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Protocollo
Così non si fermano i rinvii, l'arbitrarietà tra chi sta a casa e chi si allena

Lnd, il nuovo protocollo non risolve granché: come scindere i "contatti stretti" del positivo dagli altri compagni che non vanno in quarantena?

Atteso da un mese quale leva decisiva per riprendere nel modo più regolare possibile il campionato di serie D, per tutto novembre impegnato solo con gare di recupero, l'aggiornamento del "protocollo sanitario per i campionati nazionali della Lnd" redatto dalla FIGC lascia la quarta serie del calcio dentro ulteriori sabbie mobili. È spuntata una prima versione, ritirata quasi subito; poi è stata pubblicata quella definitiva, la quale evidenzia di non aver centrato il problema che ha portato, ad esempio, a rinviare il 58% delle gare messe in calendario l'1 novembre scorso e di non riuscire a completare il piano dei quasi 100 recuperi in 5 domeniche (dall'8 novembre al 6 dicembre); infine si è ritenuto, con altrettanta immediatezza, di rilasciare un aggiornamento che continua a non liberare i 166 club di serie D dalle pastoie che si innescano all'affiorare di un caso positivo all'interno del gruppo squadra.

 

Il testo definitivo della FIGC, nato sulla proposta d’integrazione fatta dalla Lega Nazionale Dilettanti tramite il suo responsabile medico - il professor Carlo Tranquilli - partiva, giustamente, dall'inserimento obbligatorio di un test settimanale (anche coi Test antigenici quantitativi, il c.d. tampone rapido), a carico delle società, entro le 48/72 ore antecedenti la disputa della gara per tutto il gruppo squadra; ciò che è previsto ad esempio nel protocollo per la serie A. Un costo che i club di serie D sono anche disposti a sostenere per la grande voglia di proseguire la stagione. Il calciatore positivo (se da tampone rapido il risultato va poi confermato col tampone molecolare) andrà posto in isolamento/quarantena e non potrà essere schierato in campo, mentre si consente il proseguimento degli allenamenti per i soli componenti del Gruppo Squadra che non siano stati identificati come “contatti stretti” del caso positivo. 

 

Nella primissima versione, poi tolta, i calciatori negativi ai Test che non rientrano fra i "contatti stretti" del caso positivo dovevano essere comunque sottoposti a Test (molecolari o antigenici rapidi) ogni 2 giorni, fino al termine della quarantena. Perciò voleva dire restrizione dei movimenti da parte dei calciatori negativi per la durata del periodo di incubazione del virus e far fare ben cinque "giri" di tamponi nei dieci giorni successivi alla positività accertata in un componente del gruppo squadra col primo giro che sarebbe toccato il giorno della gara. Il costo per le società di serie D si sarebbe quintuplicato - e facendo uno screening obbligatorio alla settimana con l'attuale diffusione del virus è molto facile trovare il positivo nel gruppo squadra - ma si sarebbe ottenuto un monitoraggio con tamponi ogni 48 ore così come è previsto nel protocollo per i professionisti che, di fatto, praticano uno sport di contatto non diverso dai dilettanti e fronteggiano un virus che è uguale per tutti. Va ricordato anche che nei professionisti, al termine della gara, i componenti del “gruppo squadra” devono riprendere il periodo di quarantena fino al termine previsto, sotto sorveglianza attiva quotidiana da parte dell'operatore di sanità pubblica del Dipartimento di Prevenzione territorialmente competente.

 

Nella versione definitiva, aggiornata solo per il caso di "disputa di più gare nel corso della stessa settimana" con il test settimanale che va "comunque effettuato prima della gara programmata nel fine settimana", per i calciatori negativi ai Test che non rientrano fra i "contatti stretti" del positivo, ovvero per i quali non vi sia stato nessun contatto diretto con il caso confermato nel Gruppo Squadra (chiamati anche "contatti stretti di contatti stretti di caso positivo"), non è prevista quarantena né esecuzione di test diagnostici in ottemperanza alle raccomandazioni del Ministero della Salute del 12/10/2020.

Ma in uno sport di contatto e in una categoria come la serie D, in cui ci si allena sei volte alla settimana e i calciatori convivono in gruppo nelle case se non addirittura in una foresteria, viaggiano in aereo, pranzano e cenano insieme non solo nelle trasferte, non è facile poter scindere i "contatti stretti" (i contatti diretti col positivo) che vanno isolati dai "contatti stretti di contatti stretti di caso positivo" (i contatti indiretti col positivo) che continuano ad allenarsi e quindi giocare. Oltre al fatto che le ordinarie attività di “contact-tracing” vengono fatte principalmente dal Medico Sociale o del MAP (Medico Addetto al Protocollo) che, in caso di positività al test molecolare o antigenico rapido, "hanno l'obbligo di darne immediata comunicazione (con la collaborazione attiva dell’interessato e della Società) al SISP della ASL competente per territorio e al Medico di medicina generale dell’interessato". 

 

L'arbitrarietà nel formare l'elenco dei "contatti stretti" potrà portare lo stesso ad essere gonfiato per arrivare al rinvio di un match o a mantenerlo esiguo per disputare la gara in programma, il che riporta immediatamente al problema di rinvii reiterati che si è evidenziato a ottobre e novembre e che ha portato il tecnico del Latina Raffaele Scudieri a far notare che succedono "delle cose poche simpatiche, qualcuno fa le tarantelle ma le cose si sanno. Se chi ha iscritto le squadre al campionato poi vuole tenerle a casa farebbe più bella figura a ritirarle".

Questa "forbice" nella formazione dell'elenco in seguito al “contact-tracing” potrebbe essere annullata se la Commissione Medico Scientifica Federale riuscisse a rendere meglio identificabile il "contatto stretto" di caso positivo nel gruppo squadra col fatto che lo stesso protocollo sanitario ricorda a tutti gli attori del calcio l'osservanza di rigide prescrizioni volte ad evitare, in modo assoluto, ogni contatto stretto.

 

La comunità medico-scientifica definisce "contatto stretto di caso positivo al Covid-19" una persona che:

    ♦ convive col caso positivo;

    ♦ ha avuto un contatto fisico diretto (ad esempio una stretta di mano) con un caso positivo o con oggetti contenenti le secrezioni di un caso positivo (ad esempio un fazzoletto);

    ♦ si sia intrattenuta con un caso positivo per almeno un quarto d’ora a meno di 2 metri di distanza, senza uso di Dispositivi di Protezione Individuali (ad esempio la mascherina);

    ♦ si è trovata in un ambiente chiuso (ad esempio un’aula, una sala riunioni…) con un caso COVID-19 in assenza di Dispositivi di Protezione Individuali idonei;

    ♦ ha viaggiato seduta in treno, aereo o qualsiasi altro mezzo di trasporto entro due posti in qualsiasi direzione rispetto a un caso COVID-19 o fa parte del personale di bordo addetto alla sezione dell’aereo/treno dove il caso indice era seduto.

 

I cardini della prevenzione del contagio nel gruppo squadra, evidenziati dal protocollo sanitario, sono:

    ♦ il distanziamento obbligatorio di almeno due metri nel corso di riunioni all’aperto e la limitazione delle riunioni al chiuso anche di tipo tecnico, evitando l’uso degli spogliatoi o favorendone, ove consentito, l’uso in modo da evitare ogni assembramento o contatto stretto;

    ♦ il divieto di abbracci, e altri comportamenti a rischio (quali cantare, gridare, e avvicinarsi faccia a faccia) tra calciatori/tecnici/dirigenti in occasione di gare e allenamenti;

    ♦ il divieto di attività sociali che comportino la presenza contemporanea di più componenti il gruppo squadra;

    ♦ l’utilizzo privilegiato dei mezzi di locomozione individuali;

    ♦ interdizione di ogni attività sociale al di fuori del gruppo squadra effettuata senza rispetto delle precauzioni generali suddette (lavoro, scuola, familiari non conviventi, conoscenti ecc.), che rappresenti un concreto pericolo di contagio da parte dei singoli componenti il gruppo squadra (ad esempio, cene tra atleti o con amici, feste, conferenze, riunioni di qualsiasi tipo, etc.).

In questo articolo
Campionato:
Stagione:
2020/2021