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Simone Ravot, difensore, Latte Dolce
Delrio e Ravot: «L'esperienza in giallorosso? Fantastica»

La Roma cerca i giovani talenti del Latte Dolce, lunedì 10 aprile il raduno riservato ai 2003 e 2004

Il Latte Dolce impegnato su tutti i fronti. Mentre la prima squadra è concentrata sulla salvezza in serie D, la società porta avanti il progetto di investimento e valorizzazione del settore giovanile, una filosofia che risponde anche all'esigenza di trovare nel vivaio il serbatoio da cui attingere in ogni campionato e in ogni momento della stagione. Ma non solo, perché ai migliori talenti cresciuti nel club biancoceleste non viene preclusa la possibilità di ambire a grandi palcoscenici, sono tanti i campioncini sassaresi che sono entrati a far parte del Cagliari (Werther Carboni, l'anno scorso all'Olbia e ora al Lumezzane) o del Genoa (Alessandro Masala l'anno scorso alla Torres e ora al Rieti) ma anche della Roma (Ivan Delrio e Simone Ravot).

E proprio in collaborazione con il club giallorosso, lunedì 10 aprile (dalle ore 15) sui campi in sintetico di via Cilea, il Latte Dolce organizza un raduno riservato a giovani calciatori nati fra il 1 gennaio 2003 e il 31 dicembre 2004, con Massimo Tarantino responsabile tecnico del raduno. «Per i ragazzi sarà l'occasione per testarsi e confrontarsi, per imparare e crescere – spiega il responsabile tecnico del Settore Giovanile biancoceleste Marco Bottegoni – Noi ci crediamo sempre, e speriamo che uno dei nostri giovani calciatori possa approdare a palcoscenici importanti. Gli esempi non mancano».

 

Il difensore Ivan Delrio, classe 1991, assente nell'ultimo di campionato per squalifica ricorda: «Fu un'esperienza fantastica. Scelsi di andare a Roma pur avendo anche altre opportunità fra cui il Cagliari. Credo sia stata la scelta giusta, per me, e per il blasone e la storia del team giallorosso. Il primo giorno a Trigoria mi ricordo di aver fatto colazione con molti dei giocatori della prima squadra: fu subito grande emozione. Sul fronte tecnico posso dire che in due anni ho imparato tantissimo sul campo, grazie a due allenatori come Stramaccioni e De Rossi che mi hanno insegnato a giocare a calcio. Avendo avuto la fortuna di allenarmi a volte con la prima squadra guidata da Spalletti ho potuto migliorare ancora di più, rendendomi conto che giocatori che sembravano alieni, che giocavano la Champions, erano in realtà esseri umani diventati grandi calciatori grazie alle loro doti, certo, ma anche grazie all'ambiente e alle società in cui si erano formati. Dico che se un ragazzo ha buone qualità deve crederci e cercare di conquistarsi le opportunità, anche se non è facile  e non lo è soprattutto per noi sardi che siamo abbastanza isolati e lontani dal calcio del continente. Ho avuto la fortuna di giocare in una squadra composta dai giocatori più promettenti del settore giovanile giallorosso al tempo, di allenarmi e fare amicizia con loro, vedi Florenzi, Bertolacci, D'Alessandro che sono oggi i più conosciuti. Per non parlare del brivido provato al primo ingresso all'Olimpico, uno stadio bellissimo. La cosa più bella è il tifo calorosissimo dei tifosi giallorossi, veramente da brividi. Ho fatto il raccattapalle in Champions League e sventolato il pallone a centrocampo durante la canzone della competizione, vedendo poi da dentro il campo un Olimpico pieno: fantastico. Un'esperienza che mi ha fatto crescere anche sotto l'aspetto caratteriale, perché avevo sedici anni e vivere lontano da casa mi ha formato sotto tanti punti di vista. Mi auguro che in futuro i giovani calciatori sardi possano avere più opportunità di arrivare in società di un certo calibro e di poter sognare in grande e assaporare il calcio a quei livelli. Posso garantire che ci sono tanti sardi che a livello di talento e qualità non hanno niente da invidiare a chi ha invece l'opportunità di formarsi in certi ambienti. È una strada difficile e comporta tanti sacrifici, ma è giusto che soprattutto chi ha talento ci creda e ci provi. Io, infatti, a 25 anni non ho ancora smesso di crederci».

 

L'esterno Simone Ravot, classe 1996, a Muravera tra i migliori in campo, racconta i due anni alla Roma: «Ho vissuto nel convitto di Trigoria, dentro il centro sportivo. Un ambiente sereno e ricco di tante belle cose: non si poteva chiedere di meglio. Mangiavamo e dormivamo lì, a 50 metri dai campi di allenamento delle giovanili e della prima squadra della Roma. Il mio primo allenatore è stato Vincenzo Montella (oggi tecnico del Milan in serie A, ndr) guidava i Giovanissimi nazionali, poi è passato alla panchina della prima squadra dopo le dimissioni di Ranieri. Quell'anno vincemmo il campionato dopo una lotta all'ultimo sangue con la Fiorentina. Ho avuto la fortuna di avere compagni che ora giocano in campionati importanti come la B e la A: Daniele Verde (Avellino), Lorenzo Pellegrini (Sassuolo) e Gabriele Marchegiani (Spal) per citarne alcuni. Mio compagno di stanza era Federico Viviani, ora in forza al Bologna. Una grande persona, molto umile. Ho avuto fortuna anche di stare a contatto e parlare con De Rossi, Totti, Borriello e molti altri ancora. Per quanto mi riguarda, dico che sono stati due anni fantastici della mia vita: mi hanno aiutato a crescere e a non commettere errori, nel calcio certo ma anche nella vita. Il ricordo più forte? Il gol decisivo segnato contro la Lazio allo scadere del tempo: un'emozione indescrivibile».

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2016/2017