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Un comma nel decretone permette un unico grado di giudizio

Lo "scudo" dei protocolli tra la battaglia per le risorse economiche e come evitare la marea di ricorsi a campionati chiusi

Da un lato c'è la battaglia per ottenere quante più risorse possibili per contrastare l'inevitabile crisi economica del calcio dilettantistico, dall'altra c'è il rischio dei ricorsi a catena una volta che verrà deciso lo stop e affrontato il tema delle promozioni e retrocessioni. In mezzo, da diverse settimane, è stato messo lo "scudo" dei protocolli per prendere il tempo necessario affinché gli obiettivi più importanti possano essere portati a compimento. 

 

Sul primo obiettivo, giovedì scorso, la dichiarazione del presidente della Lnd Cosimo Sibilia è stata eloquente: «Non ci sono ancora riscontri concreti  ma vi è di sicuro un’ulteriore conferma che le nostre istanze sono state recepite dal Governo per consentire l’attuazione di provvedimenti straordinari in favore dello sport di base, e quindi anche del calcio dilettantistico. La conferma di questa volontà costituisce anche una risposta a chi ha continuamente invocato, con vari mezzi e formule magiche, quella chiusura immediata che avrebbe privato la LND della capacità di interloquire restando protagonista nel dibattito». E si basa sul fatto che già da fine marzo il Ministro dello Sport Vincenzo Spadafora aveva ribadito come «lo sport non è solo il calcio e il calcio non è solo la serie A» impegnandosi nel «destinare un piano straordinario di 400 milioni allo sport di base, alle associazioni dilettantistiche sui territori, a un tessuto che sono certo sarà uno dei motori della rinascita». I numeri parlano chiaro: 1 milione di tesserati dilettanti (il 98% del calcio), oltre 12 mila società e oltre 560 mila gare da organizzare all'anno, 2,1 miliardi generati dal movimento con 98mila posti di lavoro (leggi il report 2019 sul calcio). 

Sibilia è rimasto sul tavolo da gioco "lasciando aperto un minimo spiraglio" affinché "i campionati della Lega Nazionale Dilettanti si concludessero sul campo" attendendo "un protocollo per i nostri club". Poi una settimana ha ammesso, di fatto, che lo "scudo" del protocollo perdeva forza anche perché non poteva essercene uno dedicato ai dilettanti che, in quanto cittadini prima che sportivi, rischiano il contagio al pari dei calciatori professionisti se non possono applicare il distanziamento sociale: "Il calcio viene dato come sport ad alto rischio contagio, ed è difficile pensare ad un protocollo light per la ripartenza. Non dobbiamo più preoccuparci di come chiudere oggi ma pensare a come ripartire domani».

 

E nel ripartire domani c'è non solo l'aspetto economico - i famosi 400 milioni a fondo perduto - ma anche la gestione delle classifiche qualsiasi modello si segua tra quelli adottati in Europa: la Francia ha congelato le classifiche e decretato promozioni e retrocessioni (leggi qui); l'Olanda ha annullato i campionati senza assegnare lo scudetto e decretare promozioni e retrocessioni (leggi qui); così ha fatto anche l'Inghilterra con il calcio dilettantistico (leggi qui). In tutti questi paesi si annunciano i ricorsi.

E questo è un tema scottante che l'Italia ha vissuto nel post Calciopoli. Secondo quanto riportato oggi da Repubblica, nella bozza del decreto rilancio di 454 pagine è presente, all’articolo 211, un punto dedicato alle "disposizioni processuali eccezionali per i provvedimenti relativi all’annullamento, alla prosecuzione e conclusione dei campionati". Ciò vuol dire che alle varie Leghe (serie A, B, C e Dilettanti) viene concessa facoltà di annullare, proseguire o concludere i campionati, decretare le classifiche finali ma gli eventuali ricorsi saranno gestiti in modo centralizzato passando in un unico grado di giudizio presso il Collegio di garanzia dello Sport del Coni. Annullando i due gradi di giudizio federali non si rischia di paralizzare lo sport.

 

 

A questo punto, il timing del calcio è scandito: il Governo, dopo aver ascoltato i pareri del Cts e dei ministeri competenti (Sport e Salute), darà il suo verdetto valutando anche l'andamento della curva dei contagi a due settimane dalla fase due. E lo farà, quindi, non prima del fine settimana, al massimo all'inizio della prossima. Poi toccherà al Consiglio Federale, dopo il rinvio dell'8 maggio, nel quale si stabilirà come organizzare la ripresa per quei campionati che potranno tentare il riavvio (Serie A e Serie B, mentre la Lega Pro si è già espressa per lo stop) ricordando che nelle decisioni la Lega Serie A pesa per il 12%, Lega Serie B per il 5%, la Lega Pro per il 17%, la Lega Nazionale Dilettanti per il 34%, l'Aic (i calciatori) per il 20%, l'Aiac (gli allenatori) per il 10% e l'Aia (gli arbitri) per il 2%.

Dopodiché, come ha ricordato una settimana fa il presidente del Comitato Regionale sardo Gianni Cadoni, si faranno questi passi: «Il Consiglio Federale è l'organo supremo che decide sul calcio e darà delle indicazioni precise se si dovrà continuare sul campo oppure no. Verranno date delle linee guide importanti, a seguire ci sarà un nostro Consiglio Direttivo della Lnd, composto dai 20 presidente dei Comitati Regionali, coordinati da Sibilia, e i Consiglieri federali di area dilettanti, nel quale si dibatterà su come terminare i campionati». 

In questo articolo
Campionato:
Stagione:
2019/2020