Nel S. Paolo fu con Oscar e Lucas, ama la Sardegna
Del Soldato, il brasiliano che ha salvato il Calangianus e promessa mancata del Lecce: «Il rigore al Fertilia l'avevo già sognato e se avessi avuto il passaporto...»
L'impatto con la Sardegna non è stato dei migliori, col San Teodoro appena 4 gare da titolare e 1 gol, più 5 spezzoni di partita entrando quasi sempre nel finale. A dicembre la valigia pronta per rientrare in Brasile ma, sulla strada per l'aeroporto, a Leonardo Del Soldato arriva la chiamata giusta, quella del Calangianus, ed esplode: 11 gol, a partire dalla doppietta all'esordio contro il Porto Torres nell'ultima gara d'andata, più quello decisivo nel playout contro il Fertilia di fine aprile. Il 26enne paulista che sa giocare punta, trequartista e regista, sarà un uomo chiave del mercato in Sardegna. Da Ribeirão Preto,che ha dato i natali anche all'ex portiere di Roma e Lecce Julio Cesar Bertagnoli, il buon "Leo" si gode il sole e i 30 gradi nella città dello stato di San Paolo, ma non il mare: «Per andare nelle spiagge di Santos e Praia Grande ci vogliono sei ore di macchina, un po' lontano, meno male che in casa abbiamo la piscina». Le guide dicono che Ribeirão ha 600mila abitanti ma precisa: «Ormai arriviamo a 800mila, da noi ci sono tante università». Del Soldato, però, studia come si fanno gli assist e i gol, ha un debole per l'Italia e ora si è innamorato pure della Sardegna: «Ormai sono in Italia da 9 anni e voglio continuare a giocarci per tanti anni. Sono arrivato che ne avevo 16, giocavo nel settore giovanile del San Paolo e fui preso dal Lecce, avevo un contratto di 5 anni che non potei firmare perché minorenne e perché il passaporto italiano non arrivava mai. Dopo l'esperienza in C1 col Gallipoli, ho giocato nel Boca Pieri, Pordenone, Maranese, Clodiense e Cerea, in Veneto e Friuli ormai mi conoscono quasi tutti ma, alla fine, mi sono affezionato alla Sardegna che è uno dei posti più belli visti in tutta la mia vita». Ora attende che il telefono squilli e arrivi la chiamata per continuare nell'Isola: «Sono sul mercato, a Calangianus abbiamo finito il campionato ma non abbiamo parlato per la prossima stagione, ancora nessuno mi ha contattato e sto aspettando di ricevere qualche proposta interessante».
Esperienza in Sardegna dai due volti, così così al San Teodoro, benissimo al Calangianus
«A San Teodoro giocavo una partita e poi restavo le altre due o tre fuori perché sono arrivato a meta settembre, con la squadra già fatta e con tanti giocatori di qualità in gruppo, non era facile arrivare e giocare già da subito. A Calangianus direi che è andata meglio perché ho avuto più continuità, anzi giocavo sempre. In Sardegna mi sono trovato benissimo anche se, a dir la verità, non ero cosi contento appena sono arrivato, perché nessuno mi conosceva e non avevo amici, perciò dovevo ricominciare tutto da zero. Ma è un posto caldo, col sole e il mare e dove si vive bene il calcio, ora ho tantissimi amici e tornerò di sicuro»
Che differenza hai trovato nel giocare in Sardegna rispetto alle altre esperienze in Italia?
«Una cosa che mi è piaciuta del calcio sardo è che c'è tanta rivalità. Il calcio senza rivalità per me non è bello, così entri in campo più concentrato e più grintoso per vincere la partita. Poi ho trovato tante squadra che giocano al calcio e che non buttano mai il pallone, cosa che invece fa diventare brutta una partita. Per me che sono un calciatore tecnico a cui piace giocare con la palla a terra mi sono trovato bene nell'Eccellenza sarda»
Cosa non ha funzionato al San Teodoro?
«Sono arrivato con la squadra già pronta e con 4 giornate di campionato già giocate, quindi è normale che mister Tatti avesse più fiducia nei miei compagni che non verso di me. Era il mio primo anno in Sardegna e nessuno mi conosceva ancora bene. È stato un peccato che il San Teodoro non sia riuscito a centrare i playoff, era una squadra forte»
Al Calangianus invece ti sei espresso ai massimi livelli, 10 gol più quello decisivo nei playout
«È stato il mio migliore anno, mi sentivo bene e quando un giocatore si sente bene le cose vengono naturali. Per di più avevo una motivazione speciale, volevo far vedere a tutti il mio reale valore perché a dicembre, quando ho saputo che non rimanevo piu al San teodoro, sono stato male, avevo le valigia chiusa per tornare in Brasile. Le squadre con le quali trovavo l'accordo, anche fuori dalla Sardegna, non mi davano l'alloggio e dovendomi pagare io un posto per dormire il rimborso spese si abbassava di molto. Perciò ero rassegnato nel reintrare a casa e rinunciare al calcio in Italia ma tutto è cambiato grazie ai miei ex compagni del San Teodoro che mi hanno aiutato nel trovare una opportunità, chiamando qualche società e dicendo che ero un giocatore di qualità»
Chi ti ha aiutato di più?
«Sicuramente Daniel Corsi, portiere fortissimo e grandissima persona. Una volta che ho firmato col Calangianus mi sono preparato benissimo per fare vedere a tutti le mie qualità e grazie a Dio ci sono riuscito, chiudendo il campionato con la salvezza raggiunta e con 12 gol complessivi, compreso quello fatto nel periodo in cui ero al San Teodoro»
Contro il Fertilia nei playout una gara difficile e un rigore pesante e decisivo per la salvezza che hai avuto la freddezza di realizzare
«Sapevamo tutti che dovevamo affrontare una squadra difficile, piena di giovani con tanta qualità e voglia di dimostrare le loro qualità ma l'esperienza in questo tipo di partite conta tantissimo e noi in squadra avevano diversi giocatori che hanno giocato in altre categorie. Per quanto fatto vedere durante la stagione non è stato giusto che una squadra come la nostra e il Fertilia stessero giocandosi la permanenza in Eccellenza in un playout. Sul rigore svelo un aneddoto: 4 settimane prima della sfida-playout avevo fatto un sogno nel quale stavo giocando lo spareggio contro l'Alghero, ci diedero un rigore ma, prima che andassi, a tirare mi sono svegliato, quindi non ho mai saputo se nel sogno avevo o meno segnato. Il giorno della gara contro il Fertilia, invece, sono entrato in campo con la massima concentrazione e, quando è capitato l'episodio del rigore, mi sono messo a ridere e mi sono detto: "Non ci credo". Ma ero pronto per segnare, ero tranquillo, ho fatto un gran respiro, sono partito per tirare e appena la palla è entrata in rete ho potuto festeggiare con i miei compagni»
Perché il Calangianus ha faticato tanto per raggiungere la salvezza?
«Io come tanti pensavamo che la salvezza potesse essere raggiunta senza fare gli spareggi perché giocavamo alla pari con tutte le squadra. Il problema è stato nell'aver buttato qualche punto che, alla fine, ci è mancato. Aggiungo anche che, secondo me, le squadre che come noi lottavano per la salvezza hanno avuto qualche aiuto ma la cosa più importante era arrivare alla salvezza con o senza i playout e, grazie a Dio, ci siamo riusciti»
In quale ruolo rendi meglio? Un po' trequartista e un po' punta al Calangianus e, alla fine, è stata la tua stagione con più gol in Italia
«Ormai poche squadre giocano con un trequartista e al Calangianus avevamo la carenza in attacco. Un mio ex allenatore mi chiese anni fa di giocare alla Totti, prima punta ma con libertà di andare dove volevo, un ruolo che alla fine ho fatto in tante gare quest'anno. Il mio ruolo naturale è mediano, in regìa, ma in Eccellenza si gioca un calcio meno ragionato e con pochi fraseggi rispetto a quello che ho fatto in serie C e in D. Perciò, in un calcio più intenso e dinamico mi trovo meglio giocando più vicino alla porta, dove si va a fare gol senza la pazienza di lavorare la palla. Considerato che questa è stata la stagione dove sono riuscito a segnare di più, 12 gol di cui 11 solo al ritorno nel Calangianus, ad oggi direi che non ho un ruolo dove rendo meglio, ho questa fortuna di poterne fare 4 diversi giocando sempre al massimo livello»
Col mister Scano un feeling giusto sin dall'inizio e con l'ambiente Calangianus ti sei trovato bene?
«Appena sono arrivato a dicembre mi hanno inserito subito nel gruppo e questa cosa mi ha fatto tanto piacere. Con il mister mi sono trovato benissimo, quando un giocatore riceve sempre dei complimenti credo possa solo rendere al massimo. Ogni domenica, sapendo che avevo la sua fiducia, ho migliorato il mio rendimento. A Calangianus c'era un bell'ambiente, non esisteva il gruppo dei "vecchi" e quello dei "giovani", eravamo un insieme unico anche se poi ogni squadra ha i suoi problemi e noi pure avevamo i nostri. Per me era bello andare in giro per il paese ed essere salutato dai bambini e dai signori, e ricevere pure dei complimenti. Calangianus è un paese piccolo ma con un grande amore per il calcio, che vivono come lo viviamo noi in Brasile perciò posso dire che la mia esperienza in maglia giallorossa è stata positiva in tutti i sensi»
Una delle gare migliori al Calangianus, guarda caso, è stata a San Teodoro: gol dell'ex ma una sconfitta bruciante
«È normale che quando vai via da una squadra non vedi l'ora di affrontarla per dimostrare il tuo valore. Lì sono riuscito anche a segnare, un bellissimo gol, ho corso tantissimo e ho fatto anche qualche numero, tipo tunnel o sombrero. Direi che è stata la mia partita migliore ed è rimasta nella mia mente, peccato solo che abbiamo perso all'ultimo minuto, su un calcio d'angolo dopo aver chiuso il primo tempo in vantaggio 1-0»
Qual è stato, invece, il gol più bello che hai segnato?
«Quello contro il Ghilarza, credo che ogni giocatore sogni di fare un gol in rovesciata da fuori area. In quella domenica io ho avuto la fortuna di farlo, peccato solo che non ci siano immagini tv che possano trasmetterlo perché mi avrebbe fatto molto piacere conservare il video di questa prodezza. Un mio compagno mi ha fatto una sponda di testa, quando ho stoppato di petto la palla è salita, lì non ho pensato due volte e ho fatto subito la rovesciata, è venuto fuori un grande gol che ancora oggi sogno»
La tua carriera in Italia poteva essere ben diversa, cosa ricordi dell'esperienza a Lecce?
«In Italia mi ha portato Luigi Dimitri, coordinatore del settore giovanile del Lecce che era appena retrocesso in serie B con la Juventus. Quando ero al San Paolo rimase due settimane in Brasile seguendo i miei allenamenti e le mie partite. Io ho avuto la fortuna di avere un padre che mi ha sempre seguito e si divertiva a riprendere le mie partite, così a casa le vedevamo insieme e mi diceva in cosa potevo migliorare. Aveva fatto un dvd con tutti i miei gol e le mie migliori giocate, per Dimitri ero un fenomeno e mi ha voluto al Lecce proponendo un contratto di 5 anni con uno stipendio inziale di 3.500 euro al mese, a salire per ogni anno oltre ad un premio di 100mila euro se avessi fatto l'esordio in serie A. Accettai felice ma la mia delusione più grande è stata quella di non riuscire mai a giocare in campionato, il passaporto italiano non arrivava, il Lecce ha aspettato un anno e mezzo pagandomi ogni mese nonostante non poteva utilizzarmi. Alla fine, il contratto di 5 anni non lo firmai perché ero minorenne e dovetti pure andare via perché avevo il visto da turista e rischiavo l'espulsione dall'Italia. Dimitri, diventato nel 2008 direttore sportivo del Gallipoli, mi chiamò per la serie C1, a me nel frattempo era arrivato il passaporto e accettai la proposta, vincemmo il campionato andando in serie B. Per me non è stato facile all'inizio in Italia, così giovane, non sapevo parlare la lingua, in Brasile ero abituato a mangiare diversamente e avevo tanta nostalgia di casa. Ma se potessi tornare indietro quell'esperienza la farei di nuovo, mi ha fatto solo bene, al Lecce sono diventato un uomo e se tutto fosse andato per il verso giusto la mia vita da calciatore sarebbe stata diversa, il club salentino puntava tantissimo su di me»
Dal San Paolo poi sono venuti fuori tanti giocatori importanti
«Io ho fatto il settore giovanile dai 4 ai 10 anni al Comercial e dai 10 fino ai 15 al Botafogo, entrambi club di Ribeirão Preto che ora fanno il derby in terza Divisione. Poi mi comprò il San Paolo e ho giocato nelle giovanili con due ex compagni fenomeni che oggi militano sicuramente nelle squadre tra le piu forti al mondo: Oscar del Chelsea e Lucas del Paris Saint Germain. Dopo che sfumò tutto col Lecce sono ritornato in Brasile all'Atletico Mineiro rimanendo solo 6 mesi. Ho tanti amici che sono andati anche in Nazionale e che ora giocano in Brasile»