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Francesco Mannoni, centrocampista, Torres
«La differenza? Gruppo serio e l'atteggiamento. Ai tifosi dico grazie»

Mannoni, l'addio alla Torres brucia ma l'amore resta: «Ci tenevo a fare la serie D, l'avevo meritata. Vincere in rossoblù una gioia immensa durata poco»

La serie D l'ha fatta nel passato recente proprio con la squadra che gli ha appena tolto la possibilità di rigiocarla. Francesco Mannoni ha le qualità intatte per continuare a calcare i campi della quarta serie, l'avrebbe riconquistata sul campo ma la Torres ha deciso che la strada con il centrocampista classe 1992 doveva separarsi. il 26enne di Porto Torres non fa polemica, l'eleganza e lo stile nel parlare dell'addio alla maglia rossoblù è identica a quella che mette ad ogni giocata. «La scelta tecnica ci può stare e non si discute - dice Mannoni - da parte della società magari mi aspettavo un qualcosa di più. D'altronde avevo firmato lasciando il lavoro con la squadra al 12esimo posto in Eccellenza, l'anno prima in serie D avevo detto sì a dicembre quando tutto sembrava finito e abbiamo mancato i playout di un niente. Un attimino più di riconoscenza e considerazione credevo di essermela meritata, ma sono e rimango torresino, anche in serie D cercheranno di fare le cose bene e partiranno con i fari spenti per sorprendere. In casa rossoblù c'è organizzazione, il presidente Sechi è una persone seria e ai giocatori non fa mai mancare niente, la Torres poi è un ambiente che ti fa togliere qualcosa in più fuori, sarà la mina vagante del girone».

 

I tifosi rossoblù. «Ci tengo a ringraziarli pubblicamente, da loro ho ricevuto tanti messaggi di gratitudine per quanto fatto nel campionato scorso. Fino a ieri qualche tifoso mi ha invitato a cena, sono quei segni che ti danno la consapevolezza di aver lasciato un bel ricordo. Io e i miei compagni abbiamo sudato la maglia rossoblù e loro è quello che vogliono, quello è l'atteggiamento in campo che li rispecchia. Il giorno della festa per la serie D ci hanno aspettato all'aeroporto e poi, intorno alla mezzanotte, siamo andati da quelli che all'ippodromo avevano visto la gara nel maxi-schermo, c'erano 500 persone ad aspettarci, è stato emozionante e non credo succeda da molte altre parti»

 

Il mercato non decolla. «Tutti pensavano fossi tra i riconfermati, davano per scontato che rimanessi ed erano convinti che fossi legato alla Torres. Perciò, molte società non mi avevano fatto la proposta e solo dopo hanno chiesto conferma se stessi andando via. Qualche propostina è arrivata ma è tutto molto fermo o quasi tutto già deciso in serie D. Io non ho la voglia di spostarmi di casa, lo studio e un altro lavoro che sto facendo sono le mie priorità ma vorrei giocare in serie D, l'ho sempre fatta e l'ho riconquistata sul campo, penso di essermela meritata e ci tenevo particolarmente. Non sono il "campione" che da solo cambia gli scenari ma credo di esser stato un fattore importante per la rincorsa fatta fino a vincere i playoff regionali e nazionali. Non ho mai nascosto la mia delusione ma ci tengo a smentire qualche voce in giro: non è vero che non mi sono accordato per una questione economica ma è stata una scelta tecnica comunicatami dalla società che è stata liberissima di averla fatta»

 

Chi ci credeva. «Io ho sempre puntato alto, bisognava essere ambiziosi. Abbiamo dimostrato che con la forza del gruppo i traguardi si raggiungo, siamo stati quelli che hanno meritato di più. Se la squadra costruita a novembre e dicembre fosse stata fatta all'inizio potevamo puntare ad ostacolare in maniera più importante il Castiadas. Ma aver ottenuto ugualmente la promozione è una soddisfazione immensa, da torresino vincere con la maglia rossoblù ti dà una gioia indescrivibile, che mi sono goduta per poco ma ho ricordi indelebili»

 

La differenza. «L'ha fatta l'aspetto fisico sicuramente, perché la squadra è stata allenata bene, e una serietà generale del gruppo. Non c'era nessuno fuori dal coro, gli allenamenti sono stati vissuti con professionalità. A Monastir c'è stato un passaggio a vuoto, perder così sotto Natale ha bruciato pesantemente ma, nel contempo, ci ha dato quella rabbia in più perché ci sentivamo forti ma non si riusciva a spuntarla. L'atteggiamento positivo è stato di tutti, anche se lontani in classifica ci abbiamo sempre creduto nella rimonta, ogni singolo è cresciuto e, di conseguenza, tutto il gruppo»

 

La vera svolta. «Nei playoff, per l'atteggiamento, la consapevolezza e la cattiveria messa in campo. Sarà che partire con l'obbligo di vincere per forza ti favorisce e quelli regionali sono stati i più duri, perché con gli avversari ti conosci e perché per noi erano comunque le prime gare da dentro o fuori. Infatti, la semifinale con lo Stintino è stata sentita di più, c'era tensione ma ci ha dato anche il via per proseguire con le vittorie. Nelle sfide nazionali ci parlavamo di squadroni come avversari e, alla fine, non so se siamo stati noi a sminuire Cuoiopelli e Cannara. Con entrambe in casa non abbiamo concretizzato come si doveva, così abbiamo allungato solo il brodo, vedendole dopo quelle sfide mi è sembrato fossimo nettamente più forti, di sicuro come spirito, questo lo si avvertiva»

 

La rosa ristretta. «Una scelta vincente anche perché non ci sono stati particolari infortuni ma solo qualche squalifica gestita comunque bene. In ogni caso avevamo dei giovani molto validi: Diouf era al primo campionato con una prima squadra ma ha colpi importanti, Casu è cresciuto tanto ed è diventato un bel giocatore, Bianco è un 2000 che ha fatto qualche gol importantissimo, per non parlare di Spanu che è un '97 e perciò all'ultimo anno da fuoriquota. Tutti hanno sempre ascoltato i più grandi e sono stati stra-decisivi in questa cavalcata»

 

I pareggi. «Non li ho mai giudicati negativi, se non abbiamo vinto sicuramente i meriti erano anche degli avversari. Mi ricordo la gara col Guspini, c'era un grosso vento e il campo pesantissimo che non esaltava le nostre qualità. Nel primo tempo una supremazia nostra, nella ripresa potevano vincere loro, è stato un pareggio che ha funzionato, come quello col Calangianus. Lì ci avevano attaccato per il punto ma l'importante è non perdere, bisogna sempre valutare le condizioni e gli avversari del momento. Siamo andati a Samassi con gli avversari che puntavano a farci il sorpasso in classifica, è stata molto equilibrata e giocata a scacchi coi portieri poco utilizzati ma i migliori in campo, Pinna e Manis fecero due grandi parate. Quel pareggio ci diede la consapevolezza della nostra forza al cospetto di un avversario che nel ritorno aveva il ritmo di una squadra importante e con giocatori esperti»

 

Il futuro. «Mi aspetto che qualcuno si ricordi di me, nel Sassarese ho ricevuto le chiamate da Uri e Sorso, squadre ambiziose in Eccellenza. La Nuorese è una pista viva ma in caso di ripescaggio. Ci tengo a fare la serie D ma ho finito di spostarmi, per farlo deve valerne la pena e non parlo dal punto di vista economico ma proprio degli stimoli. Aspettiamo, non è semplice ma quando non vivi solo di calcio hai altri interessi per distrarti»

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2018/2019