«Il Samassi? Ha già vinto il campionato»
Il nuovo Mandas viaggia a gonfie vele, ma Coraddu avvisa i suoi: «Vietato cullarsi sugli allori»
Il Mandas parte di slancio, mettendo a segno due vittorie in altrettante partite, e guarda con fiducia al futuro prossimo: si incominciano a vedere i frutti del lavoro di un allenatore esperto come Gabriele Coraddu, che si è calato con entusiasmo in questa nuova, difficilissima sfida, con l'atteggiamento di chi ha ancora molto da dare a questo sport e, perchè no, ha ancora qualcosa da chiedere, in termini di soddisfazioni.
«Speriamo ora di continuare così, ma nel calcio, come nella vita, una rondine non fa primavera», esordisce il tecnico, tra una risata e l'altra, per poi precisare meglio il concetto:
«Le vittorie sono bellissime e fanno piacere, ma non possiamo cullarci sugli allori, anzi.
In questo girone, anche se le partite, è giusto sottolinearlo, partono tutte dallo 0 a 0, c'è una squadra che ha già vinto il campionato».
Il riferimento al Samassi non è casuale.
«Assolutamente no; in organico vanta giocatori di tre categorie superiori, che a lungo andare faranno la differenza, è inutile».
Alle rivali non resteranno che le briciole dunque: un campionato già morto sul nascere, una situazione irrimediabilmente destinata alla malinconia?
«Dall'alto della mia esperienza, dettata anche da mere questioni anagrafiche (ride), tutte le altre formazioni, escluso il Sammassi, hanno le carte in regola per piazzarsi al secondo posto.
Le nostre avversarie sono costruite per disputare un buon campionato: tolte le due o tre che lotteranno per non retrocedere, la maggior parte sono destinate a lottare punto su punto, ogni domenica. Un bene per lo spettacolo, senza imbra di dubbio».
Tastiamo il polso al Mandas dopo i primi due mesi di lavoro: c'è qualcosa che l'ha sorpresa?
«Ci tengo ad evidenziare la grandissima serietà dei ragazzi che la società mi ha messo a disposizione; è un aspetto importantissimo, per quanto mi riguarda, oltre all'attaccamento, anch'esso esemplare, ai colori sociali.
Ogni giocatore ha delle caratteristiche particolari, ma l'atteggiamento generale del gruppo rappresenta un ottima base da cui partire e su cui lavorare.
Le conferme arriveranno a stagione in corso, ma l'impegno e la disponibilità con cui seguono l'allenatore mi rendono orgoglioso e decisamente ottimista».
La sua assenza dalle panchine, dopo l'addio con il Senorbì, è stata una questione di poche settimane. In molti avrebbero scommesso su un suo pronto ritorno e, alla luce dei fatti, non sarebbero rimasti delusi.
«Ho iniziato ad allenare nel lontano '77, e se non erro mi sono fermato completamente soltanto per due stagioni. Ho avuto a che fare con tre generazioni di calciatori diversi, ma io resto sempre qui: mi sono adeguato ai nuovi metodi e alle esigenze dei giovani attuali, che sono ben diverse da quelle di un tempo.
E' una vera e propria malattia, una passione indescrivibile: ho anche pensato di staccare definitivamente, perchè la stanchezza, inutile nasconderlo, si fa sentire, ma con il Mandas ho un rapporto particolare, e non ho resistito all'ennesima tentazione».
In realtà non c'è stato bisogno di particolari corteggiamenti.
«Ho militato in questo club per una ventina d'anni, tra Eccellenza, Promozione, Prima Categoria; mi sono tolto diverse soddisfazioni, ho avuto la fortuna di vincere diversi campionati e di trascorrere dei bei momenti con la società e con il presidente. Riprendere il discorso con loro è stato un piacere».
Soprattutto dopo l'epilogo non proprio felicissimo con il club di Gianni Pireddu.
«Il rapporto con il Senorbì non si è rotto, ci tengo a precisarlo.
Ho soltanto preso una decisione che probabilmente in quel momento nessuno si aspettava, ma mi trovavo benissimo: avevo un ottimo rapporto con il presidente, con il paese e con i giocatori.
A conferma di quanto dico, c'è il fatto che mi hanno richiamato per questa stagione, ma io avevo dato già la mia parola al Mandas».
Il tecnico espone la sua versione dei fatti:
«E' successo tutto in 5 secondi, si è scritto molto, ma la verità è molto più semplice: c'è stata una piccola divergenza a proposito del comportamento di uno degli elementi più anziani della rosa, e ho messo la società di fronte ad un bivio: o lui, o me.
Volevo togliere l'imbarazzo della scelta alla dirigenza, parliamo comunque sia di un ragazzo che vestiva la casacca del Senorbì da 20 anni, e me ne sono andato via io.
Hanno fatto di tutto per convincermi a sposare nuovamente il loro progetto, porterò con me questa esperienza con grandissimo affetto, anche alla luce dei risultati che abbiamo conquistato».
Archiviati i ricordi, il presente reclama il suo spazio: domenica in programma c'è la trasferta con l'Armungia.
«Conosco giusto due o tre giocatori, in particolare uno, Saba, che avrei voluto allenare alcuni anni fa, ma non se ne fece nulla.
Son sicuro che faranno una partita gagliarda, ci terranno molto a fare bella figura di fronte al loro pubblico.
Per poterla vincere dovremo dare il massimo, mi auguro sia una bella partita».