«Dettori è stato il mio braccio destro»
Atletico Uri pazzo di gioia, Satta: «Vittoria del gruppo e della società»
L'Atletico Uri si gode la meritatissima vittoria del campionato, arrivata soltanto all'ultima giornata grazie al perentorio 4 a 0 con cui gli uomini allenati da Satta hanno piegato la resistenza del Campanedda.
Una stagione esaltante, che dopo le difficoltà iniziali ha regalato innumerevoli soddisfazioni e si è conclusa in crescendo: un successo che ha il sapore dell'impresa perchè strappato a vere e proprie corazzate come Pietraia Alghero, Caniga e Robur Sennori; un successo che il tecnico non esita a condividere con la società e in particolare con tutti i giocatori, veri artefici di un piccolo miracolo sportivo.
Mister Satta, quella di domenica è stata una vittoria di carattere, la ciliegina sulla torta al termine di un cammino impressionante per costanza e rendimento.
«La squadra ha dato un'ottima risposta, i ragazzi sono scesi in campo con grande concentrazione e grande cattiveria, hanno veramente dato il massimo per raggiungere un traguardo importante come quello della promozione in Prima Categoria.
La nostra non è una squadra nata per vincere il campionato, la soddisfazione in questo senso è maggiore»
Nell'ultima parte del torneo però, la squadra sembrava accusare qualche problema di troppo.
«Purtroppo abbiamo pagato il fatto di non aver potuto preparare bene la stagione durante il precampionato; abbiamo iniziato a lavorare sette giorni prima dell'inizio del torneo e siamo arrivati allo sprint finale in condizioni non ottimali, probabilmente stanchi.
Abbiamo dovuto stringere i denti e fare di necessità virtù; nel mercato di riparazione è arrivato qualche elemento di categoria superiore come Derosas e Marco Mariani dall'Usinese oltre a Cuccu dall'Ittiri, che ci hanno fatto fare decisamente il salto di qualità che ci mancava».
Ha avuto paura che ci fosse un contraccolpo psicologico, soprattutto dopo le sconfitte con Frassati, Siligo e Pietraia?
«Direi di no, io continuavo a ripetere ai ragazzi che la vittoria era comunque alla nostra portata, anche dopo i due ko rimediati consecutivamente.
Abbiamo mantenuto qualche punto di vantaggio nei confronti delle inseguitrici, e questo ci ha permesso di conservare una certa tranquillità per raggiungere l'obbiettivo.
I ragazzi si sono applicati con grande costanza, nonostante le tantissime difficoltà incontrate all'inizio che effettivamente avrebbero potuto demoralizzarci un po': l'ambiente non era abituato a reggere determinati ritmi, soprattutto in fase di allenamento; siamo dovuti crescere molto anche sul piano della mentalità e della professionalità, e devo ammettere che con il passare del tempo le cose si sono sistemate.
E' stato importante arrivare alle ultime quattro sfide in testa alla classifica, ci ha permesso di poter dare il massimo, la vittoria dipendeva soltanto da noi e questo è stato assolutamente un grande vantaggio: siamo scesi in campo sempre concentratissimi, se si esclude la sconfitta rimediata contro la Pietraia, in cui siamo andati comunque vicinissimo al pareggio».
C'è stato un momento particolare in cui ha capito che la squadra aveva tutte le carte in regola per puntare in alto?
«La vittoria ottenuta in trasferta contro il La Pietraia è stato secondo me il momento della svolta del nostro campionato: in quel momento loro erano la squadra che stava esprimendo il calcio migliore, averli battuti ci ha fatto capire che avevamo delle grosse potenzialità.
Con Dettori, il mio collaboratore, abbiamo avuto la sensazione nitida di avere a disposizione un gruppo che avrebbe potuto lottare sino alla fine per la vittoria del torneo.
C'è grande soddisfazione da parte di tutta la dirigenza e degli stessi giocatori, perchè siamo riusciti ad andare ben oltre le aspettative di inizio stagione: è una vittoria dedicata al Presidente, Tore Ardu, che dal primo allenamento ci ha sostenuto e ha creduto nel progetto e in questa vittoria».
Avete vinto il campionato sul filo di lana, precedendo avversarie di spessore come Robur, Caniga e Pietraia: cosa ha fatto la differenza tra voi e loro?
«Robur e Pietraia, che come il Caniga è stata costruita per raggiungere questo obbiettivo, hanno giocato sino all'ultimo per conquistare la vittoria del campionato.
La Robur ha concluso la stagione in crescendo: è riuscita a riprendersi dopo un momento opaco e ha disputato una stagione sicuramente importante; c'è stato invece il calo del Caniga, penalizzato probabilmente da un calendario più difficile.
La differenza è stata minima; noi ci siamo aggiudicati lo sprint finale ma abbiamo lottato contro delle vere e proprie corazzate.
La Robur mi ha stupito particolarmente per la qualità del suo gioco: ha sicuramente degli ottimi interpreti ma non pensavamo riuscisse a fare una stagione di così alto livello.
L'innesto dei tre elementi di cui parlavo prima ha fatto decisamente pendere l'ago della bilancia dalla nostra parte, è logico».
Che ruolo ha avuto mister Satta in questo successo?
«Io credo che quelli che fanno la differenza, in campo, sono i ragazzi; il nostro compito è stato quello di lavorare sulla mentalità, oltre agli aspetti tattici e atletici: volevo una squadra che riuscisse a dare il massimo in ogni circostanza, a prescindere dall'avversario, al massimo della concentrazione.
Dettori è stato il mio braccio destro, un'ottima persona che ha curato ottimamente la parte atletica; si è dimostrato un grande amico, una persona capace che mi ha dato una grossissima mano.
E' entrato subito in sintonia con questo ambiente, si è trovato bene e la combinazione fra noi due è stata assolutamente perfetta; mi auguro possa proseguire anche in futuro.
Meritano una menzione particolare i vari Peana, Tedde, Nurchis, Erre, Garroni, Pisanu, Sechi, che sono stati i grandi trascinatori di questo gruppo».
L'anno prossimo, ovviamente, calcherete un palcoscenico prestigioso come quello di Prima Categoria: quali sono le sue sensazioni al momento?
«Ci sono tantissime differenze tra il campionato di Seconda e quello di Prima Categoria; per fare bene, in questo senso, secondo me, deve crescere anche la società: serve maggiore supporto da parte dei dirigenti e da parte di tutto l'ambiente in generale, perchè non si può lasciare nulla al caso.
É un discorso che riguarda la mentalità della squadra in generale: gli allenamenti dovranno essere necessariamente più intensi, perchè le nostre avversarie saranno più preparate.
Bisogna fare un grosso lavoro in fase di programmazione, cercando di allestire un organico valido, possibilmente abbassando l'età media della squadra: sono fiducioso, secondo me ci possiamo togliere delle belle soddisfazioni.
Stiamo attraversando sicuramente un periodo complicato, soprattutto a livello economico: è sempre più difficile trovare degli sponsor e le risorse da investire sono sempre meno; io alleno da 22 anni e mi sto rendendo conto di quanto la situazione sia critica in questo momento: ho avuto la possibilità di allenare l'Usinese in Promozione per sette anni, l'Ossese, il Sennori, Florinas, Tissi e per ultimo l'Atletico Uri e sto notando che le persone che vengono al campo ad assistere alla partita sono sempre meno, con tutte le conseguenze che questo comporta in termini di incasso.
Noi abbiamo avuto una media di 30-40 spettatori a partita, se si esclude l'ultima sfida; con queste cifre, sono il primo a rendersene conto, diventa davvero difficile crescere anche dal punto di vista sportivo».
C'è una ricetta, secondo Lei, per uscire da questo circolo vizioso?
«Bisognerebbe coinvolgere i vecchi giocatori, che sono del posto e potrebbero fungere da traino nei confronti del resto della comunità, istituzioni e imprenditori compresi.
E' un discorso che riguarda moltissime società: è strano vedere le squadre di Ittiri o Thiesi retrocedere in Seconda Categoria; sono paesi che hanno 10 mila abitanti, a differenza di Uri, ad esempio, che ne ha 1000, ma che fanno comunque tantissima fatica a raggiungere i risultati.
Ho seguito molto bene l'Usinese, al quale sono affezionatissimo visto che ci ho trascorso in tutto praticamente 11 anni, e ho visto che anche loro sono in grosse difficoltà; bisognerebbe forse cambiare le regole, mettendo i professionisti al sabato e i dilettanti alla domenica, perchè altrimenti è dura coinvolgere le persone».
Non pensa che, forse, lo spettacolo che spesso si offre non sia all'altezza delle aspettative del pubblico?
«Si, sicuramente uno dei problemi potrebbe essere questo. In Prima Categoria però, anche a causa della regola dei fuori quota che c'è in Promozione ed Eccellenza, si trovano dei giocatori di esperienza che contribuiscono a sollevare il livello tecnico-tattico generale.
In Seconda Categoria non si può pretendere più di tanto, ma ci sono alcune eccezioni: nel nostro caso domenica abbiamo trovato il primo gol con un'azione da manuale; di fronte avevamo la penultima in classifica, è vero, ma ciò non toglie che i ragazzi abbiano cercato comunque la giocata.
In Promozione, se si escludono quelle poche squadre che hanno avuto la possibilità di spendere per costruire i loro organici, il livello non è poi molto più alto rispetto alla Prima Categoria.
Secondo me la responsabilità più grande in tutto questo è delle società, che puntano esclusivamente alla vittoria: quello che conta è il risultato, la qualità del gioco è un fattore secondario.
Servirebbe un po' di pazienza da parte di tutti, perchè i risultati arrivano soltanto se c'è la serenità giusta per lavorare; anche io, all'inizio della stagione, ho ricevuto qualche critica che secondo me era prematura, ma con il passare del tempo credo proprio che lo staff tecnico si sia preso la sua bella rivincita».