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Raffaele Cerbone, allenatore, Budoni
«Stagione travagliata e poca considerazione verso l'uomo, la riconoscenza non esiste»

Budoni, Cerbone ai saluti: «Non ci sono i presupposti per continuare. La salvezza diretta è stata straordinaria, vale più di quando facemmo il record di punti»

Raffaele Cerbone non guiderà il Budoni per la prossima stagione. Il tecnico originario di Afragola, ma sardo e gallurese di adozione, lascia il club gallurese con l'ennesimo grande risultato stagionale: salvezza col 13° posto e 43 punti ottenuti in 38 gare. Non è un fulmine a ciel sereno benché Cerbone e Budoni siano stati una cosa sola nell'ultimo decennio tranne le esperienze fatte dal tecnico con Arzachena e Olbia. «Lo si era capitato da qualche mese - ammette Cerbone - che non ci sarebbero stati più i presupposti, né da parte mia e né da parte della società, di proseguire questa esperienza. Ma posso dire di andar via a testa alta, avendo fatto un qualcosa di straordinario, la salvezza senza passare dai playout, con tutte le problematiche che ci sono state tra gare disputate in campo neutro a San Teodoro e Siniscola e i tanti infortuni con alcuni giocatori importanti poco utilizzabili. In assoluto è il più grande risultato da quando alleno, meglio di quando facemmo il record di punti con il Budoni col quarto posto in classifica. Non so in quanti avrebbero potuto fare ciò che ho fatto io con il mio staff, il vice Mauro Salis e il preparatore atletico Guido Tamponi, perché grazie a loro ho tenuto botta fino alla fine, in una situazione molto delicata all'interno di un'annata travagliata anche dal lato dei rimborsi. La valvola di sfogo per i giocatori, si sa, è sempre l'allenatore e, anche se i dirigenti fanno molti sforzi, è innegabile che i problemi gestionali della settimana rimanevano. Ma siamo stati bravi a mettere il Budoni davanti a tutto, seguendo l'etica che mi trascino da sempre e portando la barca in porto. Questa esperienza mi servirà tanto, ho buona memoria e ricorderò tutto per filo e per segno».

 

Cerbone, a differenza di altre stagioni, è stato messo in discussione: «Mi sono sentito dire che non ho avuto la squadra in mano, ma bastava saper leggere le cose. Quanto abbiamo perso in modo netto la domenica dopo ci siamo subito riscattati: dopo il 4-1 in casa con l'Avellino abbiamo vinto 2-1 sul campo del Flaminia, dopo il 3-0 a Sassari col Latte Dolce abbiamo battuto 3-1 il Monterosi, dopo il 3-0 a Roma col Trastevere abbiamo superato 4-3 il Cassino, quando abbiamo perso 3-1 con la Torres c'è stato il 5-2 al Latina. Insomma, non c'era una continuità di risultati negativi e sono rimasto sorpreso da chi storceva il naso perché nel calcio non si guarda lo storico di un tecnico. Nel mio caso, nel girone di ritorno è sistematico che faccia più punti, questa volta sono stati 24 a fronte dei 19 dell'andata. I numeri bisogna saperli leggere, anche in Eccellenza nel ritorno feci più punti del Tortolì (35 contro 32, ndr) che vinse con 4 giornate di anticipo. Perché c'è dietro una idea diversa di fare calcio, con la partecipazione costante di tutti i giocatori. Nelle prime 19 partite abbiamo inserito 11 giocatori nuovi e 4 venivano da una retrocessione, l'attaccante Samuele Spano, che ha dovuto anche fare la prima punta, non il suo ruolo, ha chiuso con il record personale di gol, ben 16 reti. Numeri alla mano, alle fine, abbiamo fatto un 13° posto, potevamo chiudere prima il discorso salvezza ma con tutti i problemi avuti basta e avanza». Podio mancato per una manciata di punti nella classifica dei "Giovani D valore": «Siamo arrivati quarti ad un passo dall'Ostiamare. La sfortuna è stata che il 2002 Pietro Scanu è stato fuori due mesi per un infortunio, ogni sua gara giocata dava 70 punti, con lui in campo saremmo arrivati terzi. Ma ricordo che sono stato l'unico allenatore a mettere un 2002 titolare, a novembre e non a fine campionato, sul campo del Latina e l'ho fatto perché il ragazzo ha qualità. Sono cose che forse passano inosservate».

 

Il tecnico dà l'addio ma senza alimentare polemiche: «La mia avventura è chiusa perché non ci siamo più scelti, l'unico rammarico è che proprio adesso faranno il campo nuovo. Può darsi sarà un arrivederci ma, indubbiamente, dovranno cambiare tante cose. Il sentimento che mi lega al Budoni è sempre forte, in questi anni ho avuto un legame forte con Giovanni Sanna e Filippo Fois, sarò sempre il primo tifoso e non lo dico per retorica. Devo ringraziare chi mi ha permesso di lavorare anche se quest'anno ho ricevuto poca assistenza e, per quello che ho dato io a Budoni, non me l'aspettavo. In certi momenti ci vuole più considerazione per l'uomo ma nel calcio ci sono 34 anni e so che non esiste la riconoscenza». Il futuro è tutto da scrivere: «Io sono libero e disponibile a valutare un progetto serio senza farne una questione di categoria. Non sono di gusti difficili, mi piacciono le sfide altrimenti non avrei accettato di guidare il Budoni in Eccellenza partendo con 9 giocatori. Si va avanti e si riparte più carichi che mai, il mio modo di lavorare sarà sempre quello».

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2018/2019