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Ma qui non siamo nella NBA
Ripescaggi e riflessioni

Ma qui non siamo nella NBA

Dopo una stagione per certi versi esaltante, nella quale ha messo in mostra un gioco a tratti trascinante, regalando grandissime prove davanti ad un PalaConi gremito, il Cagliari ha mancato la promozione in A1 per un gol subito nel supplementare dell'ultimissima fatica dei playoff.

 

Il Paolo Agus, a sua volta, nonostante la splendida vittoria della Coppa Italia, che ha mostrato come i ragazzi di Chicco Cocco fossero tra i migliori dell'intera serie B, ha perso al primo turno dei playoff, la possibilità di conquistare sul campo il passaggio in A2.

 

Stessa sorte per l'Ossi: secondo in campionato, vincente ai primi due turni di playoff, ma fuori per differenza reti all'ultimo, quello decisivo per salire in B.
Potremmo aggiungere i casi di Quartiere Marina e Norbio Villacidro, sconfitte nelle semifinali del playoff per la C1.

 



Cosa accomuna tutte queste squadre, oltre all'amaro sapore che si ritrova in bocca chi giunge sul rettilineo finale ma perde la volata? Il dolce sapore (?) di chi vede comunque assegnarsi a tavolino l'agognata meta.
Tutte saranno infatti, oramai è quasi certo, promosse. E tutte, non è un mistero, stanno attrezzandosi per la serie superiore. Chi riattando il palazzetto, chi movendosi sul mercato, chi inseguendo allenatori all'altezza della categoria superiore.
Il movimento nostrano (forse) ci guadagna e dunque non possiamo che esserne lieti. Ma se ci hanno insegnato che nei campionati sportivi dominano due modelli, quello europeo e quello americano, e che se quest'ultimo garantisce che solo società all'altezza (finanziariamente solide, con un bacino di pubblico adeguato e strutture consone ad ospitare le gare casalinghe) partecipino ai campionati migliori, mentre il primo, più romanticamente, porta con sè il fascino della sacralità del risultato sportivo (anche la squadra meno attrezzata, più "povera" e perfino più scarsa sulla carta può accedere ai campionati più elevati, purché lo faccia vincendo sul campo); se queste sono le uniche alternative possibili, noi qui ci stiamo costruendo una terza via che unisce il peggio di entrambi i modelli.

Abbiamo nascosto sotto il tappeto la dittatura indiscussa del risultato ma, allo stesso tempo, continuiamo ad avere tornei sostanzialmente brutti, in cui una squadra si ritira a metà stagione, un'altra manda via gli stranieri e si indebolisce drammaticamente da una giornata all'altra, un'altra ancora affronta il campionato con l'under 21 e diverse non si presentano in più di una gara in trasferta.
Per carità, si dirà che nel calcio a 5 è sempre stato così. Il Capoterra 2000 ha mantenuto la categoria a suon di ripescaggi in più di un'occasione, il Quartiere Marina o la Teleco si sono aggrappate alla serie B dopo campionati conclusi senza raggiungere la doppia cifra in classifica, perfino il simpatico Tuili, all'alba del millennio, concluse il primo campionato di C1 della storia del calcio a 5 sardo senza fare un punto, dopo esser stato ammesso per "meriti sportivi" (ovvero, pare, il merito che in Italia vale di più: l'amicizia di un politico influente).
Ma se gli anni passano e niente migliora, non è una bella notizia. Anzi.

E poi, soprattutto, chi come noi scende in campo, lo fa per giocare fin quando fa male, fin quando ce n'è (per dirla con Ligabue) con lo stesso spirito di chi passa le serate davanti al biliardino: con l'animo del guerriero ma il sacro rispetto per la vecchia regola: chi vince sfida, chi perde esce.

In questo articolo
Stagione:
2012/2013
Tags:
Serie A1
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