«La salvezza è vicina, continuiamo così»
Pattada, Mister Manca raccoglie i primi frutti: «Puntiamo sul vivaio»
Il pretesto per intervistare mister Gian Mario Manca è stato sicuramente il buon momento che la sua squadra sta attraversando, come conferma l'ultima vittoria, in ordine cronologico, contro il Thiesi.
La matricola Pattada, infatti, continua a stupire tifosi e addetti ai lavori: pur essendo la formazione più giovane del torneo, è riuscita a mettere in cassaforte già 32 punti dopo 22 giornate, un bottino che permette di affrontare questo finale di stagione con la giusta dose di ottimismo e tranquillità.
La chiacchierata con mister Manca ci permette anche e soprattutto di intendere il calcio in maniera leggermente diversa da come siamo abituati a fare: lo sport, e quanto accade a Pattada rappresenta sicuramente una piacevolissima conferma in questo senso, riveste un ruolo fondamentale, in una comunità, a livello formativo ed educativo, ma più in generale a livello umano, riuscendo ad essere un fortissimo collante sociale; lo sport, aspetto assolutamente non secondario, riesce inoltre ad essere un appiglio, uno stimolo, una straordinaria motivazione in tutti quei momenti particolarmente difficili delle nostre vite: «Io smisi di giocare a pallone quando mi fu diagnosticata una brutta malattia.
Mio padrino mi convinse a prendere il patentino d'allenatore, mi aiutò, in un certo senso, a continuare con questo sport.
Penso che la mia storia, ora che sono guarito, possa essere molto importante per tutti coloro che si trovano ad affrontare situazioni simili alla mia e anche per gli stessi dottori che, combattendo assieme ai loro pazienti, spesso si fanno prendere dallo sconforto».
Storie come questa, di cui abbiamo riportato soltanto un piccolissimo frammento, meritano di avere tutt'altra attenzione e uno spazio specifico: rinnoviamo, anche in questa sede, la promessa fatta a mister Manca di tornare ben presto su un argomento così complesso e profondo, concentrandoci, per il momento, soltanto sulle mere questioni calcistiche.
Mister, siete reduci dalla brillante vittoria nel confronto con il Thiesi; un poker che conferma ulteriormente il buon campionato che state disputando.
«Siamo molto contenti del cammino fatto sino a questo momento, soprattutto perchè siamo partiti con l'obbiettivo di valorizzare i giovani del nostro vivaio, cercando allo stesso tempo di mantenere la categoria; il Pattada è la squadra anagraficamente più giovane del girone, le nostre rivali sono tutte forti, molte di loro hanno allestito degli organici per puntare al salto di categoria, per noi non è facile ma sono sicuro che questa esperienza è estremamente positiva per i nostri ragazzi.
Domenica la partita si è messa subito sui binari giusti per noi, visto che siamo riusciti a portarci sul 2 a 0 e gli ospiti sono rimasti prima in dieci uomini e poi addirittura in nove.
Nel secondo tempo i ritmi si sono notevolmente abbassati, come è ovvio, anche per un discorso di sportività nei confronti di un avversario che perdeva per 3 a 0 e si trovava a giocare in doppia inferiorità numerica; non sarebbe stato giusto infierire».
Si aspettava una risposta così buona da parte della sua squadra?
«Contrariamente all'anno scorso, in cui avevamo disputato un campionato di vertice in Seconda Categoria, partendo con l'obbiettivo dichiarato di cercare di puntare alla promozione, traguardo che peraltro abbiamo centrato con largo anticipo, in questa stagione si è deciso di scommettere sui nostri fuori quota, che ci tengo a precisare, sono classe '96, anche più giovani quindi rispetto a quanto il regolamento impone.
Le difficoltà ci sono state, non lo nascondo: in primis pensavamo di venire inseriti nel girone del nuorese, che non reputo comunque più facile, sia chiaro; nel girone D c'è grande abbondanza di giocatori di notevole esperienza, da parte nostra avevamo paura per l'impatto con una dimensione nuova.
Tutto sommato, quando riusciamo ad affrontare gli impegni con umiltà ci capita di toglierci qualche bella soddisfazione».
Numeri alla mano, non avete mai ottenuto più di due vittorie consecutive: state lavorando per risolvere questo problema, se di problema si tratta?
«Abbiamo ringiovanito parecchio la rosa rispetto allo scorso anno, pecchiamo quindi di inesperienza nel gestire certi risultati.
Le squadre più scafate sanno modificare il loro atteggiamento e il loro assetto in campo dopo essere passate in vantaggio; il Pattada, a parte il capitano Deiana, che è il più anziano visto che è un classe '73, probabilmente non è ancora in grado di amministrare al meglio certe situazioni e capitola a causa di errori anche piuttosto banali.
Cerchiamo di non imporci mai con presunzione nei confronti degli avversari ma di proporci allo stesso modo, sia in casa che in trasferta; non ho comunque niente da rimproverare ai miei ragazzi che ci mettono l'anima per la squadra del loro paese visto che la maggior parte di loro sono locali, sia la domenica che durante la settimana.
Il problema della continuità ce lo poniamo spesso anche noi: sinceramente non paghiamo tanto il fattore ambientale, non ci sono grosse differenze tra partite casalinghe ed esterne; capita di raccogliere meno in trasferta, ma molto dipende, secondo me, dai singoli episodi più o meno fortunati che determinano in buona sostanza i risultati.
Non c'è una lettura precisa di questo aspetto, molto dipende dall'assoluta competitività di tutte le nostre avversarie: ti capita ad esempio di giocare contro il Tergu, che ha moltissimi elementi di valore, e ti viene spontaneo chiederti come sia possibile che occupi quella posizione in classifica.
Il Pattada non è da meno, nel senso che ha numerosi giocatori di talento, peraltro giovanissimi, ma probabilmente in questo momento sta facendo la differenza la nostra grande umiltà e la compattezza dell'organico».
C'è qualcosa che la sta colpendo in maniera particolare della sua squadra e che magari non si aspettava?
«Il nostro è un lavoro incominciato 4 anni fa, nel campionato di Terza Categoria: stiamo cercando di portare avanti un discorso ben preciso che coinvolga totalmente il nostro settore giovanile; i ragazzi, sin da piccoli, vengono abituati a privilegiare il possesso palla, il fraseggio e in generale tutti gli aspetti più tecnici del calcio, che poi sono in un certo senso i punti di forza della Prima Squadra.
Il Pattada punta ad esprimere un buon gioco, in ogni campo; probabilmente, allo stato attuale, questo rappresenta un difetto, visto che in alcune situazioni sarebbe più comodo badare al sodo, alla sostanza; io preferisco comunque perdere cercando di giocare bene piuttosto che fare le barricate per strappare un punto.
Ci fa piacere tentare di offrire un bello spettacolo a chi viene vederci, siamo una delle squadre più seguite nonostante siamo lontani dai primi posti; a Pattada il calcio gode di un attenzione particolare e non possiamo che essere felicissimi di questo».
Quanto è importante per una squadra giovane come la vostra il calore del proprio pubblico? Si sta rivelando fondamentale come già successo lo scorso anno?
«Si, è molto importante per noi.
A Pattada c'è l'Associazione Ippica, che in paese ricopre un ruolo centrale a livello culturale e sociale, i cui membri rappresentano una grossa fetta dei nostri supporter, anzi, a dire il vero sono i nostri tifosi più accaniti e ogni domenica si fanno sentire dagli spalti; per i ragazzi è importantissimo, si sentono molto protetti e coccolati, se mi passi il termine, e fa piacere vedere in tribuna tantissimi giovani.
Il calcio a Pattada è in un certo senso un collante: la società sportiva organizza feste ed altre manifestazioni parallele che non possono che fare bene alla comunità; la squadra di calcio è di tutti e tutti la seguono appassionatamente: nei giorni precedenti alla partita contro l'Ozierese ho evitato di uscire perchè la pressione di percepiva dappertutto (ride); è bellissimo e questo, ovviamente, ci da una carica incredibile».
Ci sono dei margini di miglioramento per l'immediato futuro o il vostro è un lavoro che darà i suoi frutti migliori a lungo periodo?
«Quando si punta sui giovani i margini di miglioramento ci sono sempre, è naturale; elementi che quest'anno stanno facendo bene e che stanno attirando le attenzioni di tanti addetti ai lavori, come ad esempio Spanu, Serra e Deledda avevano già esordito in Prima Squadra nello scorso campionato, a quindici anni, per sopperire a delle emergenze; ci sono una decina di ragazzi molto giovani che si stanno ritagliando, con personalità, il loro spazio; di conseguenza il futuro è, sulla carta, molto promettente.
Per il momento però abbiamo ancora bisogno del supporto di qualche giocatore esperto non di Pattada; mi auguro però che il nostro vivaio, che parte dai 'micro micro' e copre tutte le categorie, possa fornire presto la totalità degli elementi necessari alla Prima Squadra.
Sarà fondamentale l'entusiasmo di tutti i dirigenti e degli stessi genitori, siamo tutti partecipi delle sorti della società, c'è un bell'interesse attorno al nostro settore giovanile e mi auguro che i frutti possano arrivare quanto prima, a prescindere dai risultati che raccoglieremo quest'anno.
Per il momento ci accontentiamo, per così dire, delle centinaia di persone che seguono, la domenica mattina, le partite dei più giovani: allo sport viene riconosciuta quella valenza educativa che indubbiamente possiede».
Pensa che lavorare così tanto sul proprio settore giovanile possa essere la soluzione a gran parte dei problemi che affliggono il calcio dilettantistico?
«Io penso proprio di si, è un discorso che offre dei vantaggi in termini economici anche nell'immediato: come tidicevo prima, i campionati giovanili sono seguitissimi e rappresentano una fonte di guadagni non indifferente.
Si riesce poi ad abbattere i costi perchè si ha la possibilità di formare i giocatori in casa; quello che si risparmia viene reinvestito per migliorare le strutture e per completare i vari settori tecnici: gli istruttori sono in larga parte miei ex giocatori o miei ex compagni di squadra; oltre alla competenza tecnica si garantisce così la competenza umana e formativa.
Come dicevo prima, quest'anno in Prima Squadra stanno giocando dei ragazzi del '96, ma siamo sicuramente ben coperti anche per il futuro.
Molti di loro possono tranquillamente disputare un campionato di Prima Categoria ma hanno tutte le carte in regola per togliersi soddisfazioni, se si vuole, anche maggiori».
Con 32 punti avete un margine di 10 lunghezze di vantaggio nei confronti delle cinque formazioni che occupano la penultima posizione: siete quasi arrivati al traguardo della salvezza, secondo Lei, o c'è ancora tanto da fare?
«Io penso che ci sia ancora da lottare; è difficile fare proiezioni con i numeri, si può stare veramente tranquilli soltanto quando si ha la certezza matematica.
In un primo tempo pensavo che la quota salvezza fosse a quaranta punti; probabilmente nelle prossime settimane l'asticella si abbasserà leggermente, visto che le squadre che lottano per non retrocedere sono tante e gioco forza si ostacoleranno fra di loro.
Non possiamo comunque abbassare la guardia perchè mancano ancora otto partite alla fine del campionato e non sarà facile; i punti te li conquisti con le unghie e nessuno è disposto a regalare alcunché; dobbiamo tenere i piedi per terra e concentrarci partita dopo partita, a partire da quella di domenica contro il Mesu e' Rios, un derby molto sentito dalle due tifoserie e dall'ambiente intero; affronteremo una squadra che ha degli ottimi interpreti, ci sarà ancora da soffrire».