Non trova pace l'Inter, ne trova ancor meno Balotelli, protagonista di una lunghissima giornata iniziata con le pubbliche scuse per gli insulti ai tifosi e il gesto della maglietta gettata a terra al termine della partita di Champions League di martedì contro il Barcellona, e terminata con l'abbandono del ritiro in vista della gara di campionato contro l'Atalanta. L'attaccante nerazzurro ha ammesso che sta vivendo uno dei periodi più difficili della sua vita e si è detto molto dispiaciuto per aver gettato via la maglia dopo la partita, ma le scuse non sono state accettate, prima dai tifosi nerazzurri (dissenso specificato in un lungo comunicato della Curva Nord e accentuato con la contestazione nell'allenamento a porte aperte alla Pinetina) e poi dai compagni e dal tecnico che, evidentemente, hanno ritenuto insufficiente e tardivo il dietrofront.
E, così, Balotelli in serata ha lasciato il ritiro dei nerazzurri dopo un colloquio con il presidente Moratti. La motivazione ufficiale, che la società esprime attraverso una nota riportata nel sito attorno alle 22, è che «la decisione del presidente è maturata al fine di evitare tensioni in occasione della partita con l'Atalanta». In buona sostanza SuperMario non ha fatto di testa sua: è stato Moratti a convincerlo di andarsene, nonostante il tecnico Mourinho avesse già manifestato l'intenzione di volerlo schierare contro l'Atalanta nell'anticipo del sabato alle 18 a San Siro. Ma la verità non sta tanto nel rapporto troncato con la tifoseria, che già si preparava alla contestazione nella gara di San Siro, quanto il mancato perdono dei compagni i quali hanno fatto notare a Balotelli che il suo gesto non poteva essere cancellato da una lettera di scuse arrivata, tra l'altro, con tre giorni di ritardo e non proprio sincero perché non fatto di persona nello spogliatoio.
A spingere Moratti alla decisione di chiedere a Balotelli di lasciare il ritiro sarebbe stato anche il timore di probabili contestazioni a San Siro nella partita contro l'Atalanta dopo la lettera aperta indirizzata al giocatore dai tifosi della Curva Nord: «Ti ricorderemo sempre, Mario, ti ricorderemo come il bamboccio che, primo (e, speriamo, ultimo) nella storia, a San Siro si è permesso di sfilarsi la maglia e di gettarla per terra in segno di spregio - è scritto nella lettera - Quella stessa maglia per cui ciascuno di noi spende tempo, denaro e amore per seguirla ovunque e che tu hai avuto la fortuna di indossare». I tifosi spiegano il perché dei fischi piovuti martedì sera contro l'attaccante appena entrato al posto dello stremato Milito: «Non erano il frutto di un tiro sbilenco, di un passaggio sbagliato o di un dribbling mal riuscito, ma della rabbia nel vedere dieci giocatori con la tua stessa maglia sputare sangue inseguendo gli avversari, mentre tu trotterellavi in mezzo al campo col tuo solito atteggiamento di fastidiosa indolenza e superiorità nei confronti di tutto e di tutti». La chiusura della lettera, firmata "ragazzi della Nord" è dura: «Per noi non esisti più caro Mario, e con questa nostra, ti diciamo addio. Grazie... No, quello proprio non ce la sentiamo...».
Il tutto mentre Balotelli faceva pervenire il mea culpa: «Chiedo scusa a tutti. Quando sono entrato in campo e ho sentito i fischi della gente e le urla dell'allenatore ho perso la testa, non capivo più niente e poi alla fine mi sono tolto la maglia solo per sfogare la mia rabbia. Mi dispiace di non essere riuscito a controllare la tensione e la frustrazione che da mesi mi stanno logorando. Finché indosserò la maglia dell'Inter farò tutto quello che posso per onorarla. Sto attraversando uno dei momenti più difficili della mia vita, sono esasperato ma ho sbagliato a sfogarmi in quel modo. Ora spero di riuscire a risolvere i problemi con alcuni compagni e la società con l'aiuto delle persone che mi vogliono bene e del mio agente».
Balotelli ora potrebbe essere non convocato anche per la semifinale di ritorno in Champions contro il Barcellona. E a questo punto appare sempre più probabile un divorzio a fine stagione. Il procuratore Mino Raiola, dal canto suo, lascia intendere che il futuro del suo assistito difficilmente sarà ancora nerazzurro. «C'è solo da arrivare a fine stagione e sapere prima possibile quali sono le intenzioni. Doveva essere l'anno di Mario. Così ha perso anche la Nazionale, il suo sogno: faremo di tutto per non farlo succedere l'anno prossimo: bisogna vedere se sarà possibile nell'Inter». È sempre più difficile la convivenza con i compagni di squadra. Come con il tecnico. «Serve equilibrio in tutto - ha attaccato Raiola -. Mourinho dice che è educato o non educato: ma chi cavolo ha chiesto mai di educarlo? Tu devi allenarlo, se non ti va bene lo mandi via».