Il tecnico: Gare sempre tirate ma non vinciamo più
Sanluri in crisi, si dimette Prastaro: «Serve una scossa, il mio lavoro non colma il limite di una rosa giovane e incompleta»
Antonio Prastaro non è più l'allenatore del Sanluri. Dopo la gara persa a Castelsardo del 21 dicembre scorso e l'ultimo posto in classifica in condominio con l'Alghero è arrivata la decisione di rassegnare le dimissioni; sotto Natale c'è stato il tentativo del patron Paolo Pilloni di far tornare sui propri passi l'ex tecnico di Pula, Nuorese e Muravera che invece ha confermato la volontà di lasciare ad altri l'opportunità di tentare l'impresa della salvezza. «Pur facendo crescere diversi giovani questo non sta bastando - dice Prastaro - il mio lavoro evidentemente non colma il limite enorme che ci portiamo appresso dall'inizio stagione e, se non si può dare più nulla, è meglio farsi da parte affinché possa arrivare, mi auguro, una scossa ai ragazzi per ritrovare un po' di entusiasmo». Gli ultimi due mesi sono stati molto avari sul piano dei risultati, un po' meno su quello del gioco: «Abbiamo conquistato 1 punto nelle ultime 9 gare e questo spiega da solo le nostre difficoltà. Tra l'altro, il pareggio col Latte Dolce è arrivato nella gara dove meritavamo di meno, mentre con Alghero e San Teodoro siamo stati sconfitti al 93' e col Muravera intorno al 90'. Le partite sono state comunque tutte tirate e mai nessuno ci ha messo sotto ma poi capita che un'ingenuità la commetti sempre e perdi. L'organico è giovanissimo e, per di più, si è anche ridotto nel frattempo per squalifiche, infortuni e cessioni, così diventa durissima continuare».
L'infortunio dell'attaccante Caddeo, le squalifiche di Sanna, Ernesto Pilloni e Doro, i problemi di lavoro a dicembre di Di Laura e le recenti cessioni di Ruggiu (portiere), Lai (difensore) e Raab (attaccante) avevano depauperato un organico costruito al risparmio e con tante difficoltà. «Quando ti ritrovi ad avere sempre 4-5 Allievi, in aggiunta ai 5-6 Juniores - evidenzia Prastaro - diventa dura. Una piccola possibilità di salvarci c'era se si poteva continuare con la rosa di inizio stagione, di sicuro si doveva intervenire subito quando si è fatto male Caddeo nella gara col Ghilarza di inizio novembre, e bisognava farlo ora a dicembre con due innesti importanti. Solo così questo progetto avrebbe avuto per me ancora un senso». Non c'è polemica nelle parole del tecnico cagliaritano che in estate aveva accettato la scommessa di guidare una squadra da rifondare dopo l'iscrizione nell'ultimo giorno utile: «Per come è andata è facile dire che mi sono pentito, certo è che mi sarei aspettato una maggior partecipazione in generale. È il secondo anno che finisco prima la stagione (l'anno scorso si dimise da tecnico del Pula, ndr), evidentemente da due anni sbaglio le scelte fatte in estate».
Con il presidente Paolo Pilloni i rapporti sono sempre rimasti buoni («Lui ha tentato di trattenermi in questi giorni, mi ha chiesto di rifletterci ancora prima di lasciare ma io sono rimasto categorico nella mia decisione») ma ha avuto il suo peso la squalifica di 5 anni e il daspo ricevuto dal numero uno del club mediocampidanese per l'aggressione all'arbitro della gara col Tortolì. «Il presidente non c'era al campo in questi mesi - dice l'ormai ex tecnico dei biancorossi - e non può giudicare appieno come stiamo andando ora. Non facendo brutte figure, a parte l'8-1 di Lanusei, pensa sempre che ce la possiamo fare ma così non è. Anche domenica a Castelsardo abbiamo perso su un gol nato dal calcio d'angolo e avuto più occasioni degli avversari ma la sensazione è che non vinci mai; i giovani si sa che nelle vittorie si entusiasmano mentre nelle sconfitte si demoralizzano e credo proprio che quella pesante sconfitta in Ogliastra sia stata una mazzata che abbia inciso psicologicamente nel gruppo, oltre agli infortuni, le squalifiche e una rosa contata. I ragazzi hanno dei valori ma alla lunga paghi il non avere un attaccante di ruolo, con soli esterni e mezze punte non vai avanti»