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Nicola Agus, allenatore, Arbus
«Nel ritorno abbiamo fatto qualcosa di straordinario»

L'Arbus corona il suo sogno, Agus: «Grazie a questo gruppo ho toccato il cielo con un dito, per me è una gioia immensa»

Parlare con mister Nicola Agus della stagione appena conclusa equivale a sfogliare un bellissimo libro, con la possibilità di assaporarne lentamente ogni pagina: sono tanti i ricordi, gli aneddoti, le sensazioni, le emozioni legate a doppio filo alle trenta uscite che hanno portato l'Arbus a conquistare il titolo di campione nel campionato di Promozione, al termine di una cavalcata incredibile, caratterizzata da una seconda parte di stagione praticamente perfetta. Il tecnico ripercorre tutte le tappe principali di un'annata straordinaria, partendo dalla fase più delicata, quella della programmazione e dell'allestimento della rosa, sino ad arrivare alle ultime, entusiasmanti battute del testa a testa con la San Marco, che ha contribuito a rendere ancora più entusiasmante la corsa verso l'Eccellenza.

«Il nostro è stato un percorso importante, una bellissima storia — dichiara Agus — che ha coinvolto staff tecnico, dirigenziale e squadra. Avevamo sempre bene in mente quale era il nostro obbiettivo sin dal primo giorno di preparazione: arrivare tra le prime tre. Una promessa espressa pubblicamente in piazza, ad Arbus, per la presentazione della rosa. Penso proprio che siamo riusciti ad andare ben oltre le aspettative».
Il primo passo è stato quello di cementare un gruppo profondamente rinnovato rispetto al passato. «Sino a dicembre tutto il lavoro era concentrato per cercare di raggiungere un buon livello di amalgama. Il compito dell'allenatore in questi casi è piuttosto chiaro: devi trasmettere il tuo messaggio, la tua filosofia di gioco, far capire ai ragazzi che attitudine ti aspetti da loro. Molti venivano da esperienze importanti con l'Orrolese e la Ferrini ad esempio, ed è fondamentale che tutte le componenti remino in maniera armonica nella stessa direzione, una cosa che non è mai facile ottenere, soprattutto con i ragazzi più giovani».
I risultati all'inizio sono stati buoni, ma non eccellenti. «Eppure abbiamo orbitato sempre tra il secondo e il terzo posto; la San Marco però è partita letteralmente a fuoco, meglio di noi». Nella sessione invernale di mercato le carte in tavola sono cambiate sostanzialmente. «Ho ritenuto opportuno intervenire per modificare l'assetto del gruppo: sono arrivati in tre e andati via in quattro. L'intenzione era quella di crescere ancora, di proporre qualcosa di diverso e gli addetti ai lavori lo sanno benissimo: nel girone di ritorno è tutta un'altra musica e per noi è arrivata la svolta».

Il tecnico, mai come in questo caso, svolge il ruolo del collante fra le tante anime che fanno parte di un progetto così complessa. «C'è una foto molto bella, a parte per i colori, che a me piacciono molto, che rappresenta alla perfezione lo spirito che si è creato tra me e i ragazzi: l'allenatore che sale in cielo, ma per merito della squadra. Sono tutti consapevoli dell'impresa che abbiamo raggiunto, mi hanno regalato un sogno, ma attraverso i fatti. Negli ultimi cinque mesi e mezzo non abbiamo perso nemmeno una gara, penso ci sia poco altro da aggiungere».
Con la San Marco che, comunque, non ha mai mollato nemmeno di un centimetro.
«Bastava anche e solo un passo falso e staremmo parlando di un altro campionato; alle nostre spalle c'era un predatore pronto ad azzannarci, una cosa di cui peraltro eravamo consapevoli. Ho chiesto ai miei ragazzi di tenere sempre la guardia ben alta, in caso contrario sarebbe stato difficilissimo riprenderci da un punto di vista mentale perchè in quei casi è normale abbattersi, ti viene a mancare il coraggio, non hai più la forza per tenere il ritmo. Proprio per questo abbiamo dovuto dare tutto quello che avevamo in corpo nella seconda fase, considerando poi che le sarde in Serie D non stavano andando benissimo e c'è il rischio che vincere i play-off non basti per conquistare l'Eccellenza, un privilegio che per ora spetta solo alle prime in classifica».
L'Arbus ha buttato, come si dice, il cuore oltre l'ostacolo. Agus non è nuovo ad imprese di questo tipo. «Con il Samassi nel 2015 ho conquistato il record sardo con 24 vittorie consecutive e stavamo per battere quello nazionale, che appartiene ancora ad una squadra toscana. Ho provato semplicemente a ripetere una cosa simile qui ad Arbus: ne ho parlato con qualche ragazzo che non aveva avuto la possibilità di vivere quella scalata con me, visto che solo Falciani, Flumini, Alessio Congiu e Fabio Toro facevano parte di quel gruppo. La mia idea era chiara: se fossimo riusciti ad accelerare mentalmente, a dare un ulteriore strappo al nostro cammino, senza concedere nulla a nessuno, saremmo arrivati dritti al nostro obbiettivo. Ho anche tracciato una tabella di marcia precisa: nelle ultime dieci giornate potevamo ottenere altrettante vittorie, al massimo ci saremmo potuti permettere due pareggi. Alla fine hai visto cosa è successo? Nove successi e solo un pari. Credo proprio di essere riuscito nell'intento di esaltare i valori tecnici e tattici dei miei, oltre che gli aspetti caratteriali».
Un successo per niente scontato. «Devi sempre mettere in conto gli imprevisti, i cali. Non era facile vincere questo campionato, lo dicono tutti: uno dei più livellati degli ultimi anni».
La vittoria in trasferta contro l'Arborea forse è uno dei momenti più esaltanti. «Incontravamo una squadra affiatata, giocano assieme da diverso tempo e seppur non abbiano alle spalle un budget altissimo possono contare su un gruppo davvero molto solido, tra l'altro Marco Atzeni, assieme al capocannoniere Tore Boi è uno degli attaccanti che quest'anno ha segnato di più. Una delle squadre più competitive, senza nulla togliere a Carloforte, San Marco e La Palma, ottimamente messa in campo da mister Madau. In quella occasione sono arrivati tre punti pesanti: da quel momento, oggettivamente, è iniziata la nostra vera corsa».

Caratterizzata, comunque, da un grandissimo equilibrio. «Una cosa di cui ci siamo accorti tutti ben presto. Se stiamo attenti, l'8 a 0 della San Marco contro il Gonnosfanadiga è un caso isolato, assieme al nostro 5 a 2 rifilato al Seulo. Per il resto, tutti i confronti si sono risolti con poche reti e con scarti davvero minimi, anche nei confronti tra le prime e le ultime».
Per Agus e i suoi ragazzi scatta il momento della festa. «Ce la dobbiamo godere tutta, sino in fondo, assieme alla società e al paese. Nonostante siano passati diversi giorni, le emozioni sono ancora belle vive. D'altronde non può che essere così, dopo un viaggio straordinario durato nove mesi.
Ho battuto molto su questo concetto che ho trovato in un libro, mi piace molto: la differenza tra il viaggio e la destinazione. Va bene per il calcio, così come per la vita: di solito scegli tu chi portare assieme a te, scegli il bagaglio, la valigia che conterrà tutte le tue cose. Nel nostro caso specifico sono stato aiutato dal direttore sportivo. Alcuni tendono ad abbassare la guardia, peccano di attenzione e pensano più alla destinazione: noi la conoscevamo bene, si trattava del primo posto, dell'Eccellenza, niente di nuovo dunque. La differenza però la fa la cura che ci metti nei dettagli lungo il tragitto: devi essere pronto ad affrontare di tutto, è questo il momento principale, fondamentale, e non l'arrivo. Il gruppo l'ha percepito in pieno: la chiarezza mentale con cui affronti le cose è la chiave di volta di tutto; l'ordine psicologico va di pari passo con quello tattico. Questa metafora, inutile dirlo, ci ha aiutato tantissimo».


Per l'Arbus sarebbe davvero un grandissimo peccato perdere un allenatore così preparato e, cosa non secondaria, vincente. «Per ora mi godo il momento, questo sogno che si realizza. Non nego che la società mi ha già chiesto un incontro per fare il punto per la prossima stagione, ma dovremo essere bravi a valutare se ci sono tutti i presupposti, come ho peraltro già detto alla dirigenza e all'amministrazione comunale. Certo, ovviamente mi piacerebbe dare continuità a questo progetto ma servono le idee chiare, non solo da parte dell'allenatore ma da parte di tutti».
Come sempre, il finale è riservato alle dediche. «Il mio pensiero va a tutto il paese e ai nostri tifosi, che si meritano questa gioia. La speranza è quella, a prescindere dal fatto se ci sarò ancora io o meno, di riuscire a proseguire nel migliore dei modi: sarebbe un peccato buttare tutto all'aria dopo così tanto sudore. Un grazie particolare va alla società, che mi è stata sempre vicina, ma in particolare alla mia famiglia, la cosa più importante, e dunque mia moglie e i miei figli. Ci tengo poi a dedicarla a mio fratellino, che in passato ha indossato proprio la maglia granata: purtroppo è morto quando era ancora molto giovane, di incidente stradale; mi manca moltissimo».

In questo articolo
Squadre:
Campionato:
Stagione:
2017/2018
Tags:
Promozione
Girone A