«Le gare con Ilva, Ferrini e Ossese sono l'esame definitivo»
Taloro un calcio alla crisi, Fadda: «La magia non è finita, la squadra è viva e romperemo le scatole a tutti»
Il Taloro c'è e vuole rimanerci. I gavoesi hanno ben archiviato la mini striscia negativa di sconfitte - una di Coppa Italia a Ossi e poi le due in campionato contro Porto Rotondo e Castiadas - vincendo poi la semifinale di ritorno per poi imporsi ad Arbus 2-1, infliggendo la prima sconfitta interna ai mediocampidanesi reduci dal quasi successo in casa della capolista Ferrini. Con il successo al Santa Sofia la squadra di Mario Fadda ha recuperato due punti alla capolista portando il distacco a -4 in attesa del match del Maristiai dell'8 dicembre. «Ma non abbiamo superato nessun momento di crisi - precisa il tecnico di Siligo - semplicemente perché non lo eravamo ma sapevamo come erano venuti quei risultati negativi. In ogni intervista ribadisco che i ragazzi sono gli artefici di questo bel percorso, io do dei consigli per metterli nelle migliori condizioni. Ad Arbus eravamo in 18 più altri 5 ragazzi, indisponibili per la gara, ma al nostro seguito stare con il gruppo. Questo vuol dire che si sta credendo in qualcosa di importante».
La partita persa col Porto Rotondo, con tre espulsioni e cinque squalificati, ha condizionato pesantemente anche il match successivo
«La sconfitta a Olbia è figlia non certo di un arbitraggio scandoloso ma di colpe nostre. È stata una brutta pagina che non appartiene a noi squadra e né a Gavoi, e non è stato quello che qualcuno ha voluto dipingere. Siamo stati sicuramente polli a non saper gestire alcune situazioni, poi in 11 contro 9 è stato difficile mantenere lo 0-0 ma ci abbiamo provato e non ci siamo riusciti. I risultati negativi non sono figli delle pressioni, l'Ossese è una signora squadra e nella gara d'andata di Coppa eravamo rimaneggiati. Col Castiadas, invece, bisogna fare un plauso alla squadra perché è riuscita a recuperare dallo 0-2 al 2-2 e vedere che dopo la rete del pareggio i ragazzi sono andati a prendere la palla da dentro la porta vuol dire avere la convinzione di poter fare il 3-2. Poi l'abbiamo persa ma lì ho capito di aver una grande squadra, consapevole di potersela giocare con tutti senza paura»
Come definire, invece, il successo di Arbus?
«È stata una vittoria di forza, ci davano già per finiti e che la magia del Taloro era sfumata ma, invece, il Taloro è vivo, sta recuperando i pezzi che sono mancati in un paio di partite e sono sicuro che potrà dire la sua; non so ancora per cosa, ma saremo dei grandi rompiscatole fino alla fine»
Per voi il momento verità: in sette giorni le sfide con Ilva, Ferrini e Ossese
«Voglio capire chi siamo, anche se non ho bisogno di altre dimostrazioni. La squadra è stata capace di battere l'Ossese in Coppa Italia, andando sul 2-0 e segnando il 3-2 dopo il buio di 7' che ci ha fatto subire due gol. Contro di noi l'Arbus ha perso la prima gara in casa e siamo stati in grado di rimettere in piedi la partita col Castiadas dallo 0-2. Siamo riusciti a dare tante dimostrazioni di forza, questo trittico può essere un esame definitivo per far capire a qualcuno che non siamo un colpo campato in area ma che c'è un qualcosa di costruito nel tempo e che quanto guadagnato finora sul campo è super meritato»
A cosa è dovuto questo salto di qualità del Taloro dopo stagioni di sofferenza?
«Sono arrivato a Gavoi ereditando una squadra che aveva fatto 5 punti in 11 gare, il successivo ruolino di marcia è stato di 18 punti in 12 partite. L'anno scorso su 7 giornate abbiamo disputato solamente 3 gare per problematiche legate al Covid. Il mio lavoro è stato quello di cambiare la mentalità e di far capire che si puo fare tanto e si deve fare tanto perché Gavoi ha i mezzi per farlo. Non so per arrivare dove ma per crescere sì. D'accordo con la società non abbiamo fatto nessun stravolgimento, abbiamo lavorato sulla mentalità e inserito i tasselli giusti per far sì che si potesse puntare non al vertice ma al massimo possibile. Abbiamo cercato di partire bene, grazie al lavoro importante del mio staff, col preparatore Tore Fancellu e il mio secondo Marcello Fois, che fanno sacrifici enormi e non certo per i soldi. Tutto ciò che sta venendo fuori è perché dietro c'è un gruppo dirigenziale che va ringraziato, non ci fa mai mancare niente. In questa settimana ci hanno permesso di lavorare spalando 20 centimetri di neve dal campo oppure mettendoci a disposizione la palestra»
In questo caso si è favoriti dall'esser stato prima ancora un giocatore del Taloro?
«Ho avuto la fortuna di fare il mio ultimo campionato di Eccellenza, quando c'era Cirinà allenatore, e a Gavoi ho visto delle potenzialità uniche. Infatti conquistammo i playoff per la prima volta nella storia del club. Questo mi ha facilitato nel capire l'ambiente e nel trasmettere ai giocatori cosa vuol dire indossare la maglia del Taloro. Abbiamo sistemato delle piccole cose, facendo sentire qualcuno forte perché lo era davvero. L'emblema è Littarru, che prima ne faceva una in campo e tre fuori, ora è un trascinatore; per non parlare di Mele che davano per finito e a 40 anni ha ancora la voglia di un ragazzino, oppure gli altri perni e trascinatori come Mastio e Secchi. Insomma c'è la consapevolezza di essere forti e che il Taloro non è solo tutto grinta e forza ma ha anche tecnica e qualità. I numeri danno lo specchio della caratteristica della squadra, se in trasferta abbiamo un rendimento secondo solo alla Ferrini per un punto, vuol dire che nei campi degli avversari non ci vai passeggiando o mettendoci solo grinta»
La Ferrini è imbattuta e prima della classe: fa bene mister Pinna a tenere un profilo basso o lo tiene troppo basso?
«Sebastiano, prima di tutto, è un amico, un ex compagno di squadra e un collega di lavoro. Ed è un grosso pompiere capace di spegnere gli incendi, ma la storia della Ferrini parla chiaro, ed è una squadra costruita nel tempo in modo perfetto, non per stare davanti a tutti ma ora lo è meritatamente ed è la grande favorita. So che lui dirà che così non è ma i numeri non mentono, poi è altrettanto vero che altre squadre sono state costruite per vincere, come Castiadas, Ossese, Nuorese, Villacidrese, e non si pensava alla Ferrini prima, Taloro secondo e Sant'Elena terzo ma ora la Ferrini non può tirarsi indietro ed è la reale favorita»
Apre il mercato che farà il Taloro? L'appetito vien mangiando...
«Littarru per noi è un giocatore insostituibile, di altra categoria e non possiamo trovarne uno così a livello economico. Ora sarebbe troppo facile farci prendere dalla golosità, siamo lì e cosa facciamo? Mi prendo altri giocatori e me la gioco? Invece saremo tra i pochissimi a non fare mercato. In questi giorni ho ricevuto tante telefonate di proposte di giocatori in uscita ma con la società siamo leali, siamo stati costruiti per una salvezza più che tranquilla e, raggiunto quell'obiettivo, penseremo ad altro ma con lo stesso organico, cioè con giocatori che hanno scelto di allenarsi alle sette di sera. Non cambiamo programma solo perché abbiamo il primo posto a tiro»
La finale di Coppa Italia è la ciliegina mancata di questa prima parte della stagione?
«Sì, perché ho avuto la fortuna di vincerla due volte, insieme con Sebastiano Pinna, per due anni di fila col Porto Torres. La finale ci mancherà ma mi piace essere onesto e dire che è passata la squadra che ha meritato nelle due gare. L'Ossese è stata brava, nel ritorno ha tenuto duro ma con l'organico che ha si è permessa di fare 4 cambi di spessore mentre noi in quel momento eravamo in 15 a disposizione. In una manifestazione che in ogni turno si disputa su due gare dobbiamo dire che una partita l'abbiamo fatta bene, cioè il ritorno, mentre l'andata no. In bocca al lupo all'Ossese per la finalissima»
I playoff tolti sono la nota dolente
«Degli ultimi anni credo che sia il campionato più bello e il fatto che ci siano così tante sorprese nei piani alti vuol dire che è salito tanto il livello tecnico. Lo dico a chiare lettere, è stata una porcheria non aver mantenuto i playoff e non mi interessa il fatto che, se ora siamo noi secondi, potrebbe anche farci comodo che non si disputino ma ne va della regolarità e della spettacolarità del campionato, specie nella stagione in cui ci sono 18 squadre. Quando ci saranno società distanti dal primo o secondo posto ma anche dal quartultimo-quintultimo posto si rischia di andare ad affrontare le ultime dieci giornate senza più vedere una sana competizione. Quando invece si affrontano avversari, magari impegnati anche in obiettivi opposti, si mantiene la credibilità delle stesse gare fino all'utimo. E lo dico ricordando che, quand'ero nel Porto Torres, ho perso una finale playoff contro il Selargius di Perra che al termine della stagione regolare fu a 12 punti di distanza, a Terralba finì 2-0 per loro con la doppietta di Fabio Argiolas, che ancora gioca nella Ferrini»