Sarà giocatore-allenatore in Prima categoria
Mario Fadda si sdoppia per il Bonorva: «Ci metterò impegno, serietà e professionalità»
«Prima dovevo seguire solo la mia testa, ora devo organizzarne venti di teste». Per la prossima stagione Mario Fadda ha scelto di sdoppiarsi, giocare e allenare il Bonorva in Prima categoria, perché a quasi 38 anni di appendere gli scarpini al chiodo non se ne parla e lasciarsi sfuggire l'occasione di guidare una squadra non era proprio il caso. «Devo provarci - dice il mancino di Siligo classe 1976 - ho l'entusiasmo e la voglia di ricoprire questo doppio ruolo e ho trovato una società seria e ambiziosa che ha creduto in me. Ci metterò impegno, serietà e professionalità, ciò che ho sempre messo nella mia carriera di giocatore». Cresciuto nelle giovanili della Spal, nel 1997 il Castelsardo lo riportò in Sardegna, due stagioni in rossoblù e poi altre tre e mezzo nella Villacidrese prima del salto in serie C1 con la Torres, la discesa in Eccellenza con l'ambizioso Tempio con tanto di campionato vinto al secondo tentativo e poi di nuovo la risalita in D con l'Arzachena (due anni) prima della lunga parentesi di cinque stagioni al Porto Torres (due in Eccellenza e tre in serie D). L'anno scorso è stato grande protagonista nel Taloro di Ivan Cirinà confermandosi SuperMario e trascinando i gavoesi al 4° posto e ad una storica semifinale playoff segnando 11 reti di cui solo 1 su rigore.
Mario, Bonorva è la scelta più giusta per la medesima voglia di allenare e giocare?
«Sì proprio così. Volevo continuare a giocare visto che l'anno scorso è andata piuttosto bene ma voglio anche provare a fare l'allenatore cinque anni dopo aver preso il patentino. Nel Bonorva ho visto un progetto serio, molta correttezza nei dirigenti e una fame di calcio che ti porta a costruire un qualcosa di importante. Avevo altre proposte per giocare, ho valutato tutto parlandone soprattutto in famiglia e, alla fine, ho preso questa decisione perché mi piacciono le sfide e provare nuove strade»
Che ambiente hai trovati e che squadra avete costruito?
«La squadra sta nascendo ed è quasi fatta, abbiamo scelto i giocatori che riteniamo giusti insieme con la dirigenza. Per vincere non bisogna avere necessariamente i grandi nomi ma prima bisogna essere grandi uomini, poi anche calciatori. Abbiamo l'ambizione di fare bene e di mettere in mostra qualche giovane del vivaio, se poi saremo in grado di stare con le prime si vedrà, di sicuro non ci sarà un'ammazza campionato e nemmeno quelle squadre che l'anno scorso hanno fatto corsa a parte come Atletico Uri, Tergu e Stintino»
Non è stato facile decidere di lasciare il Taloro dopo una grande annata
«Mi è dispiaciuto molto perché ricorderò sempre la stagione fatta a Gavoi. Abbiamo scritto la storia del club con la qualificazione ai playoff. Ho aspettato loro finché ho potuto, poi si è prospettata l'opportunità di Bonorva e l'ho colta. Sono stato contattato dal Taloro quando avevo già scelto e, a malincuore, ho dovuto dire di no perché ricordo sempre quello che mi diceva un allenatore come Bernardo Mereu; "Una volta presa la decisione, vai fino in fondo senza ripensamenti". Spero un giorno di tornare a Gavoi, anche sotto un'altra veste»
Cosa ti ha dato la scorsa stagione visto che in molti pensavano ad un Fadda ormai agli sgoccioli
«Mi ha dato tanta convinzione in più oltre alla conferma che con il lavoro e il sacrificio tutto si può fare, senza limiti d'età. È chiaro che anche in Prima categoria se vuoi fare bene devi metterci lo stesso impegno negli allenamenti e in campo la domenica»
Carriera lunga e soddisfacente, quali campionati ricordare?
«Sicuramente la salvezza col Castelsardo nel 1997/98, a fine girone d'andata eravamo ultimi in classifica con 10 punti e ci davano ormai già per spacciati. Nel ritorno facemmo la bellezza di 33 punti, secondi soltanto al Borgosesia di Gianluca Siazzu che salì in C2. In panchina c'era Bernardo Mereu, giocavo a centrocampo mentre in attacco c'erano Udassi, Langella e poi Giovannino Oggiano. Pur vincendo campionati con Tempio e Porto Torres e aver giocato in C con Spal e Torres, mi è rimasto nel cuore anche l'ultimo campionato al Taloro, mi sono rigenerato ritrovando il calcio vero e la passione nelle splendide persone quali sono i dirigenti gavoesi supportati da un meraviglioso pubblico»
Una carriera legata a doppio filo con il mister Mereu che, dopo averti conosciuto a Castelsardo, ti ha voluto a Villacidro, Torres e Tempio
«Ho giocato sette campionati alle dipendenze di Bernardo Mereu, tecnico di valore ma, soprattutto, uno straordinario uomo. Lo considero un mio secondo padre. L'anno scorso non aveva sulla carta la squadra più forte ma col suo lavoro ha reso la Nuorese più forte di tutti. Non conosco le ragioni che l'abbiano spinto a lasciare il club di Artedino prima dell'inizio del campionato rinunciando al contratto ma non mi sorprende perché, sebbene il denaro sia importante per tutti, Mereu guarda innanzitutto al progetto e agli uomini che compongono il progetto»
Ti strappò alla Villacidrese nel gennaio del 2003 per portarti alla Torres in serie C1
«Ebbi la possibilità di riassoporare una categoria che conobbi da giovanissimo con la Spal, per me che sono di Siligo giocare nella Torres è un sogno. In maglia rossoblù non potrò mai dimenticare il gol che feci al Cittadella, fu straordinario per rara bellezza e alta qualità»
Mereu ti volle anche in Eccellenza al Tempio nel 2004/05 anche se poi coi galletti avete vinto l'anno dopo in cui non partivate favoriti
«Arrivammo dalla Torres io, Chechi e Porcu, dal Cagliari Pinna, in porta c'era Nioi, davanti Righi e Ferreli. La Nuorese fece un grande campionato e trionfò da imbattuto, io segnai più di 20 gol e rimane la mia stagione più prolifica in assoluto. L'anno dopo le favorite erano Tavolara e Budoni, in panchina c'era Gianni Addis e la squadra fu costruita con giocatori di categoria; davanti giocavamo io, Stocchino, Borrotzu e facemmo quasi 50 gol in tre. Tutto bello dal punto di vista sportivo ma negativo da quello economico, la Plastwood inziava la sua caduta e vincemmo senza prendere rimborsi. Mi ha fatto comunque piacere la chiamata del Tempio in estate ma, anche a loro, ho dovuto dire di no»
Anche l'ultima stagione col Porto Torres, due anni fa, fu condotta senza prendere stipendi ma conquistando un'importante salvezza
«È stato un anno drammatico anche per quei giocatori che come me avevano trovato lavoro a Porto Torres e sono stati messi in cassa integrazione. Ma non posso parlarne male del Porto Torres che a me ha dato tanto e sono molto contento che si siano ripresi. Diciamo che quella stagione non fu bella come le prime quando arrivò Rosario Affuso e conquistammo la finale playoff poi persa col Selargius dopo aver vinto la Coppa Italia, l'anno dopo facemmo nostro ancora il trofeo e vincemmo il campionato con quella che reputo tra le migliori squadre in cui ho giocato: avevo compagni come Sebastiano Pinna, Marco Asara, Alessandro Frau, Mario Niedda, Roberto Puggioni, Fabio Oggiano, Andrea Sanna, Gianni Spanu, Manuel Pierangeli»
Poi da matricola in serie D il Porto Torres fece ancora molto bene anche se pareggiavate troppo
«Arrivammo sesti stando spesso nel girone d'andata nelle prime posizioni. Più di tutto ci è mancato un vero bomber, uno alla Andrea Sanna che andò al Fertilia e non potevamo permettercene economicamente uno di categoria. L'orgoglio è quello di aver tenuto testa a squadroni con un gruppo di giocatori prevalentemente sardo. Io preferisco giocare con giocatori sardi perché sono più attaccati alla maglia anche se rispetto i compagni non isolani coi quali ho giocato e tra questi non metto Pippo Zani che considero un sardo per come ama la nostra terra»
In carriera tanti allenatori avuti e ora da chi trarre i maggiori insegnamenti?
«Io dico tutti, perché ognuno di loro mi ha dato un qualcosa, nel bene e nel male. Non faccio l'elenco di chi è stato per me un esempio negativo ma dico che comunque mi ha insegnato cosa non devo fare come allenatore. Mereu è un esempio per gestione del gruppo, bravura tecnica e professionalità, da Affuso ho imparato molto ma devo tanto anche a Ivan Cirinà che sa come far crescere i giovani e farà una grande carriera. Dopo aver detto sì al Ploaghe è stato cercato da club di serie D, ha fatto però bene a mantenere la parola perché alla lunga ti ripaga sempre la serietà»
E tra i tantissimi compagni avuti chi ricordare in particolar modo?
«Pierluigi Carta in assoluto, col quale giocai a Castelsardo e poi ritrovai a Villacidro e Tempio. Con lui ho vissuto tante battaglie ed è anche mio compare. Ricordo con piacere anche Seba Pinna col quale ho giocato a Tempio e Porto Torres; e Mario Niedda, con lui ho condiviso tutte le mie stagioni al Porto Torres. Ce ne sarebbero tanti altri ma mi fermo qui»
Il partner d'attacco col quale hai avuto maggior feeling calcistico?
«Stefano Udassi è quello che mi è rimasto più impresso, a Castelsardo mostrava una professionalità unica, una determinazione e una voglia di migliorarsi che confermò poi alla Torres in C1. Ma anche con Alex Frau ho avuto una certa intesa avendolo conosciuto alla Torres e ritrovato al Porto Torres per tanti anni»