«Possiamo costruire qualcosa di importante»
Luca Lilliu, l'esperienza al servizio del Gonnosfanadiga: «Amo questo sport, corro ancora nonostante i miei 38 anni»
L'attestato di stima più importante per un calciatore è il ricordo che riesce a lasciare nel cuore dei suoi tifosi, dei suoi compagni e, perchè no, in quello dei dirigenti, anche a distanza di anni. Luca Lilliu di esperienze ne ha fatte tantissime, ricche di soddisfazioni, l'avventura in Promozione con la maglia del Siliqua, ad esempio, o cariche di passione ed emozioni, come è accaduto a Seui Arcuerì, dove è stato praticamente adottato dalla piccola comunità ed è riuscito a ricambiare l'affetto smisurato della gente con la sua grande professionalità e una genuinità che nel calcio sta diventando, sempre di più, una merce assai rara.
A 38 anni, non è ancora arrivato il momento di appendere le scarpette al chiodo: nella sessione invernale del mercato, ha colto al volo l'opportunità offertagli dal Gonnosfanadiga, impegnato, con buoni risultati nel campionato di Prima Categoria.
«Sono stato contattato dal tecnico Gianfranco Farina – spiega il forte ed esperto difensore -, mi ha fatto molto piacere che abbia pensato a me, nonostante non sia più giovanissimo. Ci conosciamo da diverso tempo, siamo amici, ma non ho mai avuto la possibilità di giocare in una delle sue squadre; sino ad oggi ci eravamo sempre e solo affrontati da avversari».
L'impatto con la nuova realtà è stato entusiasmante.
«Martedì scorso ho fatto il primo allenamento: l'ambiente è ottimo, tutti i ragazzi sono molto affiatati, si respira una bella atmosfera. Ho avuto modo di parlare con il presidente, che mi ha confermato l'intenzione di mettere le basi per un progetto che possa dare i frutti nel futuro prossimo: quest'anno si punta alla salvezza, dopo la strepitosa promozione conquistata nella passata stagione, per poi costruire un gruppo importante, che possa competere ad alti livelli, ed io ovviamente spero proprio di poter dare il mio contributo».
Dove trovi le motivazioni per correre ancora appresso ad un pallone?
«Mi piace tantissimo, amo questo sport; nell'ultimo periodo, in cui sono rimasto fermo, mi mancava terribilmente: stare a casa con la mia famiglia è bellissimo ed importante, ho una bambina di nemmeno due anni, un aspetto che non posso trascurare, ma mia moglie mi ha sempre sostenuto in questa passione, suo padre giocava a calcio e quindi sa bene cosa significa. Forse senza il suo appoggio, mi ha seguito in tutte le squadre in cui ho militato, avrei smesso da diverso tempo; è la mia prima tifosa (ride)».
L'esordio, in trasferta contro l'Iglesias, è stato estremamente positivo.
«Un successo molto importante, i punti in palio erano pesantissimi per entrambi, ci permettono di mantenere le distanze dalla zona calda della classifica. Abbiamo disputato un ottimo primo tempo, giocando molto bene, in cui abbiamo costruito tanto e creato diversi pericoli agli avversari, ma il loro portiere è stato formidabile nel limitare il passivo, con tre parate veramente decisive. Dopo il raddoppio siamo un po' calati, forse anche a causa del terreno pesante: fatto sta che l'Iglesias ha guadagnato metri e ci ha schiacciato nella nostra metà campo, ma lottando sino alla fine siamo riusciti a strappare questa vittoria pesantissima, soprattutto per il morale».
Lilliu è rimasto piacevolmente sorpreso dalla forza della sua nuova squadra.
«Mi ha colpito il grande potenziale d'attacco: i due esterni offensivi fanno la differenza; Checco Pinna poi è un ragazzo che vede molto bene la porta, avevo già avuto modo di giocarci assieme a Siliqua ai tempi della Promozione».
Dal canto suo, è pronto a dare «un pizzico di esperienza in più, considerando che alle spalle ho diversi campionati di Prima Categoria, una dimensione che conosco bene».
Farina ha trovato la pedina giusta per blindare la sua retroguardia.
«In questo senso, possiamo contare sul contributo di Stefano Mereu: è un portiere che riesce a dare indicazioni ai compagni, per un difensore è importantissimo; a livello tattico rappresenta un valore aggiunto di assoluto livello».
Un banco di prova importante per te e per i tuoi compagni di reparto è rappresentato dall'attacco atomico del Senorbì, il migliore del campionato, vostri prossimi avversari.
«Verranno da noi con tanta voglia di vincere: conosco bene Lonis e Olla; con Alessandro ho anche giocato assieme ad Orroli. Fanno della loro velocità l'arma migliore, sono pericolosissime nei tagli e negli inserimenti in profondità, dovremmo stare molto attenti e compatti».
I bianco-verdi non partono sicuramente battuti:
«Giocheremo di fronte al nostro pubblico, vogliamo regalare ai tifosi una vittoria, che in casa manca da alcune giornate: se lo meritano, perchè ci fanno sentire tutto il loro supporto; Gonnos da questo punto di vista è fantastica. Queste sfide sono affascinanti, le motivazioni arrivano da sole».
Dall'alto della tua esperienza, puoi aiutarci a capire quali sono le differenze più grandi tra il mondo del calcio attuale e quello di 20 anni fa?
«Molti giovani si perdono per strada con troppa facilità: è sufficiente star fuori per due partite per far scattare le polemiche con tecnico e società. Io ho iniziato a giocare in Prima a sedici anni, a Portoscuso: mi allenavo intensamente da agosto, ma la prima convocazione è arrivata soltanto a dicembre. Nei ragazzi di oggi non vedo sinceramente tutta questa abnegazione: non ho ancora capito se per loro il calcio è una passione o se stanno semplicemente scimmiottando quello che vedono in televisione».
Dal punto di vista tattico invece?
«Ho iniziato a giocare quando ancora andava di moda il libero, con i due marcatori; Floriano Congiu, una vecchia gloria del Carbonia, il tecnico della mia prima esperienza al Portoscuso, proponeva già la zona, una novità in quegli anni, parlo del 93\94, nei campionati dilettantistici. Io, con il tempo, mi sono dovuto adattare: sino a 32 anni ho fatto il laterale basso di sinistra, poi sono passato al centro, un ruolo che in un primo momento ricoprivo sporadicamente».
Dalle tue parole, si intravede la stoffa dell'allenatore.
«Mi piacerebbe tantissimo, ma il lavoro non mi permette di trovare il tempo per frequentare il corso. Sarebbe un ottimo modo di proseguire la mia avventura nel mondo del calcio dilettantistico, vedremo in futuro».
Domanda spinosa: che idea ti sei fatto sui recenti episodi di violenza ai danni degli arbitri?
«Purtroppo, è una cosa che accade ormai da diverso tempo. Io sono convinto però che occorra educare in primis i genitori dei calciatori: sin dal settore giovanile, si verificano puntualmente scene di esaltazione incomprensibile, che non fanno bene ne ai figli, e ne ovviamente a tutto il movimento in generale. Le società dovrebbero mettere dei vincoli netti agli adulti: al campo si va per fare il tifo, e non per creare problemi; i ragazzi dovrebbero divertirsi, e non essere ossessionati dai risultati e dalla competizione a tutti i costi».