«Dispiace per la fine dei Rangers Quartu»
Il presente di Gherazzu targato Dolianova: «Porto avanti il mio discorso, son sereno»
Enrico Gherazzu, chiusa l'importante parentesi con i Rangers Quartu, incomincia a raccogliere i primi frutti con il Dolianova: un progetto tutto nuovo, una sfida entusiasmante che il tecnico, dall'alto della sua esperienza, sta affrontando nel migliore dei modi, con la grande saggezza che lo contraddistingue.
I risultati, al momento, sono confortanti: dopo la sconfitta rimediata all'esordio ad opera della corazzata Borgo Sant'Elia guidata da Miro Murgia, il Dolianova ha collezionato infatti ben quattro risultati utili consecutivi, piazzandosi al quinto posto.
«Noi pensiamo a lavorare – dichiara Gherazzu -, i risultati sono un insieme di elementi che si combinano, di fortuna o sfortuna, determinanti sopratutto in queste categorie: succede in Serie A, figuriamoci in Seconda .
La partita con la Jupiter poteva andare diversamente, come quella col Sant'Elia dove abbiamo perso 5 a 2.
Loro sono stati bravi, hanno fatto cinque gol, però il livello è sempre relativo in queste categorie.
I risultati derivano da un insieme di cose, di circostanze che spesso sono dettate dagli stimoli del gruppo, dagli obbiettivi e via dicendo».
La nuova avventura con il Dolianova sta regalando grandi soddisfazioni, ma il passato targato Rangers è difficile da dimenticare.
«Io gioco a calcio da quando avevo 7 anni, ho dedicato otto anni della mia vita ai Rangers, non solo facendo l'allenatore, ma occupandomi di altri mille faccende; non ho mai fatto campagna acquisti, non mi interessava farla, facevamo giocare tutti quelli che venivano in campo e si allenavano. Seguivamo giusto quelle due o tre regole semplici che secondo me appartengono al convivere delle persone in generale e non solo in un gruppo sportivo: entravano in campo quelli che ritenevamo più corretti e che si allenavano di più.
Con i Ranger ci siamo tolti delle soddisfazioni, abbiamo perso lo spareggio negli ultimi minuti che ci avrebbe portato in Prima Categoria, un bel traguardo per una società che spendeva 0 lire, dove spesso i ragazzi erano costretti per necessità a partecipare alla crescita della società non solo come calciatori, spesso sono diventati accompagnatori, guardalinee, dirigenti eccetera.
C'era un ambiente molto tranquillo e sereno, a me piange il cuore che non ci sia più una squadra che si chiama Rangers Quartu.
Ora c'è il Dolianova, un progetto che ho sposato assieme a quelli che avevano la possibilità di viaggiare, stiamo portando avanti le nostre cose a Dolianova, in maniera serena e tranquilla».
Il tecnico scatta una fotografia al girone, dominato, almeno per il momento, dal Borgo Sant'Elia: quella offerta da Gherazzu è però un'analisi di più ampio respiro.
«Il Sant'Elia ha sicuramente qualche giocatore che fa la differenza, l'ha dimostrato contro di noi, vincevamo 2 a 1 a mezz'ora dalla fine e sono stati bravi a ribaltare il risultato, sono esperti, è la squadra che ha più possibilità di vincere il campionato secondo me.
Il discorso a monte che va fatto è che vincere un campionato o non vincerlo dipende dalla struttura che hai dietro, lo dimostrano tutte le squadre sarde.
Uno dei motivi che mi hanno spinto ad andare a Dolianova è il fatto che hanno gli juniores che hanno vinto il campionato, hanno dei ragazzi su cui si può lavorare, poi che arrivino o meno a giocare in prima squadra è un altro paio di maniche.
I giovani devono giocare perché sono i più bravi, non perché sono i meno peggio: un ragazzo va in prima squadra perché è più bravo anche di uno che ha 30 anni, questo deve essere il ragionamento; io ho iniziato a giocare a 15 anni non perché ero un fuori quota ma perché evidentemente qualcuno mi riteneva più bravo di un altro.
Oggi il problema – continua Gherazzu - è che con il discorso dei fuori quota fanno giocare spesso ragazzi che poi, superata l'età massima, si ritirano completamente dal calcio: si creano false illusioni, si allontanano le persone da questo gioco.
Non c'è più passione, e questo ha abbassato il livello.
Se si esclude il Cagliari di Cellino, c'è il vuoto assoluto: non c'è investimento sulle risorse umane, sulle strutture, non c'è voglia di farlo perché la passione è sempre meno; si vuole avere subito dei risultati dall'oggi al domani, senza capire che i risultati sono frutto di programmazioni, continuità del lavoro, e questo purtroppo manca».
Domenica in programma c'è la delicatissima trasferta contro il Flumini San Giorgio:
«Andremo a giocare su un campo difficile.; sarà una battaglia, come tutte le partite ovviamente.
Il fatto che abbiano zero punti non vuol dire niente.
Tra l'altro a Flumini ci sono buona parte dei ragazzi reduci dall'esperienza con i Rangers, non è vero che non hanno una bella squadra, perché ci sono giocatori che con me hanno fatto i titolari.
C'è un ragazzo storico, Giuseppe Caria, che ha cominciato a giocare a pallone a 25 anni, ha giocato prima d'ora solo nei Ranger; sono ragazzi che ovviamente se ci fosse stata ancora la squadra sarebbero rimasti li, ma è giusto che anche loro vivano altre esperienze, il calcio serve anche a crescere e maturare.
Hanno una squadra che non è inferiore alle altre, magari in questo periodo sono sfortunati, non riescono ad amalgamare un gruppo nuovo; l'Uragano Pirri e il Sant'Elia, ad esempio, giocano assieme da anni e non per caso sono in testa al campionato.
Noi stiamo creando un nuovo gruppo, i ragazzi devono conoscersi, imparare ad andare d'accordo.
Quella di domenica sarà la partita più difficile per noi: hanno zero punti, non hanno niente da perdere, se la giocheranno sino alla morte.
Affronteremo la gara in maniera molto serena e tranquilla, cosa che spesso manca in queste categorie, bisognerebbe fare un po' di educazione, non solo calcistica ma civica, bisogna rimettere tutto nella giusta dimensione, aiuterebbe molto gli arbitri ma anche i presidenti e le società stesse».