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Massimiliano Paba, allenatore, Latte Dolce
«L'ultima stagione? La più difficile, mi ha segnato e insegnato tanto»

Latte Dolce, Paba saluta dopo 4 anni: «Si è chiuso un ciclo bellissimo, giusto cambiare. Via a testa alta e felice di aver sempre raggiunto gli obiettivi»

Quattro anni di successi e di obiettivi sempre raggiunti e ora l'addio per aprire una nuova parentesi nel suo percorso da tecnico. Massimiliano Paba saluta il Latte Dolce a distanza di una settimana dalla gara di Lanusei, con la salvezza messa in tasca il turno precedente. «Si è chiuso un ciclo bellissimo - dice il tecnico giunto al club sassarese dal Fertilia nell'estate del 2014 - Dopo quattro anni ricchi di grandi successi è giusto cambiare e ritrovare nuovi stimoli. Vado via a testa alta e felice di aver sempre raggiunto gli obiettivi in ogni stagione, spero di aver lasciato un qualcosa di buono a tutto l'ambiente come tecnico e persona. Io conserverò un bellissimo ricordo di questa esperienza, ringrazio in particolare i miei collaboratori tecnici come Dino Palmas e Roberto Merella, il preparatore atletico professor Giuseppe Madrau e i dirigenti Adriano Fantoni e Alessio Marras coi quali c'è un grande rapporto di amicizia, affetto e stima reciproca, loro mi hanno voluto fortemente al Latte Dolce. E ringrazio i tifosi che ci sono stati sempre molto vicini».

 

Un addio che non fa da preludio ad una nuova e imminente esperienza. «Non ho nessuna trattativa in corso - chiarisce Paba - o discorso aperto con alcuna società. Ci tenevo a salutare il Latte Dolce, poi quello che mi riserverà il futuro non lo so. Mi rendo disponibile a valutare ogni proposta dovesse arrivare ma non sono legato alla categoria, per me è più importante il progetto e la serietà dei dirigenti». Ecco i ricordi più bello dei quattro anni in biancoceleste: «Sarebbe facile dire la vittoria dell'Eccellenza, una grande cavalcata fatta di 29 risultati utili di fila, con numeri stratosferici e con un gruppo fantastico. Ma conservo gelosamente la salvezza dello scorso anno ottenuta con la stessa squadra che ha conquistato la serie D e che veniva data per spacciata per la precarietà di una rosa fatta low cost. È stata una grande soddisfazione per me e per la società. Ma non è da meno neanche la finale playoff regionale poi persa col Castiadas, era il mio primo anno al Latte Dolce che veniva dalla retrocessione dalla serie D e stava riaprendo un ciclo con un gruppo di giocatori che con me erano stati nel Fertilia. Ripetersi è sempre più difficile, sono stati 4 anni bellissimi nei quali il Latte Dolce ha raggiunto il massimo splendore della sua storia». Paba ha stretto ottimi rapporti con tanti dei giocatori allenati: «Dovrei fare un lunghissimo elenco e rischio di dimenticarne qualcuno, sono molto legato al gruppo storico dei primi tre anni che mi ha dato tanto, con ciascuno di quei giocatori c'è un rapporto molto forte».

 

La stagione appena conclusa era iniziata con l'esonero dopo la prima gara di Coppa Italia, tra l'altro vinta col Budoni, per poi essere richiamato con la squadra ultima in classifica con 3 punti in 6 giornate. «È stata la stagione più difficile da quando alleno per diversi motivi dal punto tecnico e gestionale - osserva il tecnico - Mi ha segnato tantissimo e anche insegnato tantissimo perché si migliora sempre e in qualsiasi situazione. Mi ha provato molto dal punto di vista emotivo con la soddisfazione finale per aver raggiunto ancora l'obiettivo. Un motivo di grande soddisfazione vista la non facile estate passata quando percepisci la mancanza di fiducia e che non tutti sono allineati col tuo pensiero». Mister Paba non entra nello specifico dell'interruzione del rapporto durata quasi due mesi ma spiega il perché ha detto sì al richiamo del club: «L'ho fatto per l'attaccamento che ho verso i ragazzi e la società. Vedere il Latte Dolce in quella situazione difficile di classifica mi dispiaceva e c'era la voglia di riprovarci accettando una bella sfida dopo la sofferenza per i modi dell'allontanamento».

 

È comunque un Massimiliano Paba che ha arricchito il proprio bagaglio da tecnico: «I due anni in serie D sono stati un banco di prova notevolissimo per quanto l'Eccellenza sia un campionato difficilissimo ma che ho fatto sempre, e fortunatamente, con squadre di alta classifica. In quarta serie ho dovuto confrontarmi con obiettivi differenti ma mi ha migliorato tanto sotto diversi punti di vista. Sono stati due anni molto formativi e stressanti, non puoi concederti mai un momento di rilassatezza, non puoi commettere mai un mezzo passo falso. Non solo la preparazione della partita ma la lettura della stessa è di una difficoltà incredibile perché incontri avversari di spessore e tecnici bravissimi, molto preparati tatticamente e che sanno cambiare la partita in ogni momento e verso i quali devi saper rispondere con immediatezza».

 

Dopo aver chiuso il girone d'andata con 18 punti in 9 gare, nel ritorno si è fatta un po' di fatica nel finale con il traguardo salvezza tagliato solo alla penultima giornata. Il tecnico spiega il rallentamento: «Era stata fatta una rincorsa importante e tenuto passo da playoff per uscire dalle sabbie mobili poi, complice qualche infortunio come quello di Paolo Palmas - il giocatore che ci stava garantendo quei gol indispensabili - o di Alessandro Masala, il giro di squalifiche e il calo di condizione, siamo arrivati un po' in apnea e provati mentalmente. È stata dura ma era prevedibile vista la grande rincorsa, ci sono stagioni che nascono male e che non si riesce neanche a raddrizzare ma noi l'abbiamo fatto. C'è da dire poi che avremmo meritato molti più punti, la classifica finale non dà i giusti meriti ad una squadra che ha fatto belle prestazioni. Nella stessa partita che ci ha dato la salvezza, quella col Trastevere, abbiamo colpito pali e avuto tante occasioni ma la palla non voleva entrare; con l'Anzio ci è stato annullato un gol in modo scandaloso, il rigore sbagliato e poi abbiamo perso. A San Teodoro c'era la possibilità di vincere ed è finita 3-3, col Flaminia abbiamo subito il gol-partita su una punizione irregolare. Senza andare al girone d'andata. Però fortunatamente ci sono state anche grandi vittorie da ricordare, quest'anno quelle in trasferta con Albalonga e Ostia e in casa col Cassino giunta nei minuti finali. L'anno scorso, in assoluto, quella prestigiosa che facemmo contro la capolista Rieti su un campo ancora imbattuto. Ma la partita più bella è stata in Eccellenza, in casa dell'Atletico Uri, era uno scontro diretto che poteva annullare il nostro vantaggio e, invece, andammo a + 6, ricordo bene l'abbraccio di tutti i ragazzi venuti in panchina dopo il gol di Usai». 

 

La sei squadre sarde hanno sempre stazionato nella parte bassa della classifica e si è persa la metà del contingente. «La spiegazione è una - dice Paba - a parte il livello tecnico delle squadre laziali c'è da considerare anche quello organizzativo, club con dei trascorsi professionistici, con un budget di molto superiore e con in rosa giocatori dal peso economico importante. Il parco fuoriquota è molto forte, perché il bacino d'utenza del Lazio è nettamente superiore al nostro, arrivano ragazzi dai settori giovanili delle squadre professioniste, i nostri giovani pagano dazio in questa categoria, non sono abituati ad un livello così alto. Per le squadre sarde è sempre tosta, specie nel girone G che è riconosciuto da tutti tra i più difficili della categoria».

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2017/2018