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«Tanta passione e pochi soldi: ecco il mio mondo»

Gherazzu a 360°: tutto il bello del calcio dilettantistico

Quella con Chicco Gherazzu è stata una vera e propria intervista fiume, tanto che la vittoria casalinga dei suoi Rangers contro la corazzata Capoterra è passata quasi in secondo piano; l'esperto tecnico, 8 anni sulla panchina della formazione quartese, si è confermato un profondo conoscitore del mondo del calcio, offrendo, tra le altre cose, la sua personale e interessantissima visione sul panorama dilettantistico.
Un modo di intendere lo sport e, perchè no, la vita in generale, che può regalare, ai più attenti, molteplici spunti di riflessione.

 

Mister Gherazzu, siete reduci dalla bella vittoria contro il Capoterra: come siete riusciti a portare a termine questa piccola grande impresa, contro una delle squadre più forti e in salute dell'intero girone?
«Le squadre si battono sempre allo stesso modo, giocando a calcio.
Io conosco soltanto i miei giocatori, degli avversari non posso dire granché; probabilmente erano un po' sotto tono, magari un po' di merito ce l'abbiamo anche noi per come abbiamo interpretato la gara.
Tieni conto che noi in campo avevamo molti ragazzi classe '93 e '94; questo rispecchia in un certo senso la nostra filosofia: spesso facciamo esordire giocatori che hanno pochissima esperienza alle spalle; siamo in un certo senso obbligati visto che i nostri migliori talenti vanno a giocare altrove in categorie superiori, con la Ferrini ad esempio, come è capitato quest'anno con una decina di titolari.
Noi ogni anno rincominciamo con ragazzi molto giovani, l'unica prerogativa è che abbiano voglia di allenarsi.
Non abbiamo mai fatto calciomercato, non ci interessa, non sappiamo nemmeno cosa sia, eppure riusciamo, ogni anno, a ottenere discreti risultati.
La nostra realtà è questa, non ci interessa nemmeno cambiarla: siamo una squadra piccola, con pochi soldi, vogliamo soltanto divertirci».

Cosa le è piaciuta in maniera particolare della sua squadra nella partita di domenica?
«Nel primo tempo siamo passati in svantaggio e abbiamo sofferto un pochino: loro hanno una squadra più forte della nostra, a livello di organico, e hanno provato, riuscendoci, a fare la partita.
Il nostro portiere comunque non ha rischiato più di tanto, se non in occasione del gol; nel secondo tempo siamo riusciti a ribaltare la situazione, sfruttando al massimo le due occasioni che ci siamo costruiti.
Le squadre deboli devono cercare di spezzare il gioco degli avversari per poi ripartire; è impensabile giocare a viso aperto contro una formazione molto più forte di te: domenica nel primo tempo siamo scesi in campo con una punta soltanto, cercando di fare densità a centrocampo, mettendo dieci uomini dietro la linea della palla; al secondo tempo abbiamo assunto un atteggiamento diverso e ci è andato bene; ho parlato con i ragazzi negli spogliatoi e li ho invitati a giocare a calcio e divertirsi, senza pensare alle possibili brutte figure; è pur sempre una partita di calcio.
Noi con l'Halley abbiamo perso per 1 a 0 a causa di un errore di un nostro ragazzo, eppure non è stato fucilato; al massimo ti prendi bonariamente gli insulti scherzosi dei tuoi compagni, ma finisce li, senza drammi.
Tieni conto che in rosa ho ragazzi molto piccoli fisicamente, ma questo non vuol dire che non possono giocare a calcio: le nostre armi in più sono la serenità e l'entusiasmo.
Le nostre porte, come ti dicevo prima, sono aperte a chiunque, anche a coloro che non hanno mai giocato un campionato; in rosa ci sono dei ragazzi che hanno militato soltanto nelle fila dei Rangers come il nostro portiere, ad esempio, o come Giuseppe Caria, che ha iniziato a giocare a calcio con me a 25 anni; noi non paghiamo nessuno, abbiamo budget limitati, non abbiamo nessuna intenzione di vincere il campionato a tutti i costi; ci piace divertirci, siamo una squadra di quartiere, tutti i ragazzi sono locali, siamo solo l'ennesima realtà calcistica in un panorama complesso come quello di Quartu, che vanta due squadre in Promozione; i talenti vanno giustamente altrove, da noi magari vengono dei ragazzi che trovano poco spazio e che con la tranquillità e la pazienza possono migliorare moltissimo, come ad esempio è capitato a Caria, o a Marcia che ha segnato 4 reti con la Ferrini.
Noi non ci basiamo sulle scuole calcio, ma lavoriamo con il materiale umano che abbiamo a disposizione, cercando di insegnare ai ragazzi come coprire il campo, dando loro due o tre nozioni massimo.
In queste categorie, e ti parlo sino ad arrivare all'Eccellenza, è inutile complicare la vita alle persone, con discorsi su schemi tattici e quant'altro; io ho sempre apprezzato molto allenatori che facevano della semplicità la loro arma migliore, come Farris ad esempio, che privilegiavano il lato umano a quello tecnico.
Prima di essere un tecnico voglio essere amico dei ragazzi.
Dobbiamo renderci conto tutti, a partire dalla federazione, che giochiamo in campionati dilettantistici».

 

Domenica è stata una partita molto combattuta, che ha visto l'espulsione, fra l'altro, del tecnico Vergari, del Capoterra.
«E' normale quando ci sono due squadre che si affrontano e vogliono vincere; il Capoterra ha messo in campo del sano agonismo, ma si è comportata in maniera assolutamente corretta; il calcio è basato anche sul confronto, non è una partita a dama; va tutto bene sin quando non si supera il limite del rispetto e del buonsenso.
Il calcio è un gioco maschio, io ho esordito a 14 anni in Prima Categoria e ho rimediato le mie belle espulsioni; ci è capitato anche, in una partita di questo campionato, di prendere cinque squalifiche e ancora mi chiedo il perchè.
Gli arbitri devono capire che viviamo in una dimensione dilettantistica, dovrebbero punire soltanto la cattiveria e non l'agonismo.
Sicuramente non fa mai piacere perdere, soprattutto perdere dopo aver subito 2 gol negli unici due tiri, ma il calcio fondamentalmente è bello anche per questo, capita anche in serie A che a volte la squadra più debole riesca a vincere con la più forte, è proprio per questo che è uno degli sport più amati e seguiti al mondo.
Noi abbiamo un organico nettamente inferiore a squadre come Halley e Capoterra, probabilmente inferiore anche rispetto alla posizione di classifica che occupiamo; l'anno scorso abbiamo pareggiato 15-16 partite, tutte negli ultimi minuti, significa che ci mancava qualcosa.
Quest'anno ci sta capitando molto meno, ma fa parte del dilettantismo, dove conta più l'entusiasmo che la tecnica.
E' una cosa di cui dovremmo tutti tenere conto, per capire che probabilmente il mercato in queste categorie non ha senso, così come la possibilità di svincolo per i venticinquenni o la regola dei fuori quota; in questo modo le squadre non riescono a costruire nulla e si fa troppo affidamento sui soldi, oltre tutto moltissimi ragazzi si allontanano dal mondo del calcio.
Quando ho esordito io in Prima Categoria non avevo ancora 15 anni, ma giocavo semplicemente perchè l'allenatore mi ha dato fiducia, non perchè c'era un obbligo.
Corriamo il rischio di illudere i ragazzi, di creare false aspettative; sarò malinconico, non lo so, ma a me piace un calcio vecchio stile, dove i bambini si sporcavano le scarpette con il fango e non esisteva ancora il manto sintetico; è tutto troppo virtuale.
Dobbiamo ricordarci sempre che siamo dilettanti, troppi soldi non fanno altro che inquinare l'ambiente.
I Rangers Quartu avrebbero potuto fare la richiesta di ripescaggio in Prima Categoria, ma io non ero d'accordo, perchè vorrei arrivarci facendo maturare i miei ragazzi e guadagnandola sul campo, è giusto che lo sport sia così; se poi c'è qualche ragazzo pronto per confrontarsi con realtà più importanti è giusto che cambi squadra; io comunque tutta questa differenza fra le categorie nemmeno la vedo.
La gratificazione più grande arriva quando i ragazzi si affezionano alla maglia: a noi è capitato con il nostro portiere, che ha rifiutato offerte importanti, scegliendo di restare con noi; se invece fai il mercante non costruisci niente di buono, e te lo dice uno che ha giocato in venticinque società diverse».

 

Cosa ti spinge ancora a continuare con il calcio?
«Quello che ti spinge è sempre e soltanto la passione; io ho smesso per alcuni anni a causa di problemi di salute e ora mi sta ricapitando anche di giocare con gli over; chi pensa come me di essere stato salvato da un campo, anche caratterialmente, non può fare a meno di continuare a fare ciò che ama.
La passione non cambia in funzione dei soldi che ti danno; io faccio l'allenatore ma non mi tiro indietro se c'è da dare una mano in altre mansioni: faccio l'accompagnatore, il dirigente, il magazziniere; mi diverto ancora e penso che sia questo lo spirito per affrontare il calcio dilettantistico.
Mi fa piacere quando vedo i miei ragazzi che entrano in quest'ottica e proseguono sino ad arrivare agli over, così come sta capitando a noi.
Il bello è che con i Rangers ci capita di toglierci anche qualche soddisfazione: due anni fa abbiamo fatto i play-off, in un campionato che vedeva tra le altre il Guspini, il Decimo, il San Sperate; di solito queste squadre rappresentano un paese intero, hanno risorse ben diverse; noi non rappresentiamo tutta Quartu, siamo soltanto una piccola parte.
Riusciamo a malapena a pagare l'iscrizione al campionato e le visite mediche ai ragazzi; il nostro budget ogni anno è sempre più ridotto, ma noi la viviamo in maniera molto serena.
Ci sono squadre iscritte per il primo anno al campionato di Terza Categoria che, da quanto mi dicono, hanno speso già 15 o 16 mila euro; noi ne spendiamo a malapena 3 mila e sopravviviamo grazie alla disponibilità di chi ci regala, ad esempio, l'attrezzatura.
Penso che lo spirito del dilettantismo sia proprio questo, e la politica dei Rangers Quartu è chiara: soldi non ce ne sono, e questo vale per tutti; se qualcuno non è d'accordo è libero di andare a giocare altrove.
Qui non si fanno i soldi, al massimo bisogna metterne (ride).
Penso che anche voi che vi occupate del nostro mondo, che scrivete gli articoli, dovreste occuparvi non di elogiare il più forte, o quello che vince i campionati, ma dovreste secondo me raccontare tutte le piccole storie che ci sono attorno; sarebbe molto più piacevole da leggere; raccontare la storia del nostro Caria ad esempio, che ha iniziato a giocare a pallone tardissimo, potrebbe essere interessante (ride); con lui puoi parlare di questioni tattiche, non con me (ride).
Il calcio è bello perchè tutti ci possono giocare, non ci vogliono particolari doti fisiche, non è come il basket, che se non hai un'altezza minima sei praticamente tagliato fuori.
Nel calcio ci sta quello basso, ma veloce; quello alto lento, quello claudicante come Garrincha, quello magrolino e quello un po' più robusto: dipende sempre da come ti inserisci all'interno di un gruppo, di una squadra.
Il compito dell'allenatore, soprattutto a questi livelli, è proprio quello di far rendere al meglio il materiale umano che ha a disposizione.
Io quest'anno sono relativamente incavolato, ad esempio, perchè a differenza delle passate stagioni, stiamo subendo un po' troppo a livello difensivo: per fare gol devi avere gli attaccanti bravi, è un discorso di qualità; non prenderle invece, secondo me, è più una questione di organizzazione: io dico sempre ai ragazzi che la cosa più importante è difendersi; è inconcepibile per me aver perso una partita per 6 a 0, può succedere, è ovvio, non ne faccio assolutamente un dramma; siamo sempre stati bravi a difenderci, in tutti questi anni, ed è normale che uno usi le armi che ha a disposizione; chi vince i campionati, di solito, è la squadra che ha la migliore difesa; per segnare molti gol bastano semplicemente due attaccanti forti.
Quando giocavo come attaccante, preferivo farlo in squadre che non concedevamo molto all'avversario; in attacco magari ti capitano meno occasioni, ma può essere un vantaggio, perchè ti aiuta a rimanere più concentrato e a sfruttare al massimo le poche palle giocabili che ti arrivano.
Sarebbe bello portare tutti questi discorsi in federazione, riuscire a premiare la squadra che schiera il maggior numero di giovani, ad esempio; mi capita di simpatizzare con quelle squadre e quegli allenatori che affrontano campionati difficili affidandosi a dei ventenni, senza nessuna paura; fa parte della mia natura.
Sono le società che poi però devono investire sui giovani e non sui giocatori di trent'anni».

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2012/2013
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