«Si sarebbe potuta trovare un'altra soluzione»
Atletico Elmas, Panarello: «Giusto fermarsi, ma scendere in campo il 29 dicembre non sarà semplice»
La tragedia che ha colpito negli scorsi giorni la nostra terra ha scosso profondamente, come è ovvio, tutti i sardi, ma ha lasciato ferite importanti anche in tutti coloro, e sono sicuramente tanti, che sono stati adottati e si sono presto innamorati della nostra regione, come è capitato, ad esempio, a Giuseppe Panarello, allenatore dell'Atletico Elmas.
La pausa forzata dai campionati toglie un pizzico di frenesia al nostro lavoro e ci permette di soffermarci su altri aspetti che spesso, per mere esigenze di tempo, non vengono trattati.
«Vivo in Sardegna da diciotto anni; il rapporto con questa terra è ottimo, visto che qui ho trovato anche la mia famiglia.
Mi è dispiaciuto moltissimo – ammette Panarello - per quanto successo negli scorsi giorni, penso sia un sentimento comune: purtroppo queste situazioni stanno capitando di frequente, ma ho notato che la gente sarda non molla e sta già lavorando per ripartire nel più breve tempo possibile».
C'è qualcosa di particolare che la Sardegna ti ha regalato, assieme alla sua gente?
«Il rispetto per le persone, che comunque già avevo grazie all'educazione ricevuta dalla mia famiglia; questo aspetto in un certo senso si è rafforzato, tieni conto che sono arrivato qui che avevo 21 anni, perchè è una delle grandi doti dei sardi, assieme alla correttezza».
Stiamo cercando in tutti modi di lasciarsi alle spalle i momenti drammatici nel più breve tempo possibile: domenica, ad esempio, si tornerà a giocare.
«E' stato assolutamente giusto fermarsi, sia per una questione di buon senso nei confronti di chi stava soffrendo e sia per una questione di logistica, visto che molti addetti ai lavori erano direttamente coinvolti con le conseguenze dell'alluvione; in più, alcune strutture sono state gravemente danneggiate; sarebbe stato praticamente impossibile giocare.
Tuttavia credo che sarà difficilissimo per noi dilettanti organizzarsi per scendere in campo il 29 dicembre, visto che le feste quest'anno capitano nel bel mezzo della settimana e sarà un'ardua impresa trovare il tempo per gli allenamenti, soprattutto in Seconda Categoria dove non ci sono rimborsi e si gioca per passione.
Non ti nascondo che per molti versi è scomodo giocare anche il 5 gennaio, perchè quest'anno non ci sarà il tempo, probabilmente, per fare un richiamo di preparazione, ma giocare l'ultima domenica di dicembre è ancora più complicato; non so proprio quanti elementi avrò a disposizione, e penso sia un problema comune anche a molti altri».
Si sarebbe potuta trovare un'altra soluzione?
«C'è uno stop previsto per fine febbraio, se no si sarebbe potuto tentare di far slittare il campionato di una settimana a fine stagione, considerando che quest'anno i play-off, un aspetto assolutamente positivo per quanto mi riguarda, durano meno.
Non entro in merito nella decisione perchè magari ci sono delle problematiche che io ora ignoro, però la soluzione che hanno trovato lascia aperti moltissimi interrogativi».
Pensi possa essere un problema anche per le squadre impegnate in categorie superiori?
«Il discorso che faccio io è legato alla Seconda Categoria, perchè sto vivendo questa realtà da diverso tempo; in Eccellenza magari ci sono degli obblighi e delle regole interne differenti, ma so, parlando con altri allenatori, che molti giocatori che vengono da fuori faranno fatica, non sarà semplice nemmeno per loro.
Per quanto ci riguarda – continua il tecnico - cercheremo di anticipare la sfida con il Barbusi; i ragazzi sono d'accordo, vedremo un po' come si svilupperanno le cose in questo senso».
Sei impegnato nel campionato di Seconda, ma in realtà sul campo ti sei guadagnato la Prima Categoria: quali sono state le motivazioni che ti hanno permesso di ripartire con l'Atletico Elmas dopo una stagione brillante come quella dell'anno scorso?
«Con l'Halley ho vinto, direi ottimamente, un campionato, con dei ragazzi che hanno lavorato bene assieme a me; la società ha fatto delle scelte e le ho accettate, con un po' di dispiacere, è ovvio, ma ora sono concentrato sul progetto Atletico.
Mi hanno dato la possibilità di rimettermi in gioco, di maturare, e questo va bene».
Dimostri tanto attaccamento nei confronti del calcio.
«La passione nei confronti di questo mondo è ancora tanta, tantissima: cerco di fare sempre meglio, nella speranza di potermi confrontare anche, prima o poi, in categorie superiori.
Probabilmente non ero ancora pronto per il salto, ma preferisco guardare il bicchiere mezzo pieno: ad Elmas mi hanno dato un'opportunità in più per migliorare, i ragazzi mi stanno seguendo bene, sono contento.
Pretendo tanto da loro perchè anche io do il massimo, dentro e fuori dal campo; sono sempre a disposizione, ma penso molto a me stesso: se vinco io, vince anche la squadra, è un po' il mio credo».
Per voi si è trattato di un avvio difficile, considerando che la prima vittoria è arrivata soltanto alla quinta giornata; nelle ultime uscite però la squadra sembra avere una marcia in più.
«Dopo i primi risultati negativi qualcuno si stava già demoralizzando, ma i primi progressi stanno arrivando.
Io credo molto in questo gruppo: siamo una squadra giovane e stiamo continuando in questa direzione, inserendo progressivamente tanti ragazzi interessanti della juniores di Stefano Pani che stanno trovando il loro spazio e si stanno integrando alla perfezione con il resto dell'organico.
Il nostro girone è composto da squadre preparate, con elementi molto esperti, discorso che riguarda soprattutto le formazioni del Sulcis.
Tante volte la nostra inesperienza ci fa soffrire, ma queste ultime due vittorie ci hanno rivitalizzato decisamente, soprattutto in classifica.
E' un campionato equilibrato, sarà importante continuare a pensare partita dopo partita».
Sia nella tua esperienza con l'Halley e sia ora all'Atletico ti capita di avere a che fare con tantissimi giovani: c'è qualcosa di diverso tra questa generazione e i ragazzi di dieci anni fa?
«Le differenze ci sono, ed è normale che sia così, a partire dai metodi che devi usare per lavorare e per farti capire: le nuove generazioni ascoltano meno, apprendono molto meglio con gli esempi pratici, ad esempio».
Per quanto riguarda invece i valori legati allo sport?
«La passione c'è sempre; forse c'è ancora più voglia, rispetto al passato, di divertirsi e di pensare meno ai soldi, anche in queste categorie.
Le società devono mettere i ragazzi nelle condizioni di poter toccare con mano i loro miglioramenti; serve entusiasmo per lavorare, serve qualcosa in cui credere per poter andare avanti».
Puntare sui giovani molto spesso è una scommessa assolutamente vincente: ci sei riuscito ad Assemini l'anno scorso, sta capitando quest'anno al Sarroch di Aiana.
«Se i ragazzi ti seguono è possibile puntare su di loro, anche se sono molto giovani; puoi anche cercare di proporre un gioco discreto sotto il profilo della qualità.
Naturalmente serve anche qualche ragazzo d'esperienza che possa dare una mano al mister, perchè spesso può risultare decisiva una parola detta da un compagno di squadra».
La figura del tecnico spesso si sposa con quella dell'educatore: è proprio in quel momento che lo sport assume significati diversi, se si vuole ancora più importanti.
«L'aggregazione su di un campo di calcio è reale, può essere un bel punto di partenza per invertire le dinamiche che si stanno diffondendo negli ultimi anni, sempre più basate su internet e sui social network».