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Sandro Anolfo, tecnico del Futsal Glema Iglesias: "Deleterio vivere nell'alibi della sconfitta per fattori esterni: bisogna invece saper ammettere i propri limiti"
CALCIO A 5. "CONOSCIAMOLO MEGLIO"

Sandro Anolfo, tecnico del Futsal Glema Iglesias: "Deleterio vivere nell'alibi della sconfitta per fattori esterni: bisogna invece saper ammettere i propri limiti"

Seguendo il consiglio del capitano della Mediterranea Gian Marco Serra, questa settimana la nuova rubrica di Diario Sportivo "Conosciamolo meglio" si sposta ad Iglesias, per andare ad intervistare Alessandro Anolfo, fondatore e oggi tecnico del Futsal Glema. In pochi anni, Sandro è passato ad allenare la prima squadra dopo la felice esperienza con le giovanili, centrando la promozione in serie C1 al primo colpo. Fermamente convinto dell'apporto che i giovani possono dare anche in un campionato difficile come la C1, Sandro si muove molto anche fuori dal campo per far sì che la realtà del calcio a 5 attiri sempre più ragazzi, soprattutto in un contesto come quello dell'iglesiente dove le squadre sono davvero poche.

Dopo diverse esperienze nel calcio a 11, nella stagione 2003/04 ti sei avvicinato al futsal. Cosa ti ha affascinato in particolare di questo sport, spingendoti a impegnarti attivamente in questa disciplina?
Sebbene Iglesias non goda di un grandissimo blasone nella disciplina, ho maturato un interesse sempre maggiore grazie alla Mediterranea di Carbonia e le altre squadre sarde impegnate nei campionati nazionali. Tale interesse si è trasformato in una vera passione quando ho deciso di sperimentare prima come giocatore e poi come allenatore, tanto da far nascere in me il desiderio di fondare una società.

Quando e come nasce il progetto Futsal Glema?
Il progetto nasce nella primavera del 2010, dalle 5 persone che compongono l'acronimo del suo nome, persone legate da un rapporto che va ben oltre il campo. Nonostante  ora io sia l'unico socio fondatore attualmente attivo nella società, mi sento legato e riconoscente al lavoro svolto assieme al presidente Lai e al mister Contu. Il  progetto nasce dalla coscienza di poter costruire assieme una società capace di crescere e farci crescere. Così già dalla prima stagione oltre alla prima squadra  abbiamo voluto fortemente creare un progetto giovani, partendo dalla categoria allievi. Oggi gran parte di loro è parte attiva nella rosa della C1. Inoltre possiamo considerarli dei veri e propri precursori: molti ragazzi hanno seguito le loro orme e sono venuti a giocare da noi.

Il Futsal Glema ha rivelato, in pochi anni, di essere un modello vincente: tra competizioni giovanili, femminili e maschili sono davvero tanti i risultati degni di nota. Quale fattore, più di ogni altro, risulta secondo te decisivo ai fini di creare un ambiente e una mentalità vincente?
Mi piace pensare che lo sport debba essere vissuto come un qualcosa dove nessuno ti regala nulla, e che il binomio passione - sacrificio ti porti non solo a migliorarti ma a coinvolgere altre persone. Tutto ciò porta ad organizzarsi e dare spazio alla competenza con la capacità di coinvolgere chi ti sta intorno. Sicuramente non è d'aiuto ma bensì deleterio vivere nell'alibi della sconfitta per fattori esterni: bisogna invece saper ammettere i propri limiti.
Dopo alcuni successi da allenatore di giovanili di calcio a 11, hai provato a ripeterti anche nel calcio a 5: nella stagione 2011/12, il Futsal Glema under 16 è arrivato primo a pari punti con la Mediterranea, perdendo poi lo spareggio decisivo. E' stato più forte il rammarico per la sconfitta nel rush finale oppure la soddisfazione di aver condotto i tuoi ragazzi ai vertici del campionato?

Quella stagione fu una stagione fantastica sotto ogni aspetto. Nonostante ogni sportivo miri a raggiungere il traguardo della vittoria, è giusto riconoscere sia i meriti degli avversari che i propri limiti. A tal proposito, l'inesperienza non ti permette certo di conoscere sino a dove puoi arrivare. E' solo sbattendoci la testa che puoi capire sino a che punto puoi arrivare. Ad ogni modo, un tecnico, tanto più del settore giovanile, deve valutare il percorso fatto dai suoi ragazzi, e se noi non eravamo ancora maturi per vincere quella finale, sicuramente eravamo sulla buona strada per vincere in futuro. La più grande soddisfazione è stata rivedere quei ragazzi il primo giorno della preparazione nella stagione successiva, e quindi averli invogliati a continuare a praticare questo sport. Nei due anni successivi ci siamo tolti tante soddisfazioni sul campo e fuori. Aver vinto la Coppa Italia nella loro ultima partita di settore giovanile è stato sicuramente gratificante per il percorso fatto negli anni.

 

 

Nella stagione 2013/14 sei passato ad allenare la prima squadra. Quali difficoltà hai incontrato nel gestire un gruppo di adulti? E quali aspetti del tuo mestiere, invece, ti sono risultati più semplici?
Ammetto che quando mi è stato proposto di allenare la prima squadra ho temuto di non esserne all'altezza ma grazie ai consigli fraterni del precedente presidente Lai e della gran parte dei ragazzi ho accettato con enorme entusiasmo, massima umiltà e voglia di crescere. Ho avuto la possibilità di scegliere persone fantastiche per il mio staff, come il preparatore dei portieri Stefano Sedda e il dirigente Sergio Etzi che con il neo-presidente Riola mi hanno supportato in ogni scelta. Con i ragazzi è stato tutto abbastanza semplice, siamo stati capaci di scindere i ruoli personali fuori e dentro dal campo. La loro umiltà nel voler imparare e sacrificarsi hanno reso il mio lavoro tutto più facile. Avere giocatori come Carta (30 anni), Farci (32), Baraglia (38) e soprattutto Eltrudis (45) ha aiutato enormemente la mia gestione: infatti, oltre alla loro esperienza e bravura sul campo, sono esempi di serietà per i tanti giovani presenti nella rosa. Ho cercato di porre rimedio alla mia inesperienza con  il continuo aggiornamento e con il confronto continuo con i colleghi.

 

 

Al primo anno da allenatore della prima squadra è arrivata subito la promozione nella massima serie regionale: qual è il più bel ricordo della lunga cavalcata che vi ha portato a salire di categoria?
Senza ombra di dubbio la vittoria nel derby contro il Sant'Antioco del presidente Garau nella semifinale dei play-off promozione. E' stata la partita che ci ha portato alla matematica promozione in C1 e soprattutto è stata la partita in cui abbiamo dimostrato tutta la nostra maturità tecnico-tattica. Naturalmente anche l'aver vinto la coppa disciplina nel campionato C2 e in contemporanea in quello under 18 è stato un piacevole riconoscimento.

 

 

Sono in molti a pensare che fra la C1 e la C2 ci sia un vero abisso. Il Futsal Glema tuttavia non sembra aver pagato dazio, sorprendendo un po' tutti dato il suo attuale piazzamento di metà classifica ad un passo da posizioni più nobili. Alla vigilia del campionato, avresti previsto un andamento del genere o la squadra ha stupito anche te?
Guardiamo veramente poco la classifica. Piuttosto cerchiamo di correggere gli errori per migliorarci, e per fortuna spesso ci riusciamo. Sicuramente siamo partiti con i piedi di piombo e massimo rispetto per la nuova categoria ma eravamo e siamo tuttora convinti che il lavoro gratifichi sempre e per questo non mi stupisce se sono state più le soddisfazioni che le delusioni. Credere che saremo stati pronti per la nuova stagione nonostante il salto di categoria sarebbe stata la nostra condanna. Ho ritenuto opportuno rinforzare la rosa con alcuni innesti esterni e puntare fortemente sui fuoriquota provenienti dal nostro settore giovanile.

 

 

Cos'altro ci dobbiamo aspettare dal Futsal Glema in futuro? Quali obiettivi ha la società?
Essendo una piccola società abbiamo l'onere di privilegiare l'aspetto sociale e rendere lo sport una valida alternativa per i ragazzi. In tal senso, abbiamo l'opportunità di avvalerci della stretta collaborazione dell'oratorio San Pio X. Con il nuovo corso dirigenziale abbiamo frenato sulla quantità per privilegiare la qualità dei settori sia per la carenza di dirigenti sia per l'incognita dell'impegno nella nuova categoria. Sicuramente il contesto economico in cui viviamo non è più quello dei grandi sponsor o dei presidenti che mettono mano al portafoglio e per questo stiamo cercando di organizzarci per il futuro con largo anticipo. Per quello che mi riguarda rimane il desiderio di far crescere il numero delle squadre giovanili nella società, fornire alla rappresentativa sarda qualche nostro giovane, riorganizzare il settore femminile e lanciare un torneo internazionale giovanile di calcio a 5 ad Iglesias.

 

 

 

 

 

MARCO FERRARO

 

 

 


In questo articolo
Stagione:
2014/2015
Tags:
Serie C1
Futsal Interviste