«Cualbu solo, chi voleva affossarci c'è riuscito»
Per mister Murgia la retrocessione parte da lontano: «Tortolì non regge più un campionato di Eccellenza»
All’indomani della sconfitta di Villaputzu col Porto Corallo, che ha sancito la retrocessione dall’Eccellenza alla Promozione dopo otto anni, il Tortolì prova a rialzare la testa. Il binomio Cualbu-Murgia, tanto contestato dai tifosi, crede in un nuovo progetto e tenta di rimettere in piedi i cocci di una stagione disgraziata, durante la quale tanti sono stati i problemi che hanno contribuito alla débâcle. Oltre alla difficoltà di natura economica, tanti gli episodi sfortunati (vedi le numerose autoreti che hanno condizionato l’andamento delle partite, l’ultima delle quali domenica scorsa per opera di Nicola Ruggeri) di un campionato terminato nel peggiore dei modi. Pino Murgia, 47 anni, tecnico “fatto in casa”, si dice amareggiato per l’epilogo della stagione, ma allo stesso tempo giura di aver dato tutto se stesso per la causa rossoblù e per questo si sente esentato da qualsiasi responsabilità. Lui, che da sempre ha una fede innata per la squadra che rappresenta la sua città, si dice disposto a proseguire l’avventura anche in Promozione, a patto che si parli di un progetto serio e costruttivo. Se dovesse abbandonare, le opportunità di lavoro più realistiche arrivano da paesi calcisticamente affamati di una ribalta internazionale, come la Macedonia e l’Indonesia. Dalla sua parte, forse, non ci sono i tifosi, che ne chiedono immediatamente la testa. Nel capoluogo ogliastrino, sarà un’estate caldissima in tutti i sensi. Il calcio gode di un’altissima considerazione e tutti già s’interrogano sul futuro dello storico club.
Mister Murgia, quanto brucia questa retrocessione?
«In realtà eravamo preparati per quest’eventualità. Purtroppo siamo arrivati alla gara di Villaputzu molto scarichi e abbiamo subito la velocità del Porto Corallo. Come spesso accade, questi triangolari vengono vinti dalle squadre di Promozione, che ci arrivano con una maggior freschezza fisico-mentale e viaggiano con le ali dell’entusiasmo. Non aver chiuso il discorso salvezza a San Teodoro ci è costato caro, ma il calo era assai prevedibile, visto che tra l’altro abbiamo avuto una sosta da partite ufficiali di tre settimane. Tuttavia, dalle sconfitte si può ripartire per conquistare nuovi traguardi e nuovi successi»
A Tortolì ritengono che lei sia uno dei maggiori responsabili di questa stagione fallimentare
«Io ritengo, invece, che sia troppo semplice salire sul carro dei vincitori quando c’è da festeggiare un ottimo risultato. Purtroppo quest’anno ci sono state tantissime situazioni esterne che hanno condizionato l’andamento del campionato, senza dimenticare che il pubblico ha latitato fino allo spareggio di Castiadas col Samassi. Per citare un esempio, a Dorgali, in occasione della finale di Coppa Italia, la differenza tra i tifosi del Taloro e quelli del Tortolì è stata evidente: 800 gavoesi contro 80 tortoliesi. Così come anche nel primo incontro del Triangolare con la Dorgalese: al “Fra Locci” sembrava di giocare fuori casa. Anche questo è un segnale che mi fa tranquillamente affermare che Tortolì, inteso come città, in questo momento non è pronta per un campionato di Eccellenza. Riguardo le critiche che ho ricevuto durante l’anno e quelle probabili che mi verranno portate nei prossimi giorni, dico che fanno parte del mestiere. Il credo comune è sempre lo stesso: se vinci il merito è esclusivamente della squadra che viene definita forte, mentre se perdi è solo colpa dell’allenatore. Personalmente accetto le critiche e mi assumo le mie responsabilità. So per certo, però, che durante questa snervante annata ho dato tutto, cercando esclusivamente di fare il bene e l’interesse del Tortolì. Avrei tranquillamente potuto abbandonare in corsa, ma per amore del Tortolì non l’ho fatto. In definitiva, non mi sento responsabile di niente»
Quindi, secondo lei, quali sono le reali cause di questa débâcle?
«La causa di questa retrocessione, come ho già detto, ha radici lontane, da ricercare in alcuni eventi accaduti durante la scorsa estate. Alcune persone che volevano affossare il Tortolì, hanno fatto sì che fosse messo in atto un fuggi fuggi generale di giocatori. Altri, come Sebastiano Cattide, Zazzo Melis, Christian e Romeo Ferreli, erano stati contattati per lasciare la squadra, ma probabilmente avevano capito il senso dell’azione e hanno preferito restare per amore della maglia rossoblù. I responsabili sanno bene di chi parlo e purtroppo debbo constatare che sono riusciti benissimo nel loro intento di vedere il Tortolì in Promozione. Inoltre, la società ha affrontato un anno difficile dal punto di vista economico, come d’altronde tutte le altre di Eccellenza e non solo, e tutto è stato più complicato. Non vorrei essere ripetitivo, ma sono costretto a ribadire che il Tortolì non è retrocesso domenica, bensì dall’inizio dell’anno. Questo per far capire che la stagione è nata sotto la cattiva stella a causa di quanto appena detto. Per dirla tutta, non abbiamo mai sbandierato la vittoria del campionato, anzi, a novembre dicemmo che avremmo ridotto il parco giocatori per via dei costi di gestione eccessivamente alti»
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Come si può passare da un campionato esaltante come quello dello scorso anno ad una disfatta come quella che ha riportato la squadra in Promozione dopo otto anni di Eccellenza?
«Inteso che retrocedere per problemi economici non è assolutamente una vergogna, ci sono delle differenze sostanziali tra la stagione appena terminata e quella precedente. Quest’anno abbiamo perso per strada tantissimi giocatori (Antonio Nardò, Romeo Ferreli, Paolo Senes, Alessandro Murreli, Carlo Arrais, Daniel Inaede, Marius Groza, Mariano Murino, Roberto Mura, ndr) e ciò ha inciso in maniera decisiva per le sorti del campionato. Lo scorso anno, invece, il gruppo è arrivato pressoché compatto sino al termine ed infatti abbiamo conquistato il sesto posto, sfiorando i playoff promozione. Ogni annata ha una storia a sé, perciò credo sia più corretto evitare paragoni effimeri. C’è da dire, inoltre, che il nostro presidente Pier Paolo Cualbu nell’ultimo anno non ha ricevuto il sostegno degli imprenditori locali. Contributi di cui si è sentita poi la mancanza»
In tanti le contestano di aver allontanato dalla squadra alcuni giocatori della vecchia guardia. Questo corrisponde alla realtà?
«Si, è vero, in passato ho allontanato alcuni giocatori per motivi disciplinari. Occorre chiarire, però, che per arrivare a certi livelli c’è bisogno di due aspetti: piedi buoni e testa. Chiaramente la seconda prerogativa è quella più importante. Chi non dimostra una certa serietà fuori dal campo, non può far parte di una squadra di calcio che gioca in Eccellenza. I vizi talvolta rovinano un giocatore. Insomma, c’è sempre un motivo per avanzare critiche. Il mondo del calcio è composto da due categorie: lavoratori e critici incalliti che non hanno di meglio da fare, che parlare»
Pensa che qualcuno all’interno dello spogliatoio abbia remato contro?
«Sinceramente non credo. Anzi, colgo l’occasione per ringraziare tutti i ragazzi, dal primo all’ultimo per l’impegno profuso in quest’annata. In alcuni momenti mi sono ritrovato a ricoprire ruoli non di mia competenza ed a sostituirmi al presidente ed al direttore sportivo, che per motivi di lavoro non potevano essere sempre presenti. A volte, forse, ho urlato troppo, ma se l’ho fatto è stato solo per spronare maggiormente i ragazzi. Il mio metodo di lavoro si basa soprattutto sulla concentrazione, che per giocare a calcio è fondamentale. Se non vai a tremila all’ora non puoi essere funzionale ad un simile progetto. Per avere questa condizione, però, il giocatore deve stare bene in tutti i sensi. Soprattutto in questo finale di stagione, la concentrazione è venuta meno e già con la Dorgalese ci sono stati i primi segnali in questo senso. Non a caso, sbagliavamo anche le posizioni sui corner, che di solito sono nozioni che metti in pratica a memoria»
La sua “voglia” di fare un’esperienza all’estero, sbandierata a metà stagione, può avere destabilizzato ancor di più l’ambiente?
«No, perché i ragazzi hanno visto che ho dato tutto non appena sono rientrato dal viaggio di lavoro in Macedonia ed infatti mi hanno seguito con attenzione ed impegno»
Cosa salva di quest’annata disgraziata?
«Sicuramente la crescita di parecchi giovani che hanno lavorato come se fossero veterani. E poi, l’esperienza al fianco di giocatori di categoria superiore come Nicola Ruggeri, Daniele Corsi, Antonio Cadeddu e Manrico Porceddu. Dal punto di vista sportivo, ricordo a tutti che abbiamo conquistato per la prima volta nella storia del club, la finale di Coppa Italia (persa ai rigori con il Taloro Gavoi, ndr). Mi piace pensare che si apprende tanto anche dalle sconfitte»
Quali potrebbero essere i punti da prendere in considerazione per far ripartire il Tortolì?
«Si deve ripartire da un’attenta programmazione,dal lavoro sul campo, dai giovani del posto e da quello che è il nostro fiore all’occhiello, il vivaio. Ed ancora, da chi ha a cuore le sorti del Tortolì, senza chiacchiere, ma con fatti concreti. Poi, comunque, non sappiamo ancora in qualche categoria giocheremo, nel senso che ci sono ancora possibilità di ripescaggio in Eccellenza»
Il futuro tecnico del Tortolì sarà ancora Pino Murgia?
«Da parte mia c’è la piena disponibilità a restare alla guida della squadra. Parlerò col presidente per capire quali saranno le strategie future. Ieri abbiamo avuto il primo incontro in tal senso, ma ancora è presto. Bisogna seguire un certo iter per mettere in piedi un programma di lavoro importante. Ad oggi, c’è di certo solo che valuterò attentamente quello che sarà il mio prossimo futuro»
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Quindi l’ipotesi di un trasferimento all’estero è definitivamente tramontata?
«Oggi direi che potrei continuare ancora un anno al Tortolì, come potrei anche concludere il ciclo qui nella mia città. Chi valuta il mio lavoro (un agente di calcio internazionale che vive e lavora a Milano, ndr) è al corrente di quanto accaduto in questa stagione. L’equazione retrocessione-allenatore scarso non è più di moda, perché fortunatamente esistono figure professionali che seguono in modo attento il lavoro quotidiano sul campo. Vincenzo Fadda (allenatore del Taloro Gavoi, ndr), ad esempio, lo scorso anno è retrocesso col Terralba, mentre in questa stagione ha ottenuto ottimi risultati col Taloro ed è già nel mirino di squadre di serie D, come il Selargius. Con questo voglio dire che non sono esclusivamente i risultati negativi ad incidere nella carriera di un allenatore. L’ipotesi di un’esperienza all’estero resta ancora in piedi, dal momento che anche all’inizio di maggio sono stato in Indonesia per lavorare qualche giorno presso una scuola calcio di una delle società sportive più importanti del Paese asiatico. Ho la fortuna di far parte di un’organizzazione seria e competente di cui fa parte anche l’ex giocatore dell’Inter Taribo West (fratello di Daniel Inaede, ex giocatore del Tortolì, ndr). Ci sono diverse possibilità al vaglio del mio agente. Nel mio ultimo viaggio, tra l’altro, ho avuto il piacere di conoscere a Dubai Walter Zenga, attuale allenatore dell’Al-Nasr (serie A degli Emirates, ndr), che come me è amante delle sfide più estreme»
Non disdegnerebbe un futuro in Indonesia già dai prossimi mesi, giusto?
«Ripeto, mi affascina l’idea di vivere delle esperienze in altri paesi, dove magari c’è tanto da insegnare. Certo, se si concretizzassero alcune situazioni nell’ambito del mio staff, partirei senza pensarci due volte. Nutro già un pizzico di nostalgia per le fugaci puntate in Macedonia ed in Indonesia, dove ad esempio ho svolto alcuni allenamenti con un gruppo di ragazzi che per un anno hanno frequentato una scuola calcio dell’Arsenal. Il confronto con altre realtà è sempre ricco di fascino. Domani, tra l’altro, sarò a Gallipoli per uno stage di lavoro al fianco dell’ex giocatore del Tortolì, Manuel Vergori, che quest’anno ha giocato nel campionato vietnamita»
Prima di concludere, potrebbe idealmente disegnare l’immediato futuro di Alex Podda e Gibo Djouf, richiestissimi sul mercato?
«Alex è un ragazzo di una serietà estrema anche fuori dal campo. Quest’anno ha disputato ben 40 partite, tantissime per un ragazzo di 18 anni. I suoi margini di miglioramento sono notevoli. Qualche settimana fa ha svolto un provino per la Primavera del Cagliari e diciamo che esiste la possibilità di effettuare un secondo test. Gli addetti ai lavori avranno senz’altro intravisto dei numeri importanti. Per quanto riguarda Gibo, invece, ha diverse richieste da squadre di Lega Pro e addirittura di serie B. Nello specifico, hanno avanzato interesse il Lumezzane, con cui tra l’altro ha svolto uno stage due settimane fa, il Portogruaro ed il Pescara. È un ’92 che andrebbe seguito con la massima attenzione»
Roberto Secci