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Chiacchiere e caffè con Francesca Gandini
Personaggi in rosa

Chiacchiere e caffè con Francesca Gandini

Primi giorni di febbraio, le temperature basse ma piacevoli, il  traffico intenso, un quaderno e una penna. Centro commerciale di Quartu Sant’Elena, il flusso di persone verso la biglietteria per il film di Scorsese, Wolf of Wall Street, con lo schermo che già indica il “sold out”. Con un caffè in mano e la voglia di conoscerla, aspetto Francesca. Arriva puntuale con un sorriso smagliante, mi saluta e si siede accanto a me, ordiniamo un secondo caffè e iniziamo la chiacchierata.

Le sue parole sono un fiume in piena e le brillano gli occhi quando ricorda il suo esordio da adolescente con la Delfino Cagliari Calcio. Il Mister Tonino Congiu, ex calciatore del Cagliari e idolo della tifoseria sarda, si “innamora” di lei e la butta nella mischia in prima squadra perché lei ha stoffa, è diversa, ha classe, carisma, tecnica e passione, Francesca possiede tutte queste qualità. Lei ricorda tuttora Congiu con estremo affetto e profonda ammirazione. 

Disputa il campionato di serie C regionale e nel ’95, a soli 15 anni, fa il suo esordio e corona il sogno della serie A, segna 4 reti e diventa il pilastro del centrocampo nonostante la sua giovane età. Ha ricordi bellissimi, glielo si legge in viso, mentre discorriamo si interrompe, estrae dal borsellino qualcosa, un pezzo di carta che tiene conservato gelosamente, me lo mostra, è un articolo di giornale, dal suo sguardo capisco che è importante, i suoi occhi sprigionano orgoglio, “La promessa del calcio sardo” è il titolo. “Essere convocati per un provino della Nazionale di calcio a 15 anni è il sogno di tanti ragazzi italiani innamorati del pallone e per qualcuno il sogno diventa anche realtà. Succede anche in una regione isolata come la Sardegna, solo che in questo caso il prescelto non è il nuovo Gianfranco Zola ma una giovane calciatrice dal futuro azzurro: Francesca Gandini”, questo l’inizio dell’articolo, che prosegue sottolineando le prodezze calcistiche di Francesca. Lei sorride e mi racconta la gioia di quei momenti indimenticabili, il sogno che diventa realtà, due giorni nel centro sportivo Aquacetosa, nei quali non ha avuto difficoltà a convincere i tecnici federali delle sue capacità. 

Oltre la maglia azzurra si aggiungono altri cinque anni nella sua squadra del cuore, la Delfino Cagliari calcio appunto, con allenatori che credono in lei e compagne di squadra fantastiche, ottenendo oltretutto grandi soddisfazioni. A 20 anni decide di cambiare aria, si trasferisce in Emilia Romagna, abbandona il calcio a 11 e inizia l’esperienza con il calcio a 5, ma non è felice, così Francesca, dopo due anni riabbraccia la Sardegna, la sua vecchia Delfino, le compagne di sempre e trascorre quattro anni in serie B.

Nel 2006 decide di allontanarsi nuovamente dalla sua famiglia e approda nell’Olbia Calcio Femminile. Qui inizia il periodo più doloroso e buio della sua carriera, subito i suoi occhi si rattristano e mi racconta la partita contro il Brescia, un fallo di gioco, la corsa in ospedale, la preoccupazione, la paura e infine il verdetto: un ematoma in prossimità del fegato. Rimane circa un mese in ospedale con l’eventualità di un trapianto, ma lei è forte, lotta, reagisce e dopo altri cinque mesi di riposo forzato a casa, scansa l’operazione chiururgica e finalmente si riprende.

Trascorre un anno e mezzo lontana dai campi di gioco, il calcio le manca, è vita, quel calcio che le ha permesso di conoscere Ilenia, la sua migliore amica, che le ha fatto intraprendere la carriera di arbitro, che le ha concesso di scoprire l’amore per i bambini che allena con passione e gioia. E’ raggiante Francesca quando mi racconta dei suoi pulcini, delle loro prime partite e dell’entusiasmo per un lavoro che ama.

Nel 2010 riprende a giocare da dov’era partita, in una squadra di serie C femminile. Un ambiente che l’accoglie con vivacità e rispetto: lei è un esempio per molte giovani ragazze. Ma Francesca è una persona umile, la compagna di squadra ideale, ha un consiglio per tutte. Prende per mano la squadra e con determinazione la porta alla conquista del campionato, una soddisfazione immensa, un’altra gioia indelebile.

L’anno successivo la squadra si rinforza per affrontare il campionato nazionale, Francesca è il fiore all’occhiello di una compagine formata da numerose fuoriclasse. A questo punto i ricordi diventano tetri, a tratti dolorosi: alcuni elementi di spicco abbandonano, lei continua ad onorare l’impegno con la società perché secondo la sua concezione il rispetto va al di là di tutto, ma non basta e la squadra retrocede. 

La delusione è tale da indurla ad appendere per sempre le scarpette con i tacchetti al chiodo e indossare quelle con le suole in caucciù da indoor, non giocherà più la domenica ma il sabato e così inizia una nuova avventura con la Janas femminile, in un campo per lei troppo stretto e troppo corto. E’ divertita Francesca mentre mi racconta che non può più fare le rovesciate, spaziare nel campo o cambiare gioco con lanci lunghi, poi diventa improvvisamente seria, mi fissa e afferma con fare risoluto che questo sarà il suo ultimo anno. E’ stanca Francesca, si lamenta del fatto di non avere  più il fisico per ricevere una ventina di falli a partita, non ha più l’età. 

Il suo scopo adesso è quello di continuare ad allenare i suoi bimbi, arbitrare qualche partita e godersi il fine settimana nella sua nuova casa. 

Ora sorride, è felice e gioviale, ma soprattutto fiera del suo meraviglioso percorso, non ha rimorsi né rimpianti. 

Ci alziamo e percorriamo un tratto insieme poi la ringrazio e ci salutiamo. Mentre la guardo andar via col suo passo sicuro la immagino andar via dal campo di gioco e con un filo di malinconia penso che Campionesse si nasce, non si diventa.

In questo articolo
Stagione:
2013/2014
Tags:
Serie C1 Femminile
Sardegna